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I social non possono essere considerati sostitutivi dell’informazione pubblIica

Santa Sede: i giornalisti restano garanzia di libertà

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Forse stanno arrivando i tempi in cui si prende maggiore coscienza che i social sono una palestra di libertà di espressione, ma non una fonte attendibile d’informazione. Stiamo vivendo nella babele comunicativa multimediale dove si pensa che i social siano un altro modo – più economico - di fare il giornale. Fanno credere semplice il sostituire il giornale professionale veicolo di notizie attendibili e certificate, con un giornale di tutti confezionato nel tinello dei social. Le chiacchiere sostituiscono le notizie. Ma si dimentica che i giornalisti hanno un dovere etico e una professionalità certificata di servire la verità, di raccontarla, documentarla e testimoniarla. E quindi sono una garanzia sociale di poter essere bene informati. I milioni di cittadini che si cimentano spontaneamente nell’arena dei social vivono invece un grande salotto amplificato. Si tratta di una produzione senza responsabilità, di un parlare simile a quello che ci si scambia tra gli amici al bar. Un dopo lavoro. Il telefonino rende possibile scambiare parole e immagini in libertà, senza renderne conto ad alcuno, ma poterlo fare non garantisce di per sé una competenza per farlo.

Oggi, purtroppo, la laurea più diffusa e seguita è quella in “Tuttologia” che specializza in “sentenze” e aforismi. Se invece si pensa che il semplice fatto di possedere e compulsare un iPhone o un telefonino qualsiasi renda di colpo le persone informate e capaci di informare, forse è una pretesa che si sta rivelando catastrofica, finestra per moltiplicare e diffondere germi dei peggiori istinti lasciati senza briglia. I social nella presente anarchia di regole, non si possono pensare come alternativa al giornale. Tutti siamo giornalisti. Una mano per chiarire l’equivoco viene in questi giorni dal Vaticano. Il delegato della Santa Sede intervenuto di recente alla riunione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OCSE) a proposito dei media e della libertà di espressione, ha richiamato l’urgenza di media inclusivi e rispettosi non solo della libertà ma anche della verità. In particolare è stato trattata proprio la pluralità dei punti di vista, della partecipazione ai dibattiti pubblici, del controllo e trasparenza dell’informazione anche sui social media. Forse un po’ utopistica la posizione della Santa Sede che non potrà mai essere realizzata pienamente considerando la natura propria dei social. Ma certamente può essere preso come un contributo significativo più che a regolare i social, a chiarire il come valutarli e considerarli. Se viene circoscritta la loro natura di arena pubblica di opinioni, sarà ridimensionata anche la credibilità che ci si deve attendere dall’arena. Sono utili i social? Certo. Sono interessanti? Sicuro, anche se non sempre e, talvolta, si rivelano intelligenti e validi sotto il profilo culturale. Ma non possono essere considerati sostitutivi dell’informazione pubblica la quale richiede etica e professionalità.

E’ dal tempo del Concilio Vaticano II che i Papi e la Santa Sede rilevano la necessità di affrontare la questione dell’informazione come una grave questione attinente la verità. I media e la multimedialità non può – a parere della Santa Sede – essere una questione primariamente di denari e investimenti. Sono anzitutto una questione etica che può condizionare la vita personale e sociale della gente. Se la politica e l’economia continuano a disconoscere questo aspetto, anche la questione economica non sarà compresa se non come investimento e profitto. Vendere informazione non è come vendere una quasiasi altra merce. Non si può pensare che offrire cereali o tecnologia sia come offrire informazione e cultura. La Costituzione italiana ricorda – che la stampa attiene ai diritti di libertà di pensiero e della sua espressione pluralista. Il pluralismo dell’informazione è un bene della democrazia e pertanto andrebbe garantito sempre. Pluralità di punti di vista, partecipazione ai dibattiti pubblici, controllo sulla correttezza e trasparenza dell'informazione anche sui social media resta l’auspicio della delegazione della Santa Sede. Nella libertà di espressione il Vaticano comprende pure la libertà di religione e il rispetto delle minoranze.

"Per far progredire la verità, la libertà, la giustizia e la solidarietà nella società, i media - in qualsiasi forma - devono essere protetti e deve essere garantita la libertà che la comunità internazionale ha riconosciuto. Allo stesso tempo bisogna riconoscere che la libertà di espressione, come ogni diritto umano, ha delle responsabilità che non possono essere ignorate". La Santa Sede ribadisce il fondamento etico dei media nella società, centrati su "persona e comunità" fine e misura dell'uso dei mezzi di comunicazione per lo sviluppo umano integrale, perché "i media non fanno nulla da soli; sono strumenti, strumenti usati come le persone scelgono di usarli".

La libertà di espressione deve includere rispetto e spazi per le opinioni, anche se differenti, senza precludere dibattiti critici o discussioni serie sulla religione. La Santa Sede richiama quindi i media alla responsabilità di dare resoconti "equi e accurati" sulle questioni religiose, permettendo ai membri delle comunità di esprimere le proprie opinioni e incoraggiando in merito lo sviluppo di linee guida specifiche. Nell'intervento della rappresentanza pontificia compare anche l'auspicio che i mezzi di comunicazione di massa siano inclusivi e incoraggino scambi di idee e punti di vista ricchi e ampi e che le Istituzioni coinvolgano nei dibattiti pubblici i rappresentanti delle comunità religiose perché possano esprimere il loro punto di vista sulla base delle convinzioni morali derivanti dalla loro fede e dare così il loro contributo alla vita dei rispettivi Paesi.

Un'attenzione particolare, poi la Santa Sede la pone sull'uso di Internet, e in particolare sui social network, che possono diventare strumenti lesivi e veicoli di messaggi di odio e denigrazione. Per evitare questo i fornitori di servizi Internet e i servizi di social network dovrebbero, secondo la Santa Sede, essere incoraggiati ad adottare standard chiari, trasparenti e non discriminatori, che impediscano ogni forma o comportamento segnato da intolleranza.
Il divario digitale tra ricchi e poveri (comparso anche nel ricorso all’insegnamento digitale della scuola) - afferma la Santa Sede - potrebbe costare delle vite, soprattutto quando le informazioni cruciali non sono tempestive.

Notizia e Foto tratte da Tiscali
© Riproduzione riservata
29/06/2020 06:17:29


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