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Asta online martedì 6 agosto per 70mila pezzi fra merci, filati e accessori di Cose di Lana

Prezzo base a 130mila euro: Supermaglia aveva offerto un milione e mezzo

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Dopo l’aggiudicazione definitiva del marchio “Il Granchio” a Manifattura Corona s.r.l. di Casalserugo (Padova), l’ultimo atto della vicenda relativa al fallimento del maglificio Cose di Lana spa di Sansepolcro si consumerà martedì prossimo, 6 agosto, giorno nel quale dalle 11 alle 12 è stata fissata l’asta online attraverso la Pbg s.r.l., società incaricata dai curatori per effettuare questo tipo di vendite. Per chi vuole iscriversi, c’è tempo fino alle 12 di lunedì 5, ma ciò che veramente stupisce sono i numeri: vi sono infatti tre aste, relative la prima ai 70mila capi di maglieria (alcuni anche in cashmere), la seconda a oltre 50 tonnellate di filati in rocche e la terza a capi finiti e semilavorati, materie prime e accessori. Il tutto per un prezzo a base d’asta di 130mila euro (come dire che il costo delle pregiate maglie si è ridotto in media a solo qualche spicciolo di euro), cifra che contrasta nettamente con l’offerta avanzata a fine dicembre da Supermaglia, pari a un milione e 500mila euro e quindi undici volte e mezza superiore. Non dimenticando, poi, che fra i capi di abbigliamento rimasti invenduti vi sono anche quelli realizzati poco prima del 28 febbraio – ultimo giorno di attività nella realtà produttiva biturgense, perché il tribunale di Arezzo non ha prorogato il contratto di affitto aziendale – e pronti per essere consegnati in aprile. Se poi ricordiamo che la società veneta nuova proprietaria del marchio “Il Granchio” aveva in novembre offerto e un milione e 350mila euro e che ora lo ha acquistato per 500mila (-63%), i punti interrogativi sui due vistosi cali registrati nell’arco di mesi sorgono spontanei. E le vecchie maestranze di Supermaglia-Cose di Lana (ma non solo esse) li girano alla pubblica attenzione: com’è possibile che un marchio del calibro de “Il Granchio” - capace di generare un fatturato complessivo di circa 7 milioni e mezzo di euro fra maglieria, giubbotteria, camiceria e intimo – abbia potuto perdere quasi due terzi del suo valore in pochi mesi? Perché tutto questo è accaduto? Non solo: il danno grosso, oltre che ovviamente a Supermaglia, è esteso anche ai creditori del fallimento Cose di Lana. Essendo stati in pratica “svenduti” marchio e merce, anche loro rischiano di rimanere con il classico pugno di mosche in mano. Stiamo parlando in particolare di aziende artigiane esposte per decine di migliaia di euro. L’amarezza e la rabbia sono infinite – concludono gli ex dipendenti - e ci auguriamo che si possa far luce su una vicenda che ha visto finire una importante realtà aziendale del territorio, lasciando un grande vuoto lavorativo e di immagine”.

Redazione
© Riproduzione riservata
02/08/2019 08:22:46


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