Opinionisti Giacomo Moretti

Per quel piccolo respiro

Cosa c’è di più delicato della vita e della morte?

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Ci sono questioni rispetto alle quali è inevitabile porsi tante domande, questioni rispetto alle quali siamo chiamati a riflettere senza avere la presunzione di “avere la verità in tasca”.

Di contro penso anche che il rischio di passare come quelli che “sanno sempre tutto” non possa essere un alibi per non condividere riflessioni anche rispetto a temi delicati.

E cosa c’è di più delicato della vita e della morte?

Cosa c’è di più profondo nell’animo umano del tema vita, e di come affrontare tutte le questioni inevitabilmente connesse a ciò.

Quanto sto per scrivere mi viene dopo aver riflettuto a lungo.

Certo, in questo momento forse è più facile affrontare tematiche più “tranquille”, ma voglio provare a condividere insieme  delle brevi riflessioni, domande e non certamente risposte.

Il tutto nasce dalla vicenda del piccolo Alfie Evans.

Non voglio riassumere qui la sua vicenda, e nemmeno quella dei suoi genitori.

Si è forse scritto già troppo in merito, troppi dettagli, troppe curiosità morbose da parte della stampa.

Curiosità in parte stimolate dalla battaglia di due genitori fermi e decisi a portare avanti la loro ragioni.

Non sono un medico, pertanto non scriverò nulla in merito alla malattia che ha colpito il piccolo, non sono in grado di dire nulla rispetto a eventuali possibilità di ripresa, e nulla rispetto al tenore di vita al quale è costretto il piccolo.

In merito mi è bastato vedere l’altra sera una trasmissione dove due autorevoli medici discutevano tra loro con visioni diametralmente opposte.

Figuriamoci, io non sono medico e fatico persino a capire il bugiardino dell’aspirina.

Però credo che alcune cose si possano dire da cittadini semplici.

La prima è una domanda, ovvero chiedo se è giusto che a gestire la cosa, a prendere ogni decisione possa essere un giudice solo, un giudice chiamato alla mera applicazione del diritto, in questo caso mi si consenta di dire, un diritto del tutto contrastante con il più comune senso di umanità.

In pratica si è sostenuto giudizialmente che la vita del piccolo Alfie non era degna di essere vissuta e che, per porre fine alle sue atroci sofferenze, si dovesse procedere all’interruzione dei mezzi di supporto vitale, respirazione artificiale, alimentazione e idratazione.

Il tutto in base ad una sentenza e contro la volontà dei genitori.

Ora magari dico una cosa che farà discutere ma penso che non sempre la volontà dei genitori debba essere assecondata se questa contrasta con l’interesse prevalente del minore, ma in questo caso?

La decisione del giudice si basava sull’assunto che il piccolo senza supporto sarebbe morto subito ed invece?

Invece l’umanità ha superato il diritto e il bambino ha continuato a vivere anche senza supporti medici in ausilio.

Mi chiedo quanta forza di vita ci fosse in quei respiri.

Quanta voglia di vivere.

Dimostrazione che pensiamo che attraverso la scienza si possa controllare tutto ma non è così.

Dunque per far cessare le sofferenze del piccolo si voleva porre fine alla sua esistenza ottenendo l’esatto contrario.

Dietro a quei respiri, immagino che la sofferenza sia aumentata e non diminuita.

E che forma di umanità c’è nell’interrompere l’idratazione?

Più brutalmente il diritto ha negato ad un bambino un bicchiere di acqua.

È umano negare un bicchiere di acqua a chi vive già un momento di sofferenza estrema?

In tutto questo dibattito c’è chi ha tentato, goffamente direi, a tirare in ballo casi diversi, casi di persone che coscientemente hanno in piena coscienza preso delle decisioni in merito al proprio “fine vita”.

Ma Alfie no, lui inerme in tutto, soggetto da tutelare è diventato suo malgrado un oggetto di scontro nelle aule di giustizia.

Più grave ancora lo scontro di valenza internazionale che ha creato la vicenda dopo che l’Italia ha concesso al piccolo la cittadinanza italiana, e anche in questo caso l’arroganza del diritto è arrivata come una mannaia impedendo il trasferimento in Italia del piccolino.

Una scempiaggine giuridica dalle forme aberranti.

Ai cittadini italiani è garantito il ritorno in patria in qualsiasi momento, un diritto costituzionale.

Se ciascuno di noi si trova in uno stato estero e ha bisogno di cure mediche ha il diritto costituzionalmente garantito di poter tornare in Italia.

A tal proposito c’è una sezione specializzata della nostra Aereonautica Militare attrezzata a tale scopo.

Ma ormai l’umanità lasciava sempre più spazio alla testardaggine di qualche parruccone che pur di mantenere il punto ha disatteso anche le più elementari norme del diritto internazionale.

Volevano che il piccolo morisse presto, si, se moriva appena staccato il respiratore quanti problemi in meno ci sarebbero stati per qualcuno.

Ma la vita è li a ricordarci che non controlliamo nulla, che anche il diritto umano nulla può davanti a ciò che non può controllare.

Si abbiamo avuto la dimostrazione che il respiro di un bambino può far crollare ogni certezza e svergognare giudici e sistemi giudiziari cosiddetti avanzati, quando di avanzato non hanno proprio nulla.

A me non resta che ringraziare il piccolo Alfie per quel suo piccolo respiro che ha fatto e continua a fare riflettere tutti noi.

Giacomo Moretti
© Riproduzione riservata
02/05/2018 10:37:36

Giacomo Moretti

Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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