Opinionisti Claudio Cherubini

La conoscenza genera la salute, l’ignoranza fa nascere la malattia

Alimentazione e salute

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Sarà il prof. Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienza della Alimentazione che, sabato 3 febbraio alle ore 17,30 nella sala del Consiglio comunale di Anghiari, terrà un incontro sul tema: “Alimentazione e salute. Come guidare la mano che porta il cibo dal piatto alla bocca”.

Il prof. Rossi ha tenuto anche a Sansepolcro (il 28 ottobre scorso) una conferenza su temi che sicuramente coincideranno con quelli di cui parlerà ad Anghiari. In questi stessi spazi abbiamo già visto alcuni aspetti e ora ne affrontiamo qualche altro sperando di creare curiosità e partecipazione al prossimo incontro di Anghiari.

Nelle corrispondenze delle amministrazioni pubbliche conservate negli archivi comunali, si legge che nel 1898 a Sansepolcro si coltivava “quasi esclusivamente […] un tipo unico di grano e precisamente la cosiddetta Calbigia rossa o siciliano”, mentre le varietà di grano coltivate ad Anghiari erano “Calbigia Rossa, Germanella o Siciliano e Grano di Noé in prima linea. In seconda linea: Rostino di Rieti, Grano Marzocchino, Grano Biancone, Tangarac o Civitella, Grano terrecchio, tutte varietà invernali. Di primaverili la sola varietà detta Grano Marzuolo in piccole proporzioni”. Sono questi grani antichi, con lo stelo alto, meno produttivi di quelli introdotti nelle colture a metà del Novecento, da quando l’agricoltura ha puntato sempre con più forza sulla resa quantitativa dei grani e il grano è diventato sempre più basso: più spiga e meno paglia. Ma il prof. Pier Luigi Rossi denuncia che non è cambiato solo l’aspetto, è cambiato il contenuto: il chicco di grano non è più lo stesso. Il prof. Rossi ha illustrato una ricerca fatta con le università di Firenze e Bologna che conduce a sostenere la tesi che si deve recuperare la biodiversità dei grani antichi perché i grani moderni hanno minor valore nutritivo a parità di molecola: “il chicco di grano non è più lo stesso: le proteine del grano sono modificate in quantità e sono aumentate sempre di più le proteine insolubili che danno origine al glutine”. Il nostro intestino deve separare, creando enzimi, ad uno ad uno tutte le componenti del glutine, una sequenza di aminoacidi sempre più lunga, e se non ci riesce si ha una reazione immunitaria, nascono le malattie e nasce la celiachia. “Intendiamoci”, dice il prof. Rossi, “la celiachia c’è sempre stata, ma non diffusa come oggi”, perché oggi entra nel nostro intestino qualcosa che non è studiato per il nostro corpo, ma per la tecnologia della produzione. La pasta più è gialla e più contiene glutine: “è un Giano bifronte”: il marketing che dice “guarda come sono gialla, bella, mangiami”, ma poi c'è l’intestino che non la digerisce e non funziona. L’acqua mentre cuoce la pasta non diventa bianca: “se l’acqua resta chiara e non è bianca vuol dire che la pasta è piena di glutine che impedisce all’amido di uscire dalla pasta e entrare nell’acqua. E’ una pasta amido-resistente che è incapace di essere digerita dagli enzimi del nostro intestino”. Infatti l’industria per conservare a lungo la pasta modifica l’amido e la pasta diventa amido resistente e non più facilmente digeribile. Così si hanno problemi digestivi sempre più diffusi. La tecnologia alimentare è arrivata al punto di produrre dei grani contenenti inibitori di enzimi digestivi. Da questi grani si produce una farina non più digeribile: la farfallina della farina, un parassita che per vivere mangiava la farina, oggi non c’è più perché se mangiasse la farina mangerebbe gli inibitori di enzimi e non riuscirebbe a digerirla.  Il nostro intestino come la farfalla della farina: “…e la farmacia è sempre aperta” chiosa il prof. Rossi.

Un problema che a giudizio del prof. Rossi “presto scoppierà”, come oggi il glutine, è quello della furosina: una molecola non naturale. L'essiccazione della pasta si può fare a 40-50 gradi (come la facevano i Buitoni), ma ci vuole tempo e il tempo costa. Allora si può essiccare la pasta ad alte e altissime temperature 80-100 gradi. Questa essiccazione rapida produce la furosina che contenuta nella pasta aggredisce i villi intestinali, ne altera la loro integrità strutturale e funzionale in modo che non producono gli enzimi. In questo modo si compromette la digestione. Il prof. Rossi invita a fare la pasta a bassa essiccazione e a scrivere sulle confezioni “senza furosina”, ma è consapevole che la gente non capirebbe. Quindi c’è necessità di creare informazione perché la conoscenza crea libertà, il consumatore in questo caso può scegliere e così la conoscenza crea la salute. “Noi costruiamo ogni giorno il nostro corpo con la mano che porta il cibo alla bocca e con quello che offre il mercato. E fino a che le persone sono manipolate dalle calorie, da un chilo più o un chilo meno…”. Non possiamo banalizzare la scienza dell’alimentazione.

La celiachia viene quando i villi intestinali sono ormai troppo ridotti e non ce la fanno più a produrre un numero sufficiente di enzimi. E se i villi intestinali sono danneggiati da un modello di alimentazione non producono più gli enzimi. Ad esempio anche l’intolleranza al lattosio... La lattasi che è un enzima che viene prodotta dai villi intestinali. Se i villi intestinali sono ridotti non manca sola la lattasi, ma tutta una serie di enzimi. Allora sorgono alimenti senza lattosio, senza glutine: “altro giro di mercato e noi ci caschiamo come pere cotte senza rendercene conto”, ammonisce il prof. Rossi: “Si crea un altro mercato. Ma è possibile rimettere a posto i villi intestinali mangiando in una certa maniera. Occorre distinguere tra una patologia e un malfunzionamento intestinale e ci sono esami per farlo”. La patologia è una cosa diversa, ma un problema intestinale si corregge con l’alimentazione. Ecco che la conoscenza genera la salute, l’ignoranza genera la malattia. La consapevolezza è generata dalla conoscenza. Diventare padroni della propria vita, padroni della nostra salute. Ci si deve ribellare e rendersi conto che siamo manipolati. Chi mangia può essere padrone della sua vita. Il cibo come pedagogia come costruzione della propria personalità.

Il cibo è collegato anche alla produzione agraria e quindi anche all’ambiente. Nella natura c’è tutto Si sta perdendo la spiritualità, ma la spiritualità nasce dalla biologia e se capissimo questo saremmo più rispettosi della natura e dell’ambiente. Ad esempio, le farine di oggi in acqua diventano colla, mentre il farro in acqua germoglia: è la differenza tra un alimento morto e un alimento vivo. Quindi devono essere incentivate le colture di farro, orzo, miglio, ecc. e di grani antichi come il grano verna, il grano saraceno, il grano frassineto, il gentil rosso, il grano senatore cappelli. Grani che hanno un minor resa e un maggior costo di produzione, ma hanno anche radici più profonde e richiedono un minor uso di fertilizzanti. Il mercato si è accorto e c’è, sempre più diffusa, un’offerta di cereali anche nella grande distribuzione alimentare. E’ necessario che gli agricoltori li producano: “Le radici del passato sono il nostro futuro” conclude il prof. Pier Luigi Rossi “Cambiare si può, si può recuperare la nostra vasta biodiversità agroalimentare per ottenere varietà di grani con il minor numero di epitopi tossici e di glutine con assenza di enzimi inibitori e amido-resistenti realizzando un’agricoltura funzionale alla salute e alla difesa dell’ambiente naturale”.

 

Nella foto, il prof. Pier Luigi Rossi in un campo della Fraternita dei Laici di Arezzo coltivato con una varietà antica di grano. La Fraternita possiede 1200 ettari di terreni agricoli e boschi. Il prof. Rossi attualmente è Primo Rettore e ha rivolto particolare attenzione alla coltivazione dei grani antichi incrementandone la produzione.

Redazione
© Riproduzione riservata
18/01/2018 09:56:41

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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