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Napoli, morì per le trasfusioni di sangue infetto: lo Stato risarcirà 695 mila euro

L'intervento era stato eseguito 46 anni fa

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Lo Stato dovrà pagare 695mila euro agli eredi di una donna di Napoli che 46 anni fa era stata sottoposta a trasfusioni di sangue infetto. A stabilirlo è stata la II sezione del Tar Campania che, con sentenza dell'8 luglio scorso, ha disposto il risarcimento da parte del ministero della Salute. La donna era stata sottoposta a trasfusione nel 1974 durante una degenza all'ospedale Loreto Mare di Napoli per taglio cesareo. Soltanto nel 1999, a seguito di esami medici, era emersa la positività al virus Hcv dell'epatite C, successivamente evoluta in cirrosi fino al decesso nel 2013 per epatocarcinoma e insufficienza renale. Nel 2014 i suoi eredi conferirono incarico all'avvocato Maurizio Albachiara il quale, sulla scorta delle risultanze della Cmo (Commissione medico ospedaliera) di Caserta che riconosceva l'Una Tantum ai sensi della legge 210/92 - ricostruisce in una nota del legale Albachiara che esprime «piena soddisfazione per questa nuova vittoria» - ha avviato un procedimento di responsabilità nei confronti del ministero della Salute presso il tribunale di Napoli. «Quest'ultimo - si legge - con sentenza del 3 aprile 2018, in pieno accoglimento delle domande avanzate dagli eredi della donna, ha concluso che, anche se la trasfusione venne effettuata nel 1974, quando ancora il virus dell'Hcv non era conosciuto, il ministero della Salute dev'essere considerato responsabile dell'accaduto». «Infatti - si legge ancora - in caso di patologie conseguenti a infezione da virus Hbv dell'epatite B, Hiv dell'Aids e Hcv, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del ministero della Salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all'apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988), atteso che già dalla fine degli anni '60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul ministero della Salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all'anno 1958, l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi». «In applicazione di tale principio», il Tar «ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto il ministero della Salute responsabile in relazione a una infezione da epatite C contratta in seguito a trasfusioni risalenti al 1970». Condannando il ministero al pagamento dei danni.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
13/07/2020 19:38:06


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