America’s Cup, smascherate due spie ad Auckland
Parla Dalton, il ceo di Team New Zealand: “Rivelate informazioni sensibili”
Una storia di spie. Ce ne sono sempre state, nell’America’s Cup. Ma erano soprattutto “occhi lunghi” che cercavano di carpire i segreti delle barche avversarie. Da qui le “mutande” agli scafi, le basi blindate, i vigilantes e l’obbligo, per tutti, della riservatezza. Era anche questo, la Coppa. Quel che è successo in Nuova Zelanda, invece, è sempre una storia di presunte spie, ma la sostanza è diversa. Sicuramente meno comprensibile. Grant Dalton, il ceo di Emirates Team New Zealand, ha smascherato due suoi connazionali (girano vari nomi, tra gli addetti ai lavori) che avrebbero rivelato informazioni riservate all’esterno della base degli All Blacks della vela. I sospetti sono nati lo scorso dicembre, il team ha teso la trappola, i due - che avevano libero accesso alla base e a tutti i dati - ci sono cascati. Quando dall’Europa è rimbalzata a Dalton un’informazione “civetta”, lo stesso Dalton ha avuto la prova. E ha affrontato le spie, che naturalmente hanno negato. Le gole profonde avrebbero rivelato all’esterno informazioni anzitutto relative all’organizzazione dell’evento, dell’America’s Cup. Dati finanziari, spese. E’ stato tirato in ballo anche lo stesso Dalton (su spese da lui documentate). Le due presunte avrebbero spifferato qualcosa anche al Ministero delle imprese, dell'innovazione e dell’occupazione. E questo, considerato che il governo ha dato una grande mano al Team e ad Ace, l’America’s Cup Event, il suo braccio operativo per l’organizzazione della Coppa, e che la Coppa per i Kiwis è non solo business ma anche la sfida di una nazione intera, davvero fa pensare male. Anche perché, come dice Grant Dalton nell’intervista che segue, lui stesso non sa che cosa possa essere stato complessivamente rivelato.
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