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Firme false M5S, 12 condannati e due assolti a Palermo

La vicenda era stata in un primo tempo archiviata dalla magistratura

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Tutti colpevoli, meno due personaggi minori: tre ex deputati nazionali e due regionali del Movimento 5 Stelle falsificarono le firme a sostegno della lista presentata alle elezioni per il Consiglio comunale di Palermo. Ieri il giudice monocratico Salvatore Fausto Flaccovio, del tribunale del capoluogo siciliano, ha riconosciuto colpevoli Riccardo Nuti, già candidato sindaco nel 2012 e poi parlamentare a Montecitorio, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, ai quali sono stati inflitti un anno e dieci mesi. Un anno invece agli ex deputati regionali Claudia La Rocca (nella foto) e Giorgio Ciaccio, autori di ammissioni che hanno consentito agli investigatori della Digos di chiudere un cerchio già ampiamente chiuso dalle smentite degli apparenti sottoscrittori, che avevano disconosciuto le proprie firme, poi anche da una consulenza grafologica che aveva individuato alcuni degli imputati come autori di un falso tanto marchiano quanto in sé ingenuo.

La falsificazione, che ha portato alle condanne anche di altri imputati (gli attivisti Samantha Busalacchi, Tony Ferrara, Alice Pantaleone e Stefano Paradiso, pure loro un anno e dieci mesi; l’avvocato Francesco Menallo e il cancelliere Gianfranco Scarpello, un anno e mezzo a testa) era nata dalla necessità di correggere il luogo di nascita di Giuseppe Ippolito, oggi pure lui condannato a un anno, in quanto autore di una parziale confessione. Ippolito era nato a Corleone, ma nella lista era stato scritto Palermo: nel timore di veder vanificare i loro sforzi, a causa delle severissime regole formali che disciplinano la presentazione delle liste, nel corso di una riunione tenuta il 2 aprile 2012 e durata fino a notte fonda, gli attivisti grillini decisero – su consiglio dell’avvocato Menallo – di ricopiare tutto. La vicenda era stata archiviata dalla magistratura, nel 2013, ma fu riaperta a seguito di una serie di puntate in cui Le Iene di Italia 1 scovarono documenti e testimonianze su quanto era accaduto quella notte.

La riapertura dell’indagine giudiziaria portò a uno scontro al veleno interno al Movimento siciliano, con l’autosospensione e poi l’espulsione dei deputati nazionali, pronti però a lasciare intendere che contro di loro era stato avviato una sorta di complotto, ordito da Ugo Forello, del gruppo antimafia di Addiopizzo, candidato sindaco nel 2017. La Rocca parlò subito di un pasticcio dovuto all’inesperienza e ammise i fatti: ieri ha ribadito che la sua condanna e quella degli altri confermano che “non sono una bugiarda, una pazza o una persona manipolata o che aveva preso parte a un complotto”.

La sentenza di oggi, che prevede la sospensione della pena per tutti e assolve due imputati minori, Pietro Salvino e Riccardo Ricciardi, arriva a un mese circa dalla scadenza del termine di prescrizione dei reati. Con la riforma voluta dai grillini, la decisione di primo grado avrebbe scongiurato la dichiarazione di estinzione dei reati. Anche per gli stessi ex Cinque stelle.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
10/01/2020 21:43:47


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