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La manutenzione fantasma del ponte Morandi a Genova

Il progetto milionario pagato con l’aumento dei pedaggi

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E’ stato un “effetto corrosivo” a far cedere la “pila strallata” numero 9 che ha determinato il disastro. Ma la “convezione Unica” firmata dalla società “Autostrade per l’Italia” prevede che la protezione dalla corrosione sia un intervento da eseguire costantemente attraverso la manutenzione ordinaria. Ed è a carico dal concessionario senza oneri per lo Stato e gli utenti. Invece solo nel 2017 la società rende nota la gravissima corrosione e la malattia della pila 9. E lo fa per chiedere al ministero l’autorizzazione ad un intervento straordinario da 20 milioni di euro “per allungare la vita del ponte”. Un progetto che poi sarebbe stato pagato quasi del tutto con l’aumento dei pedaggi. Con un aumento del ticket del 2 per cento. Ma tra ideazione, lungaggini e mancati interventi tampone il ponte è crollato prima

Fu eseguita la corretta manutenzione ordinaria sulla pila 9 che provocò il crollo del Ponte Morandi? E’ questo uno dei nodi centrali della vicenda.

Emerge sempre più con chiarezza che il cedimento strutturale del viadotto (come già documentato da TiscaliNews in esclusiva all’indomani della tragedia) è avvenuto a seguito della corrosione dei cavi in acciaio interni alla “pila strallata” e gravemente malata. E ciò potrebbe significare soltanto una cosa: che i “trefoli” in questione non erano adeguatamente protetti. 

E che gli annuali interventi previsti dalla “Convezione Unica” - firmata tra lo Stato e la società Autostrade per l’Italia - non furono adeguati. O almeno, non lo furono nel corso del tempo in cui la società “Autostrade per l’Italia” ha gestito la concessione (18 anni ad oggi). Nonostante le relazioni e la messa in guardia da parte dello stesso ideatore dell’opera, il noto ingegnere Riccardo Morandi (con tanto di lettera del 1981 consegnata alla società) e nonostante le verifiche trimestrali previste per legge a carico del concessionario. 

Compito della manutenzione ordinaria: bloccare la corrosione 

Che la ordinaria manutenzione per le “opere d’arte” come il ponte Morandi preveda la difesa delle pile dei ponti dalla corrosione e da altri effetti usuranti è scritto nero su bianco nell’allegato F della “convezione Unica”. “La classificazione degli interventi di manutenzione ordinaria” prevede “la salvaguardia e la conservazione delle strutture”, “la riparazione di pile e sostegni”, “l’impermeabilizzazione dei manufatti”, “protezioni anti-corrosive”, “sigillature di fessure e crinature” e molto altro.

La relazione sul degrado e la corrosione

Ed è proprio una dettagliata relazione tecnica della Spea (la società di ingegneria del gruppo Autostrade per l’Italia) inviata al ministero dei Trasporti nel 2017 e allegata alla richiesta di autorizzazione per procedere all’intervento milionario e straordinario (con la sostituzione degli stralli) a evidenziare una serie di gravi ammaloramenti probabilmente evitabili con una corretta manutenzione ordinaria svolta nel passato: “lesioni larghe verticali nei piloni, rigonfiamenti nel calcestruzzo, tutti gli appoggi fortemente ossidati. Fuoriuscita di umidità sulla malta di ripristino, lesioni larghe verticali con estese risonanze”. E poi ancora “Antenne-stralli: lesioni ramificate capillari con fuoriuscita di umidità; malta di ripristino risonante, interessata da lesioni ramificate capillari con fuoriuscita di umidità con distacchi; placche risonanti evidenziate da lesioni. Impalcati travi: evidenti lesioni agli spigoli con risonanze (in corrispondenza delle Gerber e dei giunti)”. E l’elenco è ancora più lungo.

Il progetto per “allungare la vita” del ponte

E così i danni probabilmente conseguenti ad una manca corretta manutenzione ordinaria vengono poi utilizzati per porli alla base del progetto da 20 milioni per “l’allungamento della vita del ponte”. Uno studio partito nel 2015 e finito sulle scrivanie del ministero delle Infrastrutture per la relativa autorizzazione solo nel 2017. Con ulteriori otto mesi persi dentro il palazzo governativo.

Gli stralli nuovi pagati dagli utenti

Ma come mai tanta burocrazia prima di autorizzare il progetto? Perché gli ispettori del ministero dei trasporti hanno impiegato così tanto? Per un motivo molto semplice: acconsentirne la realizzazione significava, in base alla convenzione, un aumento di almeno di due punti percentuali del pedaggio autostradale che avrebbe riguardato tutta la rete di 3 mila chilometri “Autostrade per l’Italia”. Quindi tradotto, un ulteriore rincaro del ticket per 5 milioni di passeggeri al giorno. L’aumento sarebbe scattato l’anno seguente alla realizzazione dell’opera. Anche questo infatti prevede la famosa convezione (per altro al centro di una serie di inchieste di TiscaliNews): i progetti “migliorativi”, “straordinari” che “allungano la vita dell’opera pubblica” finiscono per gravare sui cittadini utenti. La manutenzione ordinaria invece la paga il concessionario senza chiedere un euro in più. Uno dei compiti del servizio di vigilanza del ministero è quindi proprio quello di distinguere tra gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione. Alla fine, l’autorizzazione ministeriale per il progetto degli stralli è arrivata. Ma tra ideazione, lungaggini e mancati interventi tampone il ponte è crollato prima.

Tiscali
© Riproduzione riservata
06/09/2018 16:53:31


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