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Ue, il Recovery Fund sarà da 750 miliardi: 82 a fondo perduto destinati all’Italia

La quota dedicata agli stanziamenti è di 500

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Cinquecento miliardi di sussidi a fondo perduto e duecentocinquanta miliardi in prestiti: dopo le trattative dell’ultimo momento è stata trovata un’intesa all’interno della Commissione sull’entità del Recovery Fund. Che avrà un valore complessivo di 750 miliardi, come ha confermato con un tweet il commissario all’Economia Paolo Gentiloni. L’Italia, come previsto, sarà il principale beneficiario e dovrebbe ottenere circa 82 miliardi di euro di sussidi a fondo perduto (su un totale di 500), ma potrebbe avere accesso anche a 90 miliardi di prestiti a tassi agevolati. Con questa proposta, la Commissione si impegnerebbe a raccogliere fino a 750 miliardi di euro sui mercati emettendo obbligazioni attraverso il «Recovery Instrument». La quota di 500 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto rispetta esattamente la richiesta fatta da Angela Merkel ed Emmanuel Macron, alla quale Bruxelles propone di aggiungere ulteriori 250 miliardi di prestiti che gli Stati beneficiari dovranno rimborsare. Gli Stati “frugali” (Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi) chiedono invece di limitare il sostegno all’esclusiva concessione di prestiti. La proposta della Commissione dovrà essere ora negoziata dai 27 governi, che dovranno cercare un compromesso tra di loro e con il Parlamento europeo. Saranno settimane, ma forse mesi di trattative difficili.

Certamente le risorse del Recovery Fund non saranno distribuite in maniera incondizionata. Per avere accesso alla propria quota, i governi dovranno presentare un «Piano nazionale per la ripresa e la resilienza» nel quale indicheranno le riforme e gli investimenti che intendono finanziare. Se verranno giudicati in linea con le raccomandazioni della Commissione e con le priorità Ue, allora scatterà l’erogazione. Funzionerà così la «Recovery and resilience Facility», lo strumento che costituisce il cuore del Recovery Fund. L’intero piano è diviso in tre pilastri. La «Recovery and resilience Facility» rappresenta la parte più sostanziosa del primo, del quale fanno parte anche un programma per l’erogazione diretta di fondi (React-EU) a enti locali, ospedali e piccole-medie imprese, oltre che il fondo rurale e quello per la transizione ecologica. Il secondo pilastro è dedicato agli interventi per ricapitalizzare le imprese in difficoltà e agli investimenti, mentre il terzo riguarda il settore sanitario, la ricerca e la protezione civile. 

I criteri 
I fondi della «Facility» verranno ripartiti tra i Paesi in base a precisi criteri e distribuiti sotto forma di prestiti o sussidi. Ma Bruxelles chiederà agli Stati di «rendere le proprie economie più resilienti e meglio preparate per il futuro». Una traccia dei possibili interventi utili a chiedere l’accesso i fondi può essere ricercata nelle raccomandazioni Ue pubblicate la scorsa settimana. Bruxelles – tra le altre cose - chiede a Roma di rafforzare il proprio sistema sanitario, ma anche di «migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione». La riforma della PA per semplificare la burocrazia potrebbe dunque essere un motivo valido per chiedere i fondi, così come la riforma del Fisco, dato che l’Ue chiede da sempre di mettere ordine nella giungla delle «tax expenditures».

Bond trentennali 
Le obbligazioni emesse dalla Commissione avranno una durata molto lunga, fino a 30 anni. Per la restituzione ai mercati dei 500 miliardi erogati a fondo perduto, l’esecutivo Ue propone tre diverse soluzioni: un aumento dei contributi degli Stati al bilancio comunitario, un taglio dei programmi Ue oppure nuove tasse riscosse a livello europeo. Tra le ipotesi ci sono un’estensione del sistema per lo scambio di emissioni, la Carbon Tax, la Web Tax e un’imposta sulle multinazionali. Tutte questioni altamente divisive che dovranno essere negoziate e approvate dai governi. 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
27/05/2020 14:27:04


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