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Dalla pizza al cellulare quanto costerà la spesa se scatta l'aumento Iva

Stimato un maggiore esborso da 1.200 euro a famiglia. E l'auto nuova sarebbe un sogno

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Un nemico invisibile, subdolo, impercettibile e che alla fine del prossimo anno potrebbe pesare per 1.200 euro su ogni famiglia.

È l'effetto dell'incremento delle aliquote Iva (l'agevolata dal 10 al 13% e l'ordinaria dal 22 al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021), previsto nel 2020 nel caso in cui dovessero scattare le clausole di salvaguardia contenute nella legge di Bilancio. La crisi di governo ha, infatti, gettato una luce sinistra sulla prossima manovra, in quanto un governo «di transizione», «di responsabilità» o «di scopo» difficilmente avrebbe la forza necessaria per reperire i 23,1 miliardi necessari a evitare questa trappola mortale per i consumi degli italiani.

Il Codacons si è così cimentato nell'esercizio ipotetico di analizzare il rincaro dei beni maggiormente acquistati dagli italiani per rappresentare icasticamente il futuro che si profila se la manovra dovesse far scattare quei «pericolosi» automatismi. L'Iva agevolata al 13% produrrebbe conseguenze sul portafogli non immediatamente valutabili. Ad esempio, un caffè al bar costerebbe 3 centesimi in più, aumentando da 0,90 a 0,93 euro, mentre un pacco famiglia di frollini aumenterebbe di poco meno di 10 centesimi da 3,29 a 3,38 euro. Ma cosa accadrebbe a un lavoratore che ogni giorno ordina una tazzina di caffè la mattina quando è in pausa? Si troverebbe a spendere 60 centesimi in più ogni mese, ossia 7,2 euro in più all'anno. Ipotizzando che in una famiglia con due figli il maxipacco di biscotti duri una settimana, il rincaro implicherebbe una maggior spesa mensile di 36 centesimi (4,32 euro all'anno). Quanto costerebbero a una coppia la pizza e il cinema del sabato? Il biglietto passerebbe da 8,50 a 8,73 euro, mentre la margherita da 6,85 a 7,04 euro. Ogni mese i due partner spenderebbero 3,36 euro in più per il loro svago senza contare gli effetti su popcorn e birra. Quest'ultima sconta l'aliquota ordinaria che, salendo dal 22 al 26,5%, porterebbe una canadese da 1,55 a 1,61 euro, ma solo al supermarket.

Alla fine di ogni mese ciascun nucleo familiare dovrebbe fare i conti con decine di euro di spese in più e sarebbe perciò costretto a operare delle rinunce tanto più che la bolletta del gas e della luce (calcolate sulla media del 2018) alle quali è applicata l'aliquota agevolata costerebbero complessivamente 45 euro in più, passando rispettivamente da 1.096 a 1.126 euro e da 552 a 567 euro. A quel punto i 10 centesimi circa in più per una bottiglia da un litro e mezzo di coca, per uno spazzolino, per una confezione di sapone liquido o per una messa in piega potrebbero diventare veramente «pesanti». E pure i 29 euro in più per uno smartphone (da 799 a 828 euro) potrebbero essere troppi. Cambiare l'automobile sarebbe più complicato poiché il prezzo di un'auto di media cilindrata aumenterebbe di oltre 600 euro da 16.775 a 17.395 euro. Risultato: Più auto invendute e crisi del comparto destinata a proseguire. Ecco perché il ministro dell'Economia Giovanni Tria (nella fotop, o chiunque sia destinato a prenderne il posto, dovrà prima di tutto trovare le risorse per evitare che l'Iva, aumentando, porti con sé una recessione, recentemente stimata da Confindustria in un -0,3% di Pil. Ma anche intervenire sugli sconti fiscali o sulle spese (ad esempio sul Fondo sanitario) per evitare questi rincari, significherebbe aumentare la pressione fiscale e i rischi di recessione. Ieri Matteo Salvini ha ripetuto: «Convinceremo l'Ue a tagliare le tasse, certo non a tutti gli italiani». Anche Fitch, confermando il rating dell'Italia, aveva scontato una flat tax parziale e lo stop agli aumenti Iva, ma a prezzo di un maggior deficit.

Notizia e foto tratte da Il Giornale
© Riproduzione riservata
11/08/2019 12:14:38


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