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Salute a due velocità: al Sud si muore prima

Il tasso di mortalità delle malattie croniche è in calo grazie a sport e prevenzione

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In Italia si muore meno per tumori e malattie croniche (come il diabete e l’ipertensione), ma solo dove si fa prevenzione. Dove c’è prevenzione, la salute dei nostri connazionali migliora visibilmente, come dimostra il calo del 20%, in 12 anni, dei tassi di mortalità precoce per queste cause. Al Sud però l’aspettativa di vita si riduce, con la Campania fanalino di coda. Così dice il Rapporto Osservasalute (2017), pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha sede all’Università Cattolica di Roma. Il Report spiega: «Nonostante l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle malattie croniche, in Italia si verificano meno decessi in età precoce: il tasso standardizzato di mortalità precoce, cioè tra i 30-69 anni, dovuta principalmente alle patologie croniche, è diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da 290 a circa 230 per 10mila persone. Se negli ultimi anni il trend nazionale e di genere della mortalità precoce è stato sempre decrescente, nel 2015 si è avuta una battuta di arresto: dopo più di un decennio la mortalità non è diminuita».  Non solo. «Le differenze a livello territoriale della mortalità precoce sono evidenti e non si sono colmate con il passare degli anni, anzi la distanza tra Nord e Mezzogiorno è aumentata», sottolinea Osservasalute: «Nel 2015, la provincia autonoma di Trento ha presentato il valore più basso (195,6 per 10mila abitanti), mentre la Campania quello più alto (297,3 per 10 mila), con un tasso del 22% più alto di quello nazionale e del 14% circa più delle altre regioni del Mezzogiorno. La Campania, quindi, come per la speranza di vita, risulta distaccata dalle altre regioni». Oltre a Trento, vantano la mortalità precoce più bassa l’Umbria (204,7 per 10 mila abitanti), l’Emilia Romagna (205,8) e il Veneto (206,9). All’opposto, oltre alla Campania, troviamo la Sicilia (254,7) e la Sardegna (249,2). Il Lazio presenta un tasso abbastanza alto, pari a 245,3, più vicino al Sud che al Centro. Al 2017, dai dati provvisori, la speranza di vita alla nascita è pari a 80,6 anni per gli uomini e 84,9 anni per le donne. Dal 2013 gli uomini hanno guadagnato 0,8 anni, mentre le donne 0,3. Per entrambi i sessi è la provincia autonoma di Trento a godere della maggiore longevità (81,6 anni per lui e 86,3 anni per lei), mentre la Campania è la regione con la speranza di vita alla nascita più bassa (78,9 anni per gli uomini e 83,3 anni per le donne). Da parte loro, gli italiani cominciano «timidamente» a occuparsi di più della propria salute. Tendono a fare più sport - il 34,8% della popolazione nel 2016, pari a circa 20 milioni e 485 mila rispetto al 33,3% (19 mln e 600 mila) nel 2015 - ma scontano ancora tanti problemi, in primis quelli con la bilancia: nel periodo 2001-2016 sono aumentate le persone in sovrappeso, 33,9% contro 36,2%; e ancor di più gli obesi, 8,5% contro 10,4%. Il vizio del fumo dal 2014 resta in Italia praticamente stabile: al 2016 si stima fumi il 19,8% degli `over 14´. Si beve di più: a non consumare alcol è stato il 34,4% rispetto al 35,6% nel 2014 e al 34,8% del 2015. «Il Ssn - afferma Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore disanità e direttore dell’Osservatorio - deve aumentare gli sforzi per promuovere la prevenzione di primo e secondo livello, perché i dati indicano chiaramente che laddove queste azioni sono state incisive, i risultati sono evidenti, come testimonia la diminuzione dell’incidenza di alcuni tumori». Dal rapporto emerge infatti che il Servizio sanitario nazionale «è riuscito a incidere sulla mortalità evitabile, grazie alla corretta gestione di queste serie patologie». E non è tutto. «L’efficacia delle cure e della prevenzione delle neoplasie - si sottolinea - è andata sicuramente migliorando. In particolare per la prevenzione, ottimi risultati sono conseguiti alla diminuzione dei fumatori tra gli uomini e all’aumento della copertura degli screening preventivi (per esempio il pap test periodico e la mammografia) tra le donne. Lo dimostra la diminuzione dei nuovi casi di tumori al polmone tra i maschi (-2,7% l’anno dal 2005 al 2015) e della cervice uterina tra le donne (-4,1% annuo)». È aumentata del 5,7% anche la sopravvivenza a 5 anni per il tumore al polmone e del 2,4 punti per il carcinoma del collo dell’utero. Va rilevato, infine, che in Italia si prendono ancora più antibiotici rispetto al resto d’Europa: nel 2015, nell’Ue, il consumo medio di antibiotici per uso sistemico nella popolazione, escludendo gli ospedali, è stato di 22,4 dosi (Ddd) per 1.000 abitanti l giorno, con valori compresi tra 10,7 nei Paesi Bassi e 36,1 in Grecia. L’Italia, con 27,5 dosi al giorno per 1.000 abitanti, è tra i Paesi con il consumo più alto di antibiotici, al sesto posto nella graduatoria. Coordinato da Ricciardi e Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio, il Rapporto Osservasalute è frutto del lavoro di 197 ricercatori.  

 

 

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La Stampa
© Riproduzione riservata
19/04/2018 14:30:55


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