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Caso Gregoretti, la versione di Salvini: “Ho agito per il bene pubblico"

"Determinante il ruolo di Conte e dei vescovi"

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Sono stati coinvolti pure i vescovi, oltre che l’intero governo, nella gestione della nave Gregoretti tenuta al largo dei porti italiani e che ha portato Matteo Salvini a essere incriminato per sequestro di persona di Matteo Salvini. «Un accordo per l’accoglienza era stato raggiunto anche con la Cei. È dunque evidente come fosse il governo, in maniera collegiale, a gestire questa attività».

Nella sua memoria difensiva di circa 30 pagine, depositata questa mattina presso la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, l’ex ministro dell’Interno chiama in causa uno per uno i ministri coinvolti nella gestione della politica «porti chiusi» voluta dalla Lega, che ha caratterizzato l’esperienza giallo-verde. Una politica che adesso i 5 stelle, in questa fase governativa con Pd e Leu, hanno cancellato nel tentativo di far dimenticare che anche loro ne sono stati attivamente partecipi. Infatti Salvini li sfida a votare a favore del via libera al processo, smentendo il loro stesso voto contro l’autorizzazione a procedere per il caso Diciotti. Il premier Conte e Di Maio sostengono che si tratta di due casi diversi, che la decisione di lasciare nave Gregoretti in mezzo al mare è stata presa in maniera autonoma dall’ex responsabile del Viminale. «Non è vero, sono degli ipocriti. Erano tutti informati e qui ci sono le prove, a cominciare da Conte», dice Salvini. «Ho agito nell'interesse dell'Italia, col pieno coinvolgimento di Palazzo Chigi e dei ministeri competenti, in modo perfettamente sovrapponibile a quanto accaduto per la nave Diciotti».

Vengono citati dichiarazioni pubbliche e interviste del ministro della Giustizia Bonafede e di Luigi Di Maio, ma nella memoria si prende di mira soprattutto il presidente del Consiglio, oggi il più acerrimo nemico del leader leghista. Ci sarebbe una comunicazione tra il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma e i gabinetti dei ministri della Difesa, delle Infrastrutture, dei Trasporti e degli Esteri. «È rilevante il ruolo del premier Conte: il 26 luglio 2019, la presidenza del Consiglio aveva inoltrato formale richiesta di redistribuzione di migranti ad altri Paesi europei». Insomma, come dire, nella la gestione di quella nave tutti hanno lasciato le impronte digitali. Del resto, si legge ancora nella memoria difensiva, le decisioni in materia di immigrazione rientravano in una logica più complessiva che riguardava anche la sicurezza e l’ordine pubblico. Una legame tra i due temi che lo stesso Conte aveva messo in evidenza in una informativa al Senato del 12 settembre 2018 su quello che il leghista definisce «l’analogo caso della nave Diciotti». In quella occasione il premier aveva detto «il premier te interesse pubblico, rappresentato dalla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza sarebbe stato messo a repentaglio da un incontrollato accesso di migranti nel territorio dello Stato».

Ora il problema sta tutto nei voti che avrà Salvini a suo favore in giunta. Sicuramente quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma gli mancheranno quelli degli ex alleati grillini. Se i numeri sono questi, è scontato che il capo del Carroccio finirà sotto processo per sequestro di persona. L’autorizzazione a procedere verrà data prima delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria. È vero che, come spesso ripete Salvini, rischia 15 anni di carcere ma lui è pronto a trasformare la «gogna» giudiziaria in una formidabile arma per la campagna elettorale.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
03/01/2020 15:02:03


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