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Licenziamenti ed esternalizzazioni in vista alla Nardi di Selci Lama

La preoccupazione dei sindacati: richiesto un ulteriore periodo di Cigs

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Ancora una tappa nel complicato rapporto tra sindacati e nuova proprietà della storica azienda Nardi. Un incontro tra direzione aziendale Nardi e le organizzazioni di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm Uil e la Rsu, come prosieguo del confronto relativo alla vertenza aziendale che si è aperta alla fine del 2017 con la vendita delle azioni della famiglia Nardi alla finanziaria Anchorage che, appena entrata in possesso dell’azienda, ha dichiarato di voler effettuare una ristrutturazione pesante riducendo ai minimi termini il personale. Decisione che, in presenza dei mancati pagamenti degli stipendi, ha fatto scattare settimane di sciopero da parte dei lavoratori che hanno desistito solo a seguito del ricorso aziendale alla richiesta di concordato preventivo e dell’attivazione di un anno di Cigs per crisi aziendale. Da allora la produzione è ripartita con volumi produttivi ridotti, poco meno del 50% del personale al lavoro ed il restante in cassa integrazione. La richiesta di concordato corredata dal piano di rientro debitorio è stata presentata definitivamente il 30 di luglio scorso e ad oggi non è stato ancora emesso il decreto di ammissione al concordato da parte del giudice.

Nell’incontro, l’azienda ha precisato gli attuali impegni lavorativi in relazione al portafoglio ordini e le prospettive per un graduale recupero del fatturato, ribadendo la propria intenzione, espressa anche nel piano presentato al giudice, di ridurre fortemente il personale per riposizionare l’azienda e attuare una organizzazione del lavoro che privilegi l’esternalizzazione piuttosto che la produzione interna. I sindacati si sono dichiaratei indisponibili ad accettare riduzioni drastiche del personale, chiedendo all’azienda di ripensare all’organizzazione del lavoro, tenendo conto delle professionalità cresciute internamente, per dare risposte adeguate e in tempi brevi a un mercato sempre più esigente e che un eccessivo decentramento delle produzioni non sarebbe in grado di soddisfare. Comunque le organizzazioni sindacali non sono d’accordo alla repentina apertura di procedure di riduzione di personale, ritengono invece necessario un prosieguo della trattativa che entri maggiormente nel merito del fabbisogno produttivo, in relazione alle attuali commesse e ai contratti in essere per l’acquisizione di altri ordinativi e sulla valutazione più attenta di eventuali smantellamenti di reparti, per ridurre al minimo gli eventuali esuberi, «inoltre è necessario – scrivono i sindacati – percorrere anche la strada per verificare la possibilità di attivare altri ammortizzatori sociali prima di giungere ai licenziamenti». Su questo Fim, Fiom e Uilm hanno chiesto all’azienda un impegno a confrontarsi anche con le istituzioni e il ministero, anche a seguito delle recenti dichiarazioni del ministro Di Maio, «per verificare la possibilità di attivare un altro anno di Cigs, che, tenendo conto anche dell’età media dei lavoratori, potrebbe contribuire alla chiusura della vertenza in modo meno traumatico di come si presenta oggi».

L’incontro si è concluso con la dichiarazione dell’azienda della disponibilità ad accogliere la richiesta di verifica per un ulteriore periodo di Cigs, tutta da costruire stante l’attuale regolamentazione degli ammortizzatori sociali. Tuttavia, rimane intenzione dell’azienda procedere comunque a breve tempo ad attivare la procedura per i licenziamenti, che stante l’attuale situazione avrebbero attuazione alla fine della Cigs, oggi in essere e cioè al 7/2/2019. «Si è concordato – ancora la nota – per la riconvocazione del tavolo di confronto per il 27 settembre, anche per verificare se ci sarà il decreto per l’ammissione al concordato e se qualcosa si potrà fare sulla Cigs, viste le richieste che a livello nazionale Fim, Fiom e Uilm stanno portando avanti e a sostegno delle quali si svolgerà lunedì 24 settembre a Roma un presidio difronte al Mise».

Redazione
© Riproduzione riservata
23/09/2018 07:10:49


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