Opinionisti Claudio Cherubini

“Ecco” la Willy Loman Big Band

L’opera di Miller è un capolavoro trasposto due volte sul grande schermo cinematografico

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Willy Loman non è mai esistito: è il personaggio del dramma di Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore”, un personaggio che vive la sofferenza per una vita anonima, ossessionata dalla ricerca del successo come riconoscimento d’identità sociale. L’opera di Miller è un capolavoro trasposto due volte sul grande schermo cinematografico e molte volte sui palchi teatrali. Samuel Webster la fa rivivere sulla scena adattando la storia del personaggio alla sua esperienza emotiva attraverso uno spettacolo musicale intitolato “Ecco”. Ecco che allora si presenta sul palco con una maschera di uomo anziano alla ricerca di considerazione e comprensione da parte dei suoi simili, un anziano che si accorge che la sua vita si sta trasformando, che è sempre meno protagonista nella società e che il successo da sempre ricercato sta svanendo. Willy Loman di Miller si suiciderà, ma Willy Loman jr. invece sale sul palco nei panni di Samuel Webster e cerca una via di uscita nella musica, nelle emozioni: “C’è qualcosa di bello nel jazz tradizionale, ti riscalda l’anima. Quel pezzo ti fa sentire qualcosa, una felicità pericolosa…”. Sì, perché i sentimenti sono pericolosi, belli e brutti, portano felicità e tristezza, gioa e amarezza, ma per questo la vita è bella e interessante. Ecco che allora Webster si traveste da Loman: Willy Loman jr. suona il basso e non gli basta l’amico batterista e il chitarrista, ma ha bisogno di tanti amici, tanti musicisti che ci credono veramente e che non si arrendono. Sono le sfide della vita tra momenti di difficoltà e momenti di fiducia verso il futuro. Ecco che allora dopo un anno e mezzo di prove, dodici musicisti guidati dal loro direttore artistico Samuel Webster portano in scena “Ecco”, un grande spettacolo musicale per “parlare con il mondo” per “affermare la bruttezza e la bellezza del mondo” perché dice Willy Loman jr. “se le canzoni tradizionali possono farti sorridere una big band può farti ballare, Louis Armstrong mi ha insegnato a camminare, ma Buddy Rich e Glenn Miller quasi a spiccare il volo”.

"Willy Loman non ha mai fatto un sacco di soldi. Il suo nome non è mai finito sui giornali. Non è il più grande personaggio che abbia mai vissuto. Ma lui è comunque un essere umano e gli sta accadendo qualcosa di terribile. Quindi è necessario prestargli la nostra attenzione. Non deve essere lasciato cadere nella sua tomba come un vecchio cane abbandonato".

"Willy Loman non ha mai desiderato essere famoso, ma ogni persona sogna - almeno una volta nella vita - di essere un po' spettacolare".

La Willy Loman Big Band ha esordito il 7 dicembre scorso ad Anghiari e la seconda apparizione in pubblico è stata giovedì 17 maggio a San Giustino, dove quasi un centinaio di persone si sono godute la loro interessante performance.

I musicisti, per la maggior parte giovani o giovanissimi, molti dei quali con solidi studi (al liceo musicale di Arezzo e ai conservatori di Perugia e Firenze) hanno mostrato qualità e talento. Ecco i nomi. Sassofoni: Emanuele Caporali, Tiziana Fiorucci, Emanuele Pitari, Pino Morgia, Ruben Marzà. Trombe: Fabrizio Baldacci, Marco Marini, Marcello Buzzichini, Cesare Chieli. Chitarra elettrica: Matteo Manescalchi. Batteria: Niccolò Franchi. Basso: Samuel Webster.

Claudio Cherubini
© Riproduzione riservata
18/05/2018 15:01:21

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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