Terremoto di domenica notte: "Sempre attiva la faglia sotto la Valtiberina"
Lo spiega il dottor Thomas Braun dell'Ingv: "Si è soltanto spostato l'epicentro"
Riecco il terremoto in Valtiberina Toscana: domenica alle 23.43, con magnitudo 2.8. Una scossa di quelle per fortuna non forti e che non provocano danni, ma che comunque si avvertono e che ogni tanto sembrano “rifrescare” la memoria alla popolazione locale, ricordando come essa viva in una zona a rischio sismico. Non che questo non lo si sappia, ma è chiaro che il riproporsi dell’evento costituisca sempre la dimostrazione più chiara. Il movimento tellurico dell’altra sera ha senza dubbio condizionato il sonno di chi si era da poco coricato e rovinato quello dei più apprensivi: alcuni sono infatti scesi in strada e per qualcuno la notte era già compromessa, anche se poi non è accaduto più nulla. D’altronde, si è trattato di una botta secca, preceduta da un leggero boato e di breve durata, che specie ai piani alti delle abitazioni ha creato le oscillazioni maggiori. Quali le particolarità dell’ultima scossa rispetto a quelle precedenti? È cambiato l’epicentro geografico, localizzato stavolta non nel territorio di Pieve Santo Stefano ma nella campagna di Sansepolcro al confine con Anghiari lungo l’asta del Tevere; le località più vicine sono Santa Croce e Falcigiano, sopra la frazione di Santafiora e nella zona in cui si sono formati numerosi laghi e laghetti a seguito dell’attività di escavazione. È invece rimasta invariata la profondità, intorno agli 8-9 chilometri e questo comune denominatore rimane il dato chiave che ribadisce il concetto di fondo: “Sotto la Valtiberina si trova la faglia che va da Pieve Santo Stefano fino a Perugia – ha sottolineato il dottor Thomas Braun (nella foto) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – e che è sempre attiva. Basti pensare che sul versante umbro, da Città di Castello in giù, si registra un centinaio di piccole scosse ogni settimana, mentre sulla parte toscana la frequenza è inferiore e si manifesta di tanto in tanto con scosse di durata non prolungata, anche se ben avvertite. Quanto avvenuto domenica notte, al di là di un epicentro più spostato verso sud rispetto all’area attorno alla diga di Montedoglio (dove a più riprese anche di recente era stato localizzato), dimostra quindi che la faglia è in movimento; negli ultimi anni, i sismi sono stati più contenuti nell’intensità, ma in questo contesto rientra anche il forte terremoto del 26 novembre 2001, con magnitudo 4.5 e durata di tre secondi e mezzo”. Correlazioni con lo sciame sismico di qualche giorno fa nella vicina Alta Valle del Savio? “E’ una situazione diversa: per esempio, nella zona di Bagno di Romagna si verifica in media uno sciame ogni anno”. A proposito di sciami, una situazione similare aveva interessato Pieve sul versante di Formole e Baldignano nel gennaio del 2017, con più scosse di magnitudo compresa fra 2.2 e 2.7, mentre il fenomeno isolato di una certa consistenza precedente a quello dell’altra sera rimane quello delle 2.39 del 30 giugno sempre dello scorso anno, con intensità 3.1 ed epicentro a un paio di chilometri da Pieve. Anche in quel caso, tanta paura ma nessun danno.
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