Coronavirus: il prezzo dell’oro è al top da sette anni
Superata la soglia chiave di 1700 dollari l’oncia
La corsa dell’oro, anticipata nei giorni scorsi da molti analisti come risposta ai timori di una recessione globale ha portato il prezzo del metallo prezioso al massimo da sette anni: lo spot gold sale dello 0,2% a 1.1716 dollari l'oncia, dopo aver toccato i 1,725 dollari. Secondo gli analisti di ActivTrades «il superamento della soglia chiave di 1.700 dollari rappresenta un altro segnale di forza del lingotto questa nuova manifestazione non sembra essere del tutto correlata a una rapida ripresa della propensione al rischio ma dipende soprattutto dall'enorme aumento del bilancio della Federal Reserve». dal loro punto di vista la tendenza rimane rialzista «poiché gli investitori stanno cercando l'oro per la sua carenza, in particolare se confrontato con il dollaro, e come bene rifugio nel caso in cui ci sia un secondo movimento ribassista sui mercati azionari dopo il forte calo osservato all'inizio di quest'anno». E Maurizio Novelli, gestore Lemanik Global Strategy Fund. aggiunge: «rimaniamo molto positivi sul trend dei metalli preziosi. L'oro è entrato in un bull market pluriennale, vuol dire che è in una fase rialzista che durerà più anni».
I mercati, intanto, aspettano di capire la reale tenuta dell’accordo siglato il giorno di Pasqua tra i paesi dell'Opec guidati dall'Arabia Saudita e quelli non aderenti all’organizzazione con in testa la Russia per ridurre di 9,7 milioni di barili al giorno la produzione mondiale. Questa mattina il greggio Wti era arrivato a costare 22,52 dollari al barile (+0,45%) mentre il Brent del Mare del Nord aveva segnato un aumento aumento dello 0,82% a 32 dollari. Nel corso delle contrattazioni, però, il petrolio ha di nuovo imboccato la strada dei ribassi, con il Wti e il Brent che lasciano non terreno rispettivamente l'1,38% (22,09 dollari al barile) e l'1,04% (31,43 dollari). Performance deboli nonostante l'accordo per certi versi storico per quanto riguarda l'inclusività» che «rischia di non essere sufficiente per pareggiare gli eccessi di offerta almeno nel breve termine», sottolineano gli esperti di Mps Capital Services.
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