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Usa e Cina firmano la tregua sui dazi. Trump: accordo storico, andrò a Pechino

Dopo due anni di guerra commerciale intesa con il vicepremier Liu He

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La tregua è stata firmata. Dopo circa due anni di guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, il presidente Donald Trump e il vice premier cinese Liu He siglano l’avvio della cosiddetta Fase 1 che scioglie alcuni nodi del contenzioso fra Washington e Pechino. In base all’intesa il Dragone si impegna ad acquistare ulteriori 200 miliardi di merci e servizi «made in Usa», a non avventurarsi in svalutazioni della propria valuta e a rispettare le tutele della proprietà intellettuale. L’America da parte sua revoca i nuovi dazi al 15% che sarebbero scattati il 15 dicembre 2019 (congelati in vista della firma) su quasi 160 miliardi di dollari di prodotti «made in China», a cui Pechino avrebbe risposto con equivalenti misure punitive su 3.300 prodotti statunitensi. Rimangono in vigore i dazi al 25% su 250 miliardi di dollari di importazioni cinesi, mentre saranno ridotte al 7,5% le tariffe su residuali categorie di prodotti, per un totale stimato in 120 miliardi di dollari di «made in China». «Saranno rimossi quando la Fase 2 verrà completata» dice Trump senza intravedere la necessità di una Fase 3. Anche perché al momento rimangono ignoti i tempi della seconda parte di negoziato. 

Dal palco il presidente americano parla ininterrottamente per oltre 40 minuti, ringrazia tutta la squadra e il presidente cinese Xi Jinping definendolo un suo «grande amico» e ribadisce che in «un futuro non lontano andrà in Cina». Definisce l’accordo «storico», un «importante passo in avanti» verso una relazione più equilibrata fra i due Paesi. E lo fa davanti alla platea di sostenitori riunita nella East Room della Casa Bianca: ci sono l’ex segretario di Stato Henry Kissinger (un pioniere dei rapporti Usa-Cina), il consigliere economico Larry Kudlow, il segretario al Commercio Wilbur Ross, Ivanka Trump e il marito Jared Kushner. Soddisfatto dell'intesa anche Xi che in una missiva sottolinea «l’importanza dell’accordo per il mondo intero».

Wall Street anticipa la firma volando a nuovi massimi. Ma la diffusione dei dettagli dell’intesa raffredda l'ottimismo: molti analisti la ritengono infatti vaga e debole rispetto agli annunci iniziali. Gerard Baker, guru economico e già direttore del «Wall Street Journal, davanti alla platea del Gruppo Esponenti Italiani (Gei), è lapidario: «Non è troppo cinico dire che probabilmente non ci sarà mai una Fase 2». E aggiunge: «Permangono inoltre fonti di tensione rappresentate dai contenziosi su tecnologia e 5G». Tim Drayson, capo economista di Legal & General Investment Management avverte che più in là non si andrà: «Non c’è un calendario stabilito per la rimozione dei dazi in vigore. Sarà poi difficile per la Cina raggiungere l'obiettivo di acquisto dei beni Usa. L’accordo, inoltre, manca di un meccanismo di applicazione credibile. Infine, i progressi sulle questioni strutturali chiave rimangono estremamente limitati».

Poco importa a Trump che, specie in una della fasi più buie per la sua politica interna con l'avvio in Senato della procedura di impeachment, potrà sbandierare la data del 15 gennaio 2020 come quella della vittoria di una grande battaglia economica e politica. La guerra con la Cina, però, non è affatto terminata.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
16/01/2020 16:28:03


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