Le criticità della biblioteca di Città di Castello
Castello Cambia: chiarezza sugli investimenti effettuati
L’apertura della Biblioteca comunale presso Palazzo Vitelli a S. Giacomo è un’ottima notizia poiché è stata colmata la grave lacuna che ha penalizzato Città di Castello per tanti anni, privandola di fatto di un luogo di conoscenza e di studio, di ricerca e di apprendimento. La riattivazione di un servizio fondamentale all’interno di una sede cinquecentesca bella e prestigiosa, è fatto importante poichè permette la valorizzazione di un patrimonio di grande valore artistico, storico e culturale che potrebbe essere il perno di un progetto di rilancio sociale e culturale del centro storico, delle sue attività e della città nel suo complesso, se opportunamente connesso alla vita cittadina e delle frazioni. Oggi infatti le biblioteche stanno assumendo diversi ruoli e differenti funzioni, per andare incontro alle esigenze di utenti che vivono certi spazi culturali non solo come luogo di passaggio o di breve sosta per informarsi, studiare o prendere in prestito un libro, ma anche come un centro culturale integrato di servizi per la cultura, la formazione, l’informazione, la creatività, lo studio, il tempo libero e la socializzazione. La bella festa di popolo e la soddisfazione per il risultato raggiunto, però, non possono farci dimenticare tutto il resto, le motivazioni di un’attesa ultraventennale e l’enorme esborso di denaro pubblico, denaro dei cittadini ai quali dovrebbe essere restituita almeno conoscenza e chiarezza sia sugli investimenti fin qui impiegati, sia rispetto al Progetto culturale e di gestione economica del Palazzo della Cultura, nell’ottica di una doverosa accountability.
Dai documenti agli atti, ad esempio, risulta che, già fino al 2009, oltre 600.000,00 euro erano andati per consulenze tecniche e direzione lavori, e oltre 40.000 euro di “incentivi di progettazione” per i tecnici comunali; e siccome ciò non risultò sufficiente a riaprire il Palazzo e a destinarlo ai servizi programmati, nel 2010 si deliberò un altro milione e 650.00,00 euro: rileviamo a solo titolo informativo, che nei venti anni dalla DGC n. 1188/96 all’intervento dell’ANAC del 2017, si sono spesi circa 7 milioni e mezzo di euro: ogni giorno circa 1.000,00 euro. Ogni giorno, per venti anni, si è speso il doppio dell’importo mensile di una pensione minima (507 euro) o di un assegno sociale (453) euro).
Un tale esborso inoltre potrebbe non essere stato sufficiente: infatti l’ultimo stralcio dei lavori del 2010 non comprendeva il Piano terra. Anche per questo abbiamo chiesto in una interpellanza se siano stati programmati altri stralci dei lavori e altri stanziamenti economici. A fronte di tale enorme investimento, quale progetto culturale e di gestione è stato previsto dagli amministratori? L’ imponente cubatura e metratura del Palazzo in questione, impone infatti non solo un grande sforzo di manutenzione, ma anche la programmazione di attività capaci di occupare e rendere redditizi tali spazi in termini di servizi e di risorse. Quali costi di gestione e quali eventuali previsioni di ricavo ha programmato questa amministrazione? Quali le idee di valorizzazione delle bellezze architettoniche e artistiche presenti nel Palazzo, a così caro prezzo restituite alla città? Attendiamo risposte, perché la vera sfida del Palazzo della Cultura inizia ora.
Emanuela Arcaleni - Vincenzo Bucci
Gruppo consiliare Castello Cambia
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