Sasso di Simone: una festa senza Croce
Più “croci” si “incrocino” se si vuole ancora un turismo ambientale
La centenaria Croce monumentale, eretta sulla spianata del Sasso di Simone nel 1913, è stata gettata a terra l’inverno scorso durante una “bomba d’acqua”. Ma l’appuntamento con la tradizionale “Festa al Sasso” è stata realizzata ugualmente. Don Leonardo Mancioppi, arciprete di Sestino, ha celebrato la messa, la gente è accorsa a piedi, in bici, con mezzi di fortuna, e non sono mancati i rappresentanti dei Comuni che fanno ressa attorno al Sasso: dal sindaco di Sestino Marco Renzi, al sindaco di Carpegna, Angiolo Francioni, al presidente del’Ente parco “Simone- Simoncello-Carpegna” Guido Salucci, ad Alessandro Galli, assessore di Pennabilli. E’ troppo antica e troppo emblematica, la festa di ogni seconda domenica di agosto, per essere “rinviata”. Anzi, molti, proprio dalla Croce atterrata erano spinti a partecipare, per rendersi conto della situazione. Faceva, però, un certo effetto quel piedistallo mutilo, con la Croce sbalzata a terra e semisommersa dalla vegetazione, che in maniera distruttiva, si “mangia” una biodiversità celebrata in molti studi.
La presenza delle autorità è stata l’occasione, però, per costituire un comitato per restaurare il monumento. La Regione Toscana ha già stanziato un sostanzioso contributo ma ancora mancano non poche risorse per completare il lavoro, poiché lassù, sulla montagna degli antichi benedettini, del tempio dedicato al dio pagano “Semo Sanco”, della fortezza voluta da Colsimo I nel 1565, è un po’ complicato lavorare per un siffatto recupero. “Senza quella Croce – è stato il commento unanime – il Sasso è meno bello”. “ Manca l’anima che ha ammaliato tante persone, ieri e oggi”. “ Per la prossima festa vogliamo inaugurare nuovamente la nostra Croce, perché quassù fu portata a dorso di mulo e con tregge dai nostri nonni”. Insomma il Sasso di Simone è bello ma vederlo con quella Croce stroncata sembra un affronto alla storia, alla bellezza dell’ambiente, alla tradizione religiosa.
Le autorità presenti si sono impegnate tutte e ci sono anche volontari che si presteranno all’opera. In effetti la situazione non è semplice perché l’area è tutta demaniale e di proprietà del Ministero della Difesa, che non intende più intervenire; è parte integrante della Riserva Naturale omonima ma di giurisdizione toscana. E la Riserva non attraversa un momento felice, in attesa che qualcuno abbia il coraggio di far partire le pratiche per fare un solo Parco interregionale Toscana-Marche-Emilia Romagna, che tutte si attestano il “brend” di una situazione unica. Come sempre ci sono delle voci contrarie: ma esse finirebbero col riportare l’area a semplice demanio militare, “status” superato già a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. Qualche Associazione di categoria fa il suo mestiere – come lo fece in passato – ma approvando poi le molte risorse date alla Riserva, comperando strutture rurali, dando incentivi alle imprese agricole e turistiche, facendo dell’area un pascolo gratis per centinaia di Chianine allo stato semibrado.
Dunque più “croci” si “incrociano” sul Sasso di Simone e per Sestino, se vuole ancora un turismo ambientale, “ a passo lento”, non può fare a meno della Riserva, anzi: del Parco.
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