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Chi fa salire lo spread?

Chi si nasconde dietro lo spread?

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Lo spread misura la differenza nei tassi di interesse tra i titoli di stato a dieci anni italiani e tedeschi. Più è alto, più il tasso di interesse sui titoli italiani è alto rispetto a quello sui titoli tedeschi. In realtà lo spread cambia perché è cambiato il prezzo dei titoli che vengono comprati e venduti liberamente sui mercati. Se in tanti vendono i titoli di stato italiani e pochi li vogliono comprare, il loro prezzo scende. Se il prezzo scende, il rendimento (che è una cifra fissa) diventa più alto rispetto al valore del titolo. 

Significa che chi ha soldi da investire accetta di usarli per comprare i titoli di stato italiani solo se costano meno e rendono di più, perché li ritiene un investimento più rischioso. 

Il Titoli di Stato rappresentano il debito pubblico italiano e sono posseduti sia da investitori italiani che stranieri. A gennaio di due anni fa l’agenzia di stampa Reuters segnalava che la quota in mano a investitori stranieri era di circa il 30%. 

Il sito di studi economici Bruegel ha ricostruito la composizione del debito di vari Paesi. Quello italiano alla fine del 2017 sarebbe per quasi due terzi (il 64%) di proprietà italiana e per un terzo (il 36%) in mano a stranieri. Della quota italiana, il 19% è in mano alla Banca d’Italia, circa il 40% è diviso tra banche e istituzioni finanziarie mentre poco più del 5% è in mano ad «altri» e probabilmente posseduto direttamente dalle famiglie. 

Uno studio della Banca d’Italia della fine del 2016 indica che il 60% della parte detenuta all’estero, quindi circa un quarto del debito totale, sarebbe rimasta all’interno dell’area euro. Di questa fetta, il 14% sarebbe in mano a banche straniere, l’11,5% in mano a fondi pensione e assicurazioni e quasi un quarto (23%) in mano ad «altri intermediari finanziari». 

Uno studio dell’Ispi (Istituto di studi di politica internazionale) () segnala come la quota detenuta all’estero sia quella considerata più volatile, che più facilmente decide di vendere e comprare. Gli investitori nazionali sono invece più disposti ad accettare il rischio di insolvenza.  

Le tabelle dell’istituto Bruegel mostrano come la quota detenuta dagli investitori stranieri sia cresciuta in modo continuo dall’inizio del 2000 al 2007, quando aveva superato il 50%. All’inizio del 2011, invece, questa quota cominciò a ridursi rapidamente, proprio in coincidenza con l’aumento dello spread. Nell’arco di 12 mesi gli investitori stranieri passarono a possedere dal 47 al 37% del debito italiano. Il fenomeno si fermò dopo la formazione del governo Monti, nel novembre del 2011. 

Per sapere chi stia facendo crescere lo spread in questo periodo, cioè per sapere chi stia vendendo titoli del debito pubblico del nostro Paese, bisognerà confrontare la composizione del debito pubblico italiano prima e dopo la crisi. 

La Stampa
© Riproduzione riservata
29/05/2018 17:56:53


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