Kenya, la volontaria rapita “costretta a indossare un niqab” per non essere riconosciuta
Le avrebbero tagliato le treccine con un coltello, ritrovate poi domenica scorsa
Silvia Romano, la volontaria italiana rapita in Kenya nove giorni fa, «è stata costretta a indossare un niqab» che lascia scoperti solo gli occhi, e i rapitori «le mettono sul viso e sulle mani» del fango per non farla riconoscere. Lo riferiscono all’ANSA fonti nella zona in cui la giovane è tenuta in ostaggio e a Malindi. Sempre per non farla riconoscere, i sequestratori «le hanno tagliato le treccine» con un coltello, ritrovate domenica scorsa nella foresta a nord di Malindi. Secondo le fonti, «è naturale che i rapitori abbiano fatto questo, perché si trovano in una zona a prevalenza musulmana caratterizzata dalla presenza di tribù di origini somale, tra cui gli `Orma´ a cui appartengono i sequestratori. Si tratta di comunità dedite alla pastorizia e all’agricoltura nelle quali il niqab è molto diffuso. Giorni fa, l’emittente keniana Ntv aveva riferito che alcuni abitanti della zona costiera, dove è stata rapita Silvia, «hanno visto la volontaria italiana con i suoi rapitori». Gli abitanti «delle comunità di Garsen e Bombi, coinvolti nelle ricerche, si sono addentrati nella foresta», ha affermato la tv. Intanto, la situazione sul campo lascia intuire - spiegano alcuni osservatori - che l’operazione per la liberazione della ragazza è entrata in uno stadio avanzato.
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