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Intervista a Davide Mezzanotti, tecnico dell'Fc Castello

Una lunga carriera fra Serie A, B e C, costellata di soddisfazioni e poi il percorso da allenatore

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Il coronavirus nel mondo dello sport. Interlocutore di turno è un ex calciatore professionista, Davide Mezzanotti di Sansepolcro, oggi 49enne. Una lunga carriera fra Serie A, B e C, costellata di soddisfazioni e poi il percorso da allenatore. Sotto la sua guida, il Sansepolcro più bello delle ultime stagioni in Serie D e, fino alla sospensione, Mezzanotti era tecnico della Fc Castello, erede legittima della gloriosa A.C. Città di Castello, che milita nel campionato di Promozione umbra. 

Quali saranno le conseguenze del coronavirus nel mondo del calcio?

“Una domanda importante, se intesa nella giusta ottica. Di sicuro, vi saranno conseguenze nel calcio come negli altri settori dell’economia, che avranno grandi problemi. Mi esprimo in questi termini perché anche il calcio fa parte dell’economia; anzi, è la terza industria italiana. Dobbiamo perciò lavorare per risolvere questa situazione e riportare il calcio nella dimensione che merita, quindi riposizionare al meglio tutte le varie voci dell’economia”.

Crede che i campionati possano concludere la stagione 2019/2020?

“Per come la penso io, è stato più che giusto fermare i campionati, dal momento che troppe erano le implicazioni. Se quindi bisognava fermarci tutti, la parola d’ordine doveva valere anche per i calciatori; spero di conseguenza che in un futuro non remoto si ricominci, a patto che la ripresa avvenga in totali condizioni di sicurezza. I nostri sacrifici di adesso non debbono essere vanificati dalla fretta, dovuta magari a una domenica in anticipo o in ritardo che sia. I calciatori in campo vanno dai 22 ai 30, poi tornano a casa e ognuno ha una propria famiglia. Bisogna quindi evitare più possibile la veicolazione dei contagi”.  

E’ soddisfatto di come si è mosso il Governo in questa emergenza?

“Non entro nel merito specifico del suo operato. Credo però che una cosa fondamentale debba essere tenuta in considerazione: quanto avvenuto è inedito, per cui sarebbe meglio mettere da parte le diatribe politiche fra le varie coalizioni e cercare sempre più coesione e unità di intenti. Le battaglie fra i partiti non servono a nulla, in un momento nel quale l’Italia sta soffrendo e vorrebbe vedere uno Stato unito nel combattere la stessa “guerra”. Qualche errore sarà stato pure commesso, ma credo che tutti siamo stati colti impreparati dal virus”.

 Come sarà il mondo dopo la fine dell’epidemia? 

“Mi ha colpito il messaggio molto bello scritto da un ragazzino: “Probabilmente saremo migliori, perché abbiamo imparato a vivere con la famiglia in un mondo che non ci apparteneva”. È proprio vero: dalle grandi problematiche vengono fuori le grandi opportunità. Non sarà facile ripartire, ma penso che l’Italia sia un Paese troppo importante, nel quale vivono persone intelligenti. Il futuro potrà essere roseo, anche se il passaggio alla post-pandemia porterà con sé le conseguenze economiche al posto di quelle sanitarie. Dovremo quindi essere tutti bravi ad agire: noi, l’Italia e anche l’Europa. Credo nel popolo italiano: siamo risorti più volte e risorgeremo anche ora, sperando di diventare meno egoisti”.

Qual è il suo stato d’animo come uomo e come persona da sempre nel mondo del calcio?

“Una parte di me è triste, non perché sono rinchiuso in casa, ma perché vedo tante vite spezzate e il Paese in ginocchio. Mi sono sentito con i vecchi amici di Brescia, città nella quale ho giocato e a sentire loro c’è di che preoccuparsi: noi qui viviamo l’emergenza, ma non ci rendiamo conto della situazione che regna lassù, con particolari che mi hanno riferito e che nemmeno i telegiornali raccontano. Mai avremmo pensato di arrivare a un punto nel quale la vitta fosse messa così in pericolo. L’altra parte di me ha però un forte spirito di rivalsa: non dovremo dimenticare questo periodo e sono sicuro che torneremo a essere più forti di prima”.

Redazione
© Riproduzione riservata
16/04/2020 21:43:20


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