Il vigneto Italia, anche senza dazi, perde quote in Usa
Nomisma: per colpa dell’incertezza a dicembre -7%
«Assistiamo a un mercato confuso. Contrassegnato prima da una corsa alle scorte e poi da grandi incertezze. Un clima che certo non giova agli scambi, fin qui molto positivi, e che speriamo possa cambiare il prima possibile». Giovanni Mantovani, il direttore generale di Veronafiere, legge così il report di Nomisma che, analizzando i dati delle dogane Usa del mese di dicembre, ha lanciato l’allarme sulle ricadute negative per il vigneto Italia della guerra commerciale tra Usa e Unione Europea. Il vino made in Italy, ad ora, è esente dai dazi imposti dall’amministrazione Trump, ma nonostante questo a dicembre ha perso il 7% a valore rispetto al 2018 con un -12% per i suoi vini fermi. Secondo Denis Pantini, responsabile della ricerca per Nomisma «in questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi vede i propri fermi cadere il 36% e la Spagna il 9%.Per contro, volano le forniture da parte del nuovo mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che guadagna il 40% a valore e il Cile il +53%».
Dal suo punto di vista «nel 2019 il mercato americano ha aumentato l’import globale di vino – probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi – per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale». Anche l’Italia chiude in crescita «sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti». Per il 2020, invece, «emerge uno scenario di forte incertezza della domanda di vino sui principali mercati mondiali ed è questo il fattore chiave da affrontare», conclude il ricercatore. Per Mantovani «questo clima non giova agli scambi, fin qui molto positivi, speriamo possa cambiare il prima possibile. Ai mercati serve la pace commerciale».
Commenta per primo.