Le suore aretine trovano nell'uovo pasquale 61mila euro di Ici da pagare
Le Suore Minime del Sacro Cuore non hanno pagato le annualità 2000, 2001, 2002 e 2003
Un uovo pasquale con una brutta sorpresa per le Suore Minime del Sacro Cuore contiene due sentenze amare della Corte di Cassazione. Per un totale di 61.550 euro che a questo punto le religiose - non ci sono più santi cui votarsi - devono pagare al Comune dii Arezzo. Sono somme relative alla vecchia Ici (imposta sugli immobili) per la Casa di Cura San Giuseppe e riferite alle annualità 2000, 2001, 2002 e 2003. Versamenti che le suore avevano deciso di non effettuare ritenendosi esentate dal pagamento del tributo per il fatto di essere un istituto ecclesiastico impegnato in una “missione” sociale affidata in convenzione. La commissione tributaria provinciale prima, e quella regionale poi, avevano dato ragione alle Minime Suore del Sacro Cuore.
Ma il municipio di Arezzo per nulla convinto da questa interpretazione, ha deciso di portare la questione dinanzi alla Suprema Corte, che ha chiuso il caso. Il risultato è che le cartelle per i quattro anni saltati sono da pagare (importi tra i 14 mila e i 15 mila euro annui) e strada ora è spianata, per le due annualità oggetto di contenzioso ancora aperte: altri 28 mila euro per 2004 e 2005. Dall'anno successivo il problema è stato risolto: le suore hanno girato con un contratto la Casa di cura alla società privata che ha onorato Ici prima e Imu poi. La disputa relativa al passato verteva sul diritto o meno all'esenzione prevista per gli immobili destinati all'uso sanitario da parte di enti non commerciali.
L'orientamento della Corte in materia è ormai consolidato e ruota sul discernimento del tipo effettivo di attività svolta nella struttura di proprietà dell'ente che non ha fini di lucro. Se l'attività svolta risponde a criteri imprenditoriali e commerciali, pur non essendo questa la “vocazione” del proprietario dell'immobile, l'imposta si applica. Se esiste una convenzione, se ci sono rette e tariffe come in questo caso, l'attività è senz'altro commerciale. In sentenza viene citata la decisione della Commissione Europea che colpisce gli “aiuti di Stato” precisando che “anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni e servizi sul mercato”. Quindi, al di là dello status religioso dell'ente, ciò che conta è se i servizi sanitari o di educazione si svolgono dietro corrispettivi e remunerazioni. Stessa sorte è toccata recentemente all'Istituto Maria Consolatrice per la scuola che opera in città. Ora resta in sospeso il contenzioso tra il Comune e la Fondazione Aliotti (altra scuola privata). La Cassazione ha tracciato la linea. Entro il 31 maggio, nel caso, c'è la possibilità di accedere al condono tributario.
Commenta per primo.