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Milano, fiamme in una mansarda sul Naviglio: muoiono nel sonno due giovani

All’origine del rogo ci sarebbe un corto circuito: disposte le autopsie

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Un uomo arriva con una rosa rossa in mano, avvolto da un lungo cappotto verde. Davanti al portone chiede, si dispera, si porta la mano alla testa. Luca e Rosita non ci sono più. Sono morti asfissiati nell’incendio che ha distrutto il loro appartamento, ricavato nella mansarda della casa di famiglia, in via Alzaia Naviglio Grande 156. 

Erano da poco passate le tre di notte quando Rosita Capurso, 28 anni a febbraio, ha aperto gli occhi. Nel buio è stata sorpresa dalle fiamme. Dal fumo che, silenzioso, si è insediato in camera da letto. Ha urlato, si è dimenata. In ogni modo ha provato a svegliare il fidanzato, Luca Manzin, 29 anni appena compiuti. Era accanto a lei nel letto, ma non dava segni di vita. Si è alzata e nella disperazione si è diretta in bagno per provare a spegnere il rogo. Ma l’aria oramai era diventata irrespirabile. Ha fatto in tempo a prendere una bacinella. Ha aperto il rubinetto. Poi ha perso i sensi. I vigili del fuoco l’hanno trovata lì, ormai senza vita. Ogni tentativo di salvarla, di salvare Luca, è stato vano. Inutile.  

Lo scoppio del lucernario ha svegliato la zia, che abita nella casa accanto. La donna si è precipitata alla porta per provare ad aprirla, per liberare i ragazzi. Ma non è servito a nulla. Era chiusa dall’interno con le chiavi infilate nella serratura. Al piano di sotto vive la compagna del papà di Rosita, scomparso un paio d’anni fa a causa di una brutta malattia, con la figlia di 12 anni. La donna, Ester, si è arrampicata sul tetto. Ha sfondato la finestra della casa dei ragazzi. Con le mani, con quello che ha trovato. Ma il fumo era alto, troppo alto per entrare.

I soccorsi del 118 coi vigili del fuoco sono arrivati subito e, nel giro di pochi minuti, le fiamme erano spente. L’incendio, accidentale, è esploso proprio all’ingresso dell’appartamento, accanto alle porte della camera da letto e del bagno. La cucina in fondo è rimasta praticamente intatta. E alle 9 del mattino, quando sono arrivati gli ultimi carabinieri, il cellulare di uno dei due ragazzi appoggiato sul mobile si è messo a suonare. Era la sveglia. Squillava forte nel silenzio della casa. 

Fuori, sotto la pioggia battente che viene giù dalla scorsa notte, entrano ed escono gli amici, i familiari. C’è un ragazzo che fa avanti e indietro sulla strada, non si dà pace. «Erano una coppia bellissima e innamorata, stavano insieme da anni», dice Francesca, cugina di Rosita, che fatica a parlare. «È un’enorme tragedia». Anche i carabinieri della compagnia di Porta Magenta hanno pochi dubbi: l’incendio è nato da una scintilla, da un piccolo corto circuito forse a una presa. Le fiamme hanno impiegato del tempo ad alzarsi, ma il fumo si è propagato in fretta. Tant’è che il fuoco si è fermato in una zona abbastanza circoscritto, ma l’aria irrespirabile non ha lasciato scampo ai due giovani.

Rosita, laureata in psicologia, da sempre impegnata nel volontariato, è morta nella casa dov’è nata e cresciuta. La casa di famiglia, dove il papà Roberto, rimasto vedovo da tempo, è vissuto fino alla morte. La sorella gemella, Martina, da tempo in Australia, appena ha saputo ha preso il primo volo per tornare a casa. Luca, invece, si era trasferito qui di recente, anche se i due stavano insieme da quattro o cinque anni. Laureato in legge, aveva vissuto tra Bologna e Pisa. Da sempre coltivava la passione per la musica e fino al 2017 faceva parte di un’associazione che organizzava concerti ed eventi live a La Spezia. Era originario di Aulla, in provincia di Massa Carrara, dove vivono ancora mamma e papà. In lacrime si sono precipitati a Milano, dal loro ragazzo che non c’è più.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
23/11/2019 06:10:45


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