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L’uomo dalla barba bianca e dal cappello con la piuma: Fausto Braganti, il borghese americano

Manager di Alitalia, innamorato della sua Sansepolcro: è nato a Palazzo delle Laudi!

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E’ uno dei personaggi di Sansepolcro che, nonostante risieda da mezzo secolo esatto in America, ha sempre tenuto un legame vivo con la sua città di origine. Presenta un look inconfondibile: minuto di corporatura ed elegante con la barba folta e bianca, oltre al suo cappello poggiato sempre sul capo. La piuma? Quella non manca quasi mai. Se citiamo il nome di Fausto, la maggior parte dei borghesi – perché lui così li chiama – continua la frase con il cognome Braganti: è proprio lui, una figura che sicuramente ha bisogno di poche presentazioni. Tutti lo conoscono e lui stesso – nonostante per questioni professionali sia stato catapultato oltre Oceano – non ha mai voluto tagliare quel cordone ombelicale che lo lega fortemente a Sansepolcro. Anche chi non lo conosce personalmente, quando lo incontra a passeggio lungo il corso o nelle strade secondarie un saluto non lo nega mai. Personaggio a tutto tondo: manager americano per conto di Alitalia, per poi tuffarsi a picco nell’ampio mondo del turismo, quale organizzatore di gruppi da accompagnare in Europa. Un nome, una garanzia, quella di Fausto Braganti: in città tutti gli vogliono bene ed è stato protagonista anche di un libro, dal titolo “M’Arcordo”, nel quale vengono riproposti aneddoti di questo piccolo lembo di Toscana. Venuto alla luce in quella che oggi è la sede comunale, ovvero Palazzo delle Laudi, ha praticamente lasciato Sansepolcro in gioventù per approdare prima nel Regno Unito e poi in America, dove ha incontrato la compagnia di bandiera italiana. Alti e bassi, la brutta malattia della prima moglie e il recente matrimonio civile con la seconda, di origine francese. La figlia è fotografa professionista, mentre Fausto Braganti divide la sua vita tra la cittadina statunitense di Marblehead - a nord di Boston - e il sud della Francia, dove ha acquistato un’abitazione. Fra uno spostamento e l’altro, non perde mai l’occasione per trascorrere qualche settimana nella sua Sansepolcro. Inizia proprio da qui il nostro viaggio alla scoperta di Fausto Braganti, che si racconta in esclusiva tra le pagine de “l’Eco del Tevere”.

Dove e quando è nato Fausto Braganti? “Al Borgo il 16 marzo del 1941, nei locali di Palazzo delle Laudi, che successivamente sarebbero divenuti la sede municipale; posso dire di essere nato in Comune, di notte e al buio. Era tutto nero, c’era la guerra in quel momento e nessuna luce”.

Ma la sua vita, poi, come è proseguita? “Sono rimasto a Sansepolcro frequentando le varie scuole - fra l’altro il liceo scientifico - e poi mi sono iscritto all’Università e, in un momento di debolezza – forse posso considerarlo così – ho deciso di fare il farmacista. Avventura, però, che è durata davvero poco: solamente due anni, poi ho capito che non era il mio filone. A quel punto ho cambiato facoltà, prendendo l’indirizzo di Scienze Politiche a Firenze: mi sono laureato nel 1968, un anno sicuramente non facile, con tutte le sue conseguenze. Una di queste, esattamente nel mese di settembre, è stata la partenza per Londra, dove ho lavorato come insegnante di lettere all’istituto italiano di cultura”.

E da quel momento, ovvero cinquant’anni fa esatti, Fausto Braganti non vive più a Sansepolcro, seppure il suo cuore sia sempre rimasto qui. “Dato che mia mamma abitava a Sansepolcro e l’appartamento c’era, la mia stanza è rimasta congelata al settembre del ’68: io sono partito e, ogni volta che ritornavo a Sansepolcro, dormivo nella mia camera. Tutto quello che c’era sopra la scrivania, rimaneva sempre nella stessa posizione”.

Come presero i suoi genitori questa sua scelta di lasciare Sansepolcro? “La mia mamma molto male. Pensate che ero figlio unico di madre vedova, partito per fare l’emigrante; tutti mi dicevano in quel momento: “Mica hai bisogno di andar via!”. Sono sempre stato curioso e volenteroso di scoprire qualcosa di nuovo: due anni a Londra e successivamente, nel 1970, sono partito per andare negli Stati Uniti; l’obiettivo, però, era quello di tornare a scuola e prendere una laurea americana (un Phd) in storia o filosofia. Per varie ragioni, però, questo non è avvenuto: del tutto casualmente, ho incontrato l’Alitalia; o meglio, la compagnia di bandiera italiana ha incontrato Fausto. Sono stati loro che mi hanno contattato per andare a lavorare nella città di Boston. Era un momento di grandi rivoluzioni nelle linee aeree, poiché si passava da velivoli con circa 180 passeggeri (fa riferimento ai voli transatlantici n.d.a.) a mezzi quali il Boeing 747, con 400 persone a bordo. La logistica in un aeroporto è caotica e molto difficile: io naturalmente non sapevo niente di linee aeree, ma ho accettato il lavoro. Sono andato a lavorare al banco; avete presenti coloro che in pratica fanno il “cheek in” ai passeggeri? Valigia e biglietto, biglietto e valigia. Dico fra me: lo faccio per un estate, poi per un anno, perché voglio raggiungere l’obiettivo di tornare a scuola: alla fine, però, mi sono trovato abbastanza bene e da una sola stagione programmata sono diventati ben 27 anni. Ho svolto varie mansioni con Alitalia, ma sono davvero partito dalla gavetta: ho iniziato a Boston, poi sono passato all’ufficio vendite e nel 1981 sono diventato manager dell’ufficio di Washington, per poi tornare nuovamente a Boston. Una situazione strana, perché sono diventato il capo di quello che mi aveva assunto in Alitalia. Sono stato manager anche dell’ufficio di New York, finendo qui il mio rapporto con la compagnia per ragioni del tutto personali: la mia prima moglie si era infatti ammalata ed erano subentrate quindi delle situazioni familiari che non mi permettevano più di viaggiare. Sono rientrato a Boston nel 1997 e ho iniziato a lavorare con la vecchia Cit (Compagnia Italiana del Turismo), che oggi non esiste più: ho inventato un ufficio gruppi, avendo – lo dico modestamente - anche un buon successo. In secondo luogo, ho lavorato con un’altra compagnia turistica: mi interessavo di portare i gruppi in Europa, principalmente in Francia e in Italia”.

Da che anno, quindi, Fausto Braganti è in pensione? “Bella domanda, ma non lo so! Ufficialmente, con la pensione americana tutta calcolata, lo sarei dalla fine del 2007, però ho continuato a lavorare - o comunque a far finta - fino al 2012-2013; avevo fatto alcuni gruppi, rimanendo sempre un po’ nell’ambiente del turismo perché è piacevole”.

Soddisfatto, poi, di quello che ha fatto nella vita? “A questo punto sì, anche perché non vedo altre alternative. La vita è una sola e il lavoro l’ho sempre fatto con piacere. Nel momento in cui entrai in Alitalia, incontrai un signore che stava andando in pensione; lavorava con la vecchia linea aerea Pan American e mi disse: “Ah, bravo. Continua: non diventerai ricco, però ti divertirai’. Ed è sostanzialmente vero. Mi ha permesso di viaggiare, così sarei potuto venire a trovare mia madre almeno un paio di volte all’anno: anche i contatti che ho tuttora con il Borgo derivano da questa mia professione”.

Fausto Braganti ha ancora dei parenti a Sansepolcro? “Sì, ma lontani: sono parenti e amici, famiglie che legate per varie ragioni da più di un secolo. Nel bene e nel male, siamo sempre stati vicini”.

Ha fatto un accenno alla prima moglie. Quante volte si è sposato? “La prima moglie è deceduta nel 2001, all’età di 59 anni e dopo una lunghissima malattia. Facendo un passo indietro e tornando al mio rapporto con Alitalia, l’obiettivo era quello di viaggiare e di avere un ufficio in posti esotici: sognavo di andare ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia: avere un ufficio qui, tra il Kenya e la Costa d’Avorio. Mi affascinava l’Africa, però con la malattia di mia moglie non è stato possibile. Mi sono così sposato una seconda volta nel 2016 con Pascal, francese di origine, ma che ha sempre abitato negli Stati Uniti. Nel 2011, abbiamo deciso di comprare una casa nel sud della Francia: questa la posso definire come la mia terza vita. Ho una vita “borghese” (cioè legata a Sansepolcro), poi quella americana e alla tenera età di 70 anni (oggi Fausto di primavere ne ha 77) mi sono reinventato, cercando una vita francese. Con mia moglie, ci stiamo organizzando per vivere sei mesi a Boston e gli altri sei mesi in Francia, ma ogni tanto veniamo anche al Borgo”.

Curiosità: lei ha dei figli? “Una femmina, Tania, di 47 anni, che fa la fotografa: vive tra Boston e New York. È venuta molte volte a Sansepolcro e ci sono pure molte parole che noi utilizziamo, come per esempio: “Babbo, fammi il sugo del borgo”, che significa sugo di carne con i fegatini”.

Fausto Braganti, riferendosi a Boston, abita in una città dove c’è una testimonianza tangibile e forte di Sansepolcro: l’Ercole di Piero della Francesca. “Infatti, la primissima volta (nel 1969) che sono andato a Boston come turista e senza mai pensare che un giorno sarei andato ad abitare in quella zona, una delle prime “missioni” compiute era stata quella di andare a vedere l’Ercole. Ed è stato un impatto emozionante: un frammento di muro che, partito da Sansepolcro, era arrivato oltre oceano: cercai un aneddoto e con un vecchio sindaco di Sansepolcro, Ivano Del Furia, feci da contatto con il direttore del Gardner Museum, dove c’è l’Ercole, per vedere se da Boston ce lo avrebbero potuto prestare per le celebrazioni (nel 1992) del 500enario della morte di Piero della Francesca. Lui fu molto gentile, nonostante ci disse che l’affresco non poteva essere prestato per tre ragioni: la prima è che la signora Gardner, proprietaria del museo, nel suo testamento aveva stabilito che tutte le opere, una volta sistemate in un luogo ben preciso, non avrebbero più dovuto essere rimosse; la seconda, nel caso specifico dell’Ercole, è che l’affresco è molto pesante e allo stesso tempo fragile, per cui un viaggio del genere era da sconsigliare; la terza ragione è che il direttore stesso non era propenso a darlo in prestito, perché a suo giudizio i quadri debbono rimanere dove sono stati messi. A questo proposito, ho sentito che ci sono state delle recenti polemiche in merito al possibile trasferimento del Polittico della Misericordia a San Pietroburgo”.

Un legame con Sansepolcro che è sempre stato mantenuto, tantoché Fausto Braganti è stato pure un Balestriere. “Ebbene sì e ho continuato a tirare con la balestra anche quando vivevo all’estero: ho vinto un Palio di Sant’Egidio, che è quello più antico e quarant’anni fa esatti – ovvero nel 1978 – mi sono classificato secondo al Palio della Balestra di Sansepolcro, dietro a Silvio Panichi e davanti a Luigi Cesarini; fu una tripletta tutta biturgense con gli amici di Gubbio. Ho mantenuto nel tempo questa tradizione di venire a Sansepolcro per il Palio, quando potevo: sono ufficialmente anche un balestriere onorario”.

Ci sono stati in questi anni dei momenti di nostalgia forti nei confronti di Sansepolcro? “Non credo. Forse questa è anche la mia personalità: ho preso una decisione e quella è ciò che conta. C’è stato un periodo molto duro: non era la mancanza di Sansepolcro, era qualcosa di più; era il primissimo momento, quando sono arrivato negli Stati Uniti e finché non ho incontrato l’Alitalia. Sei, sette mesi nei quali non sapevo cosa stessi facendo: cercavo un obiettivo, quello di essere accettato all’interno di una università, ma non ebbi un gran successo; almeno, non lo ebbi in quelle dove volevo andare io, perché nelle altre potevo accedere senza problema. Il periodo del mio 30esimo compleanno è stato davvero triste, deprimente: capite bene che il discorso era più della lontananza da Sansepolcro”.

Negli ultimi anni come ha trovato il Borgo: è cambiato? “In tutte le città del mondo ci sono delle evoluzioni. Il Sansepolcro che ho descritto nel mio libro “M’Arcordo” esiste solamente tra le pagine di questo volume: anche il lettore si può identificare se ha avuto questo tipo di esperienza, altrimenti diventa un semplice documento storico. Tornando a Sansepolcro, noto che si lamentano tutti: tutto va male, ma io continuo a vedere questi negozi – alcuni chiudono, altri aprono – di grande lusso; sono lì da anni e anni e allora vuol dire che inevitabilmente qualcuno continua a comprare. Dicono che arrivano da fuori: bah! Vedo in giro macchine belle e nuove, i ristoranti sono sempre pieni: senz’altro vi saranno dei problemi, come ovunque, però direi che la mia impressione di Sansepolcro è e rimane comunque positiva”.

Se Federico Fellini ha girato “Amarcord”, Fausto Braganti ha scritto in versione borghese “M’Arcordo”: storie, tradizioni e personaggi del posto. “Tutti insieme e per me è stata una maniera di rivivere questo passato, come si viveva allora. Proprio in questi giorni, ho sfogliato alcune pagine e mi sono detto: “Io devo rileggere il libro”. Mi viene in mente la tradizione del bagno il sabato pomeriggio: se lo dici a un giovane di oggi, ti guarda male; è la dimostrazione che viviamo proprio in un altro mondo. Dentro questo libro non ho cercato di fare niente di auro o di mitico: non esistono tempi migliori e tempi peggiori; trovo molto superficiale quando qualcuno fa commenti tipo “Ah, quelli sì che erano bei tempi!”: lo erano per te in quel momento, perché magari eri giovane. Dovevamo andare alla fonte con la brocca perché non c’era l’acqua in casa: ma non parlo mica di cento anni fa, sono solamente 50 o 60 anni fa. Ricordo il gabinetto con il tappo: mica tiravi lo sciacquone, maleodorante è dire poco. Spesso cercavi di trattenere i bisogni il più possibile per evitare la puzza”.

Sono pronti altri capitoli da pubblicare? “Ci sarebbero, ma non credo di poterlo fare: nel libro sono state raccolte solamente le storie che si riferiscono a Sansepolcro, poi ci sono sul web tutte quelle di quando ero a Firenze all’università, oppure a Londra; m’arcordo quando in Inghilterra ho incontrato un borghese che lavorava lì e gli ho ordinato una ciaccia fritta. Episodi di questo genere, simpatici ma realmente accaduti”.

Quanto viene a Sansepolcro, però, ci sono gli amici che si ricordano sempre di Fausto. “Assolutamente sì. Vi siete ricordati anche voi e di questo vi ringrazio infinitamente”.   

In questo momento Fausto Braganti, dopo la visita di ottobre in Valtiberina, si trova nuovamente negli Stati Uniti: per quando è previsto il ritorno a Sansepolcro? “Probabilmente per la prossima primavera: passiamo prima dalla Francia e poi torniamo al Borgo; anche quest’anno ero qui per Pasqua”.

M’ARCORDO, IL LIBRO DEI RICORDI DI FAUSTO BRAGANTI

Di primo acchito potrebbe sembrare quasi un gioco di parole, ma alla fine è la traduzione fedele di ciò che è contenuto all’interno di questo volume. Storie di tutti i giorni in un linguaggio perfettamente comprensibile, nonostante alcuni termini dialettali. Ma c’è un motivo ben preciso che ha spinto Fausto Braganti a prendere carta e penna, trasferendo quei racconti in una raccolta cartacea. “Volevo il libro, il libro quello fisico – commenta Fausto Braganti – l’oggetto che si può mettere nello scaffale e si può prendere quando uno vuole: senz’altro, c’è un momento di vanità nello scrittore nel vedere che il libro è stato pubblicato. Mi sono messo il ritratto anche in copertina con lo sfondo di Palazzo delle Laudi, il luogo dove sono nato: non era di nostra proprietà, bensì della famiglia Bartolomei. Dove oggi c’è la sala del consiglio comunale, un tempo era presente un biliardo. Forse alcuni si ricorderanno, ma nel momento della presentazione (il 25 aprile 2015) del libro, nell’invito e pure nella locandina diedi appuntamento proprio nella “sala del biliardo”. I miei legami nella distanza da Sansepolcro assumono un valore particolare: certe cose, per quelli che abitano qua, sono date quasi per scontate, in realtà quando uno sta lontano assumono un aspetto del tutto particolare. Le storie che sono racchiuse nel mio libro sono le stesse che uno potrebbe ascoltare se va a veglia a casa di amici; sono storie di tutti i giorni, una cinquantina in totale, ma soprattutto di un periodo di vita di Sansepolcro che era differente da quello che è oggi. Sostanzialmente, nel mio volume sono raccolti i racconti che vanno dal periodo del dopoguerra, ’45 e ’46, fino a circa il ’60-’65”.

Notizia tratta dal periodico Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
15/01/2019 10:41:19


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