Opinionisti Claudio Cherubini

Sansepolcro è Buitoni e Buitoni è Sansepolcro: la città-fabbrica

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Gli anni Ottanta del XIX secolo segnarono l'inizio della crescita dell'azienda Buitoni e Sansepolcro progressivamente si identificò con la 'sua' fabbrica: nei decenni successivi le vicende del pastificio diventarono  sempre di più un tutt'uno con la vita della città che assunse così "specie in determinate fasi della sua storia recente, i connotati veri della città-fabbrica a forte dimensione comunitaria", come fece notare Giorgio Sacchetti nella prefazione al mio libro Una storia in disparte.

E sarà proprio il prof. Sacchetti (nella foto) a inaugurare, domenica 8 ottobre alle ore 17, il ciclo di conferenze sulla storia della Buitoni che si terranno a Sansepolcro a palazzo Inghirami in via XX Settembre dove dal 7 ottobre al 5 novembre si tiene la mostra organizzata dal CRAL per i 190 anni dalla nascita del pastificio Buitoni.

Giorgio Sacchetti è dottore di ricerca in Storia del movimento sindacale, professore associato abilitato in Storia contemporanea, insegna "Fonti e metodi della ricerca contemporaneistica" all'Università di Padova. Si occupa di Labour history, culture libertarie del Novecento, storia dell'anarchismo e del movimento operaio. Ha al suo attivo oltre quattrocento pubblicazioni scientifiche. L'ultimo libro, uscito pochi giorni fa edito da Biblion, si intitola "Eretiche. Il Novecento di Maria Luisa Berneri e Giovanna Caleffi". È socio fondatore della Società Italiana di Storia del Lavoro e della Società Storica Aretina.

Domenica 8 ottobre il prof. Sacchetti metterà in evidenza le "due Buitoni" di Sansepolcro. Così scrive: "C'è una Buitoni struttura produttiva ed un contenitore di energie sociali, c'è una Buitoni/impresa ed una 'comunità', c'è una Buitoni dei 'padroni' e una degli operai e delle operaie [...]. La fabbrica fa un tutt'uno con la vallata circostante – la stessa situazione, in ambito provinciale, si verifica nel Valdarno delle miniere – e quasi in ogni famiglia c'è qualcuno che ci lavora dentro o che vi ha lavorato nel passato recente. L'azienda diventa progetto di vita per molta gente, ed ognuno immagina il destino felice dei propri figli e nipoti lì dentro, magari da impiegati o capi reparto. La discesa a valle degli ex-contadini, pastori e boscaioli si fa carica di speranze. Perfino lontano dalla catena le attività sociali e ricreative rimangono legate al marchio di fabbrica che, in un certo senso, resta cucito sulla pelle (come gli alamari dei carabinieri). E quando il ciclo industriale si avvierà, inesorabilmente, alla consunzione, le lettere di licenziamento non si gravano soltanto di significati minacciosi nei confronti di una fonte di reddito ormai ritenuta 'sicura'. Il distacco viene vissuto con la rabbia e l'amarezza dell'amante tradito".

Nella conversazione che faremo con il prof. Giorgio Sacchetti metteremo in evidenza questa relazione instaurata tra la città e la fabbrica fin dall'inizio del Novecento. Potremo dire da quel drammatico incendio del 1905 che lasciò senza lavoro per quasi cinque mesi oltre duecento operai. In quell'occasione l'importanza economica della Buitoni iniziò a essere recepita dagli abitanti di Sansepolcro e il pastificio dei Buitoni incominciò a essere considerato come un patrimonio dell'intera città; non solo fonte di ricchezza della famiglia Buitoni ma dell'intera comunità. Tanto che nel 1912 i socialisti, che rimproveravano i Buitoni di ingerenza privata sulle scelte politiche del comune, ammonivano: "Del resto quando la Ditta Buitoni e con essa molti cittadini vedono e sentono volentieri identificato il nome di Sansepolcro con quello della Ditta, come se chi dicesse Sansepolcro, volesse dir Buitoni, e chi dica Buitoni intende dir Sansepolcro, non può essere rifiutata la parte onerosa di questa identificazione e cioè la conseguenza naturale di sentir discutere gl'interessi della Ditta come quelli del Comune e quelli del Comune collegati agli affari della Ditta".

Quest'identità fra Buitoni e Sansepolcro si rafforzò negli anni del secondo dopoguerra e come scrissero Giuliana Maggini e Andrea Borghesi "lavorare 'al Buitoni' sembrava essere la naturale destinazione di ogni cittadino di Sansepolcro. Famiglie intere, ridotte ormai nel numero dei loro componenti, ricava[va]no il loro reddito dal lavoro dell'Azienda per eccellenza, economicamente totalizzante, la quale continua[va] ad assorbire molte delle energie della agricoltura". Non a caso negli anni Cinquanta dietro lo stabilimento Buitoni, al fine di risolvere il problema delle abitazioni dei propri dipendenti, sorse il 'Villaggio Buitoni'. Nello stesso periodo davanti allo stabilimento, lungo la via Tiberina, sorgeva uno spaccio aziendale dove le famiglie dei dipendenti del pastificio Buitoni potevano acquistare qualsiasi prodotto alimentare a prezzo notevolmente ribassato. E poi la Buitoni permise di realizzare il sogno di quegli anni che era quello di partecipare al boom economico che stava vivendo l'Italia. Alla Buitoni i salari erano più alti della media nazionale e questo incentivava l'acquisto dei lavoratori verso quei beni di consumo simbolo del conquistato benessere: gli elettrodomestici, l'automobile, le vacanze.

In un contesto del genere l'aspirazione di ogni abitante di Sansepolcro negli anni Sessanta del Novecento era quella di lavorare presso il pastificio Buitoni ed era consuetudine che l'operaio che andava in pensione lasciasse il posto al figlio. E poiché era la stessa Buitoni ad agevolare con piccole provvidenze anche l'istruzione dei figli, l'ideale dell'operaio era quella di vedere magari il figlio capo-reparto o addirittura inquadrato come impiegato.

Quando la crisi della Buitoni sul finire degli anni Settanta si manifestò con tutta la propria durezza fu vissuta come uno shock improvviso. La Buitoni si trasformò in quegli anni da un'azienda paternalistica in un'azienda moderna. Le lotte sindacali della seconda metà degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta che videro al fianco dei lavoratori tutti i cittadini e le istituzioni, insieme agli imprenditori che s'impegnarono nel 1986 ad acquistare l'area in cui sorgeva l'antica fabbrica cittadina di paste alimentari, furono l'ultimo atto di una comunità che si stringeva al suo pastificio in un'unica identità che era andata crescendo dagli inizi del Novecento e che aveva fatto di Sansepolcro una 'città-fabbrica' in cui la realtà sociale non poteva prescindere dalle sorti aziendali.

Domenica 8 ottobre alle 17 approfondiremo queste tematiche prima ascoltando il prof. Giorgio Sacchetti e poi conversando con il pubblico presente

Redazione
© Riproduzione riservata
29/09/2017 13:58:31

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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