Opinionisti Giorgio Ciofini

C’era una volta il calcio...

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Sono stato rallevato a pane e calcio, cioè a calcio e pane perché lo spirito viene prima del corpo e il calcio è una fede, oltre che un mistero agonistico secondo il vangelo di Brera, autorizzato dalla Santa Sede del canone italiota. Insomma c'entra anche il nostro credo, più o meno profano, come dimostrano le bottigliette d'acqua santa che il Trap si portava in panchina, ma la posto d'un dio maschio c'è la dea Eupalla che lo governa bello e complicato, fascinoso e volubile come le donne, che si sa con che ragionavano anche nell'Olimpo. Senza però non si fa e, se t'innamori, Eupalla t'entra nel sangue, ti ruba l'anima e, siccome non è previsto il divorzio, te la porti nell'al di là. Sennò che Paradiso sarebbe? Lei giocava ancora con le bambole e io a bollini, ch'erano sempre a forma di palla e, per me, fu una specie di premonizione. Una domenica l'Angiolina propose: "Mi cavi 'sto citto di torno, così si divaga e non mi rovescia la casa!" – Sergio mi portò al Mancini e conobbi il pallone. Era un pianeta di cuoio, con la camera d'aria, le stringhe, la valvola per infilarci lo spillo e era grande come il mondo. Fu 'n incontro fatale come quello di Rhett Butler e Rossella O Hara in Via Col Vento. Si gonfiava a mano con la pompa delle bicilette e, anche da asciutto, era più peso d'un film d'Antonioni. Quando pioveva s'inzuppava d'acqua e, per dargli di testa, ci voleva il coraggio d'Enrico Toti, ma non ti davano la medaglia. Al Mancini, incontrai giocatori come Danova, il rosso, che di testa fece gol a grappoli o come Cavazzoni, l'uomo chiamato Cavallo, che segnava solo gol impossibili, quando il calcio viveva di sogni e di leggende come quella di Lenci, centravanti da un quintale e mezzo, che sfondava le reti da quanto tirava forte e il presidente Battello Lucioli spendeva più per cambialle, che per comprare i giocatori. Altro che Ronaldo, Messi e Maradona! Lenci fu l'unico bomber vero della storia e, uno così, non s'è più rivisto e mai più di rivedrà. Io di quei vecchi palloni ne devo aver presi troppi in capo e mi sono mischiato alla tribù del calcio a far l'indiano, coi cow boy dall'altra parte. Tutte le domeniche una battaglia: palla al centro e botte da orbi anche in tribuna, quando tirava il vento del derby. Quello col Siena era il più sentito. Sul Mancini una volta pioveva come Cristo la mandava e l'ex Pagliari in maglia bianco nera ne fece quattro. Quei gol non l'ho ancora digeriti com'il Giorgio Peruggia che lo marcava, quando Eupalla era una dea buddista che viveva in sette giorni un eterno ritorno e in novanta minuti ti giocavi tutto e tutto ricominciava daccapo ogni domenica. Da quella volta che l'Angiolina disse quella cosa al mi' fratello, dietro a lei sono morto e rinato ogni settimana. Ognuno ha il suo destino e, scritto o no, è tutto quello che ha. Ma oggi che si gioca tutt'i giorni coi palloni senz'anima, che volano nell'etere e si perdono tra le stelle finte del calcio come le lanterne dello Zerbini la notte del Villaggio Amaranto, che destino è?

Redazione
© Riproduzione riservata
02/08/2017 10:56:59

Giorgio Ciofini

Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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