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Tensione sul Golan, Israele risponde ai missili dalla Siria

Il bilancio sarebbe di 10 morti

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Due razzi lanciati dalla Siria verso il Monte Hermon in Israele hanno riportato l’allarme sulle Alture del Golan in una situazione che appare sempre più in bilico. Nella notte l’esercito israeliano ha risposto all’attacco centrando una serie di obiettivi dall’altra parte del confine: il bilancio, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti dell’uomo, è di 10 morti. Di questi - in base alla stessa fonte - 3 sono militari governativi siriani, mentre gli altri 7 appartengono a forze straniere, forse iraniani o miliziani libanesi. «Due missili sono stati lanciati verso Israele dal territorio siriano. Uno - ha spiegato il premier Benyamin Netanyahu - è ricaduto all’interno della Siria mentre l’altro ha colpito la nostra regione sulle Alture del Golan. Ho avuto consultazioni di sicurezza ed ho ordinato all’esercito di scendere in campo con forza. Cosa che ha fatto colpendo numerosi obiettivi». Come già accaduto in passato, Netanyahu ha ribadito che Israele «non tollererà fuoco» verso il suo territorio e che «risponderà con grande forza ad ogni aggressione». Il portavoce militare ha poi precisato che all’attacco in Siria hanno partecipato aerei ed elicotteri da combattimento che hanno colpito due batterie dell’artiglieria siriana, una batteria di missili di antiaerea SA-2 nonché postazioni di avvistamento e di intelligence delle forze armate siriane sul versante siriano del Golan. Media siriani hanno riferito che Israele ha anche attaccato altri obiettivi legati all’Iran e alle milizie alleate di Teheran nell’area di al-Kiswah a sud di Damasco: in particolare depositi di armi e centro di addestramento militare. In base alle valutazioni dell’esercito, i razzi di oggi verso Israele non sono stati lanciati per errore, né sono frutto della guerra civile in corso dall’altra parte del confine, ma sono apparsi intenzionali. L’intelligence israeliana di recente - hanno ricordato i media - ha messo in guardia sulla possibilità che l’Iran e gli Hezbollah libanesi diano il via ad un’escalation sulle Alture del Golan nell’ambito della strategia di Teheran di combattere le sanzioni Usa e a contrastare gli attacchi israeliani in Siria volti ad impedirvi un radicamento iraniano. 

Mentre l’allarme resta alto al nord, a Gerusalemme c’è stato un nuovo inasprimento delle tensioni sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme (per gli ebrei il “Monte del Tempio”) dopo che la polizia israeliana ha disperso centinaia di fedeli islamici che cercavano di sbarrare la strada ad un gruppo di israeliani in procinto di farvi ingresso in occasione anche del `Giorno di Gerusalemme´ che ricorda, secondo il calendario lunare ebraico, la liberazione della città durante la Guerra dei sei giorni del 1967 e che quest’anno cade nei giorni finali del mese sacro islamico di Ramadan. Secondo i media palestinesi, gli incidenti si sono estesi anche all’interno della Moschea al-Aqsa, dove si erano barricati alcuni fedeli. Dopo breve tempo la polizia è riuscita a ripristinare l’ordine.

Immediata la condanna giunta dal Mufti di Gerusalemme, sceicco Mohammed Hussein il quale, citato dalla agenzia Maan, ha accusato la polizia israeliana di aver attaccato «fedeli in digiuno, e ciò negli ultimi dieci giorni del Ramadan». Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente Abu Mazen, ha detto di ritenere «il governo israeliano pienamente responsabile per l’escalation grave nella moschea di Al-Aqsa» ed ha ammonito sulle «pericolose conseguenze» che ne derivano. Anche la Giordania - tra i garanti dello status quo sulla Spianata - ha condannato «l’aggressione israeliana contro i fedeli in preghiera».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
03/06/2019 05:44:29


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