Kim Jong-un avrebbe fatto uccidere un diplomatico e tre funzionari dopo il summit con Trump
Lo rivela una fonte anonima al principale quotidiano sudcoreano
Tornato in Corea del Nord a mani vuote dopo il secondo summit con Donald Trump, Kim Jong-un avrebbe dato il via a un’ampia epurazione contro il vertice della diplomazia di Pyongyang. Stando a quel che scrive il più diffuso quotidiano sud-coreano, lo scorso marzo sarebbe stato giustiziato Kim Hyok-chol: nelle fasi di preparazione del summit, il principale interlocutore del rappresentante speciale americano Steven Biegun. Insieme all’inviato speciale per i rapporti con gli Stati Uniti, a finire davanti a un plotone di esecuzione all’aeroporto di Mirim ci sarebbero stati anche altri quattro funzionari del ministero degli Esteri. Secondo la fonte anonima del giornale di Seul, Kim Hyok-chol «è stato accusato di spionaggio per aver riferito male sullo stato dei negoziati, senza cogliere le intenzioni degli Stati Uniti».
Nella purga al vertice del potere di Pyongyang sarebbe finito anche Kim Yong-chol - già braccio destro del leader nord-coreano, più volte capo-delegazione nei negoziati con il segretario di Stato Mike Pompeo e ricevuto anche alla Casa Bianca - che sarebbe stato mandato a «rieducarsi» in un campo di lavoro nella remota provincia di Jagang, non lontano dal confine con la Cina. Già alla fine di aprile, quando Kim Jong-un ha incontrato Vladimir Putin a Vladivistok, gli analisti rimasero sorpresi che della delegazione in Russia non facesse parte né Kim Hyok-chol né Kim Yong-chol. Secondo il Chosun Ilbo, in un campo per detenuti politici sarebbe finita anche Kim Song-hye - diplomatica di lungo corso e negoziatrice sul dossier nucleare - e persino Sin Hye-yong, l’interprete del leader nord-coreano, accusata di aver «macchiato l’autorità del leader» per un errore nella traduzione durante il vertice con Trump.
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