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Martina Panini racconta la sua storia: "Ieri ero Marco, oggi sono una donna felice"

Martina è una professionista del make-up e cammina a testa alta; della serie, fatti e non parole

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La storia particolare che andiamo a raccontare non sarà comune nella casistica, ma ci porta inevitabilmente a toccare il tasto dolente della situazione: quello di una cultura di popolo che, pur avendo fatto passi in avanti, a volte ha stentato nell’accettare particolari situazioni, magari per il timore di un severo giudizio da parte della gente e nella convinzione che si trattasse di un attentato alla normalità e all’omologazione. Decenni addietro, qualcuno parlava di dispiacere perchè il figlio voleva farsi prete o perché la figlia voleva diventare suora, poi l’imbarazzo è subentrato per il figlio “gay” o per il figlio che vuole diventare donna. Non per sfizio, ma per consapevolezza: questo l’ostacolo chiave da superare e il magone da digerire. E così è stato anche per la biturgense Martina Panini (Marco alla nascita), che ha dovuto fare i conti – come lei stessa ha detto – con il sesso sbagliato e per giunta con la sordità. Una strada tremendamente in salita, la sua: quando non si è accettati in casa, quando si è derisi e offesi in società e quando si è picchiati da chi dovrebbe aiutarti, basta poco per indurre qualcuno a situazioni di non ritorno. Il grande merito di Martina è stato allora quello di trasformare i suoi presunti handicap in elementi di forza, riuscendo a ribaltare la situazione dalla sua parte. Con difficoltà, con sofferenza, ma anche con tenacia. Oggi, Martina è una professionista del make-up e cammina a testa alta; della serie, fatti e non apparenze. L’evoluzione culturale, almeno negli angoli emancipati del globo, corre per fortuna quanto la tecnologia e quindi la convivenza in un mondo fatto anche di transessuali è divenuta ciò che deve essere: una semplice presa d’atto. Perchè ciò che conta veramente non è la condizione sessuale, ma la capacità di essere risorsa per la società. E Martina ha felicemente dimostrato di esserlo, per questo la consideriamo un simbolo.    

·        Chi è Martina Panini?

“Si parte subito con una bella domanda. Ma facciamo un passo indietro, perché a quei tempi ero Marco. Marco Panini, nato il 24 agosto del 1986 a Sansepolcro. Oggi sono una ragazza, ho cambiato sesso. Una transessuale operata nel 2015 in Tailandia, esattamente nella città di Bangkok. Convivo con una sordità da quando avevo 3 anni, oggi sono una make-up artist e pure consulente d’immagine. Ho frequentato l’istituto d’arte ad Anghiari, dopodiché una laurea breve sul trucco negli anni 2008 e 2009, poi dal 2016 al 2018 uno specifico corso per diventare truccatrice cinematografica”.  

·        Quali ricordi ha della sua infanzia?

“Si dividono un po’ a metà. Ci sono quelli belli, ma anche tanti brutti. Ho trascorso l’infanzia quasi sempre con la mia nonna, poiché i miei genitori lavoravano. Un’infanzia a contatto con gli animali, nella mia piccola fattoria e adoro i gatti. Giocavo con loro anche perché avevo pochi amici: mi rinchiudevo sempre su me stessa, vivevo solo in questa sorta di bolla. Casa, nonna e giardino. C’erano poi le bambole, la mitica Barbie: già sentivo in quei momenti che mi trovavo all’interno di un corpo che non era il mio”.

·        Quando ha capito di essere in un corpo che non le apparteneva?

“All’età di 5 anni. È stato un episodio anche curioso, se vogliamo. Mentre andavo in piscina con la mia amica, per scherzo come talvolta fanno i bambini, le tirai giù i pantaloni e vidi una parte del corpo diversa dalla mia. Da lì capii che io non mi trovavo nel giusto corpo, nel corpo in cui io volevo essere. È iniziato un periodo di sofferenza: iniziai ad indossare abiti femminili e parrucche di lana che realizzavo con le mie mani. Giocavo con le bambole: mia nonna capì fin da subito che non stavo bene con me stesso, mentre la mia mamma era convinta che fosse solo una fase della crescita”.  

·        Questa sua diversità quali problemi le ha creato quando era piccola?

“Voglio sottolineare che le mie diversità erano due: il sentirsi femmina e la sordità. Aspetti che mi hanno portato a subire tanti atti di bullismo, botte e violenza, sia dai miei compagni che dalla logopedista. Questa doppia diversità mi è costata la vita, perché già da molto piccola avevo deciso di suicidarmi. Non riuscivo davvero a vivere, rimanevo in casa per paura di uscire ed essere picchiata. Come detto, stavo quasi sempre con mia nonna perché lei capiva quello che stavo vivendo. Non avevo amici, ma solo persone che mi prendevano in giro: ‘sei una femminuccia’, ‘un frogio’, ‘hai le tette’. Questo è ciò che mi dicevano continuamente”.   

·        Qual è stato e qual è oggi il rapporto con la sua famiglia?

“Adesso sta migliorando, seppure rimanga brutto dall’età di 16 anni, quando i miei genitori non mi hanno più risposto a quelle che erano le mie certezze. Pensavano che fossi malata, tanto da mandarmi dagli psicologi per farmi cambiare idea. Li ho odiati davvero tanto. Mia madre sapeva benissimo che la mia logopedista usava violenza, ma credeva che, utilizzando questi metodi, potessi crescere meglio. In mio padre, invece, vedevo solo un fantasma: non mi ha mai sfiorato con un dito, ma è anche vero che non l’ho mai sentito vicino. Ho ricevuto da loro in parte un sostegno economico, seppure mai quello morale. Mi rifugiavo sempre su mia nonna, nonostante fosse anziana. Ora, da quasi 11 anni, ho intrapreso il percorso di transizione che mi ha portato ad essere una donna, ma debbo dire che il passato non si dimentica. Vorrei che anche i genitori, quando sbagliano, chiedessero scusa”.

·        Quali sono stati gli anni più bui della sua vita e quelli che ricorda con maggiore felicità?

“Il periodo più buio è stato all’età di 5 anni, quando avevo capito chi ero e al tempo stesso iniziarono le prime visite con la logopedista. Sono stati sette lunghi anni, fatti - come detto - di violenza e non solo. Voleva che parlassi bene e che pronunciassi la lettera “erre” in maniera corretta. Non dovevo leggere il labiale e neppure la lingua dei segni, ma parlare e basta: avevo le sedute cinque giorni alla settimana. Solo nel weekend, il sabato e la domenica, ero libera, per cui potevo finalmente vestirmi da femmina e giocare con gli animali; qualche volta mio padre mi portava in bici, o al parco. Sono stati anni davvero duri che pensavo: meglio non fossi mai nata, perchè vedevo solo le botte. Ma ci sono stati anche gli anni belli - pochi a dire il vero - nella mia vita: per esempio, all’età di 22 anni, quando ho intrapreso il percorso che poi mi ha portato ad essere Martina. Mi dissero che la terapia ormonale si poteva fare: per me è stato come salire il primo scalino per raggiungere l’obiettivo. Il 14 febbraio del 2009, giorno di San Valentino, per la prima volta sono uscita vestita da donna, utilizzando anche il reggiseno: ebbi la fortuna anche di ricevere il primo bacio da un uomo. Un desiderio conquistato. Da quel momento in poi, è iniziata una serie di interventi chirurgici che mi hanno portato al cambio di sesso; uno dei più importanti è stato senza dubbio la vaginoplastica. Un altro bel momento è stato quando ho iniziato a lavorare come make-up artist: mi hanno accolto in questo mondo, facendomi sempre sentire me stessa”.

·        Chi è stata la persona che ti ha portato ad essere te stessa?

“Mio zio. Come più volte ho detto, per me lo ‘zio d’America’ esiste davvero. È il fratello di mamma, Marcello, è sempre stato un po’ matto: mi ha portato via con lui negli Stati Uniti, facendomi fare quello che desideravo. Nelle grandi strade americane ho potuto indossare i tacchi liberamente, vestendomi da donna senza pregiudizi. Lui tuttora mi dà la possibilità di lavorare quando vado in America e posso dire con felicità che la famiglia americana mi ha sempre sostenuta in tutto”.

·        Come è nata la passione per l’arte e per il make-up?

“Ho sempre amato l’arte, il colore e le sue sfumature: la mia vita è piena di sfumature. L’amore per l’arte è iniziato all’età di 6 anni, disegnando: mi ha sempre affascinato il mondo dei colori e mi ha spinto a iniziare a truccare mia madre e la vicina di casa. Con il passare del tempo, poi, mi ha portato a guardare la perfezione del viso come se fosse una tela. Mi arrabbiavo quando vedevo che mia madre non era truccata bene e gli davo delle dritte per migliorarsi. Nel 2008, terminati gli studi, iniziai il primo corso ad Arezzo: nel 2009, decisi di cambiare vita e quando ero a Miami iniziai un nuovo studio sulla gestione del colore. Appena rientrata in Italia, poi, ho iniziato a lavorare come make-up artist di brand importanti come Ferragamo, ma anche per altre case di moda. Sono stata a contatto con parrucchieri e modelle nelle sfilate di moda: terminata questa parentesi, ho deciso di aprire in proprio, con tanto di partita Iva, come consulente d’immagine, ma proseguendo anche gli studi che poi mi hanno portato ad essere una truccatrice professionista specializzata nel settore cinematografico”.    

·        Ci può dire quali sono state le cinque emozioni più forti che ha provato nella vita?

“La prima è quando ho avuto l’adrenalina di iniettarmi l’anestesia per farmi il seno nel 2012: ebbi la concezione che il mio corpo stava cambiando. ‘Wow, finalmente ho un seno”. La seconda nel 2015, quando ho alzato le lenzuola nella camera da letto dell’ospedale di Bangkok e ho visto che non avevo più l’organo maschile. ‘La topa!’, ho subito esclamato. La terza aver conosciuto personaggi famosi che mi parlavano con umiltà e tranquillità tanto da farmi sentire esattamente come loro. La quarta, il periodo che ho lavorato con Ferragamo e con le clienti che chiedevano continuamente dei consigli. E infine la quinta: l’emozione di diventare un personaggio; un’icona per diverse persone che non stanno bene nel corpo in cui si trovano. Ma voglio dire che tutte le interviste sono delle emozioni, soprattutto la prima volta a “Freeda”, anche quella che stiamo facendo ora e vi ringrazio per l’interesse”.   

·        Le ha creato problematiche particolari l’essere non udente nella vita?

“Sì, molte! Quando mi hanno diagnosticato la sordità, i miei genitori hanno contattato la logopedista per aiutarmi con il parlato. Mi mancavano proprio le parole. Erano i momenti più brutti e non riuscivo a capire il motivo per il quale mi picchiava, invece che farmi stare tranquilla. Questo problema non mi ha aiutato nel mondo del lavoro, perché non riuscivo a capire le persone girate di spalle. Problematiche le ho avute e le sto avendo anche in questo momento con l’emergenza Covid-19: indossando la mascherina non riesco a leggere il labiale delle persone; proprio per questo, l’ideale sarebbe realizzarla con uno spazio trasparente sul davanti”. 

·        Quali sono le tre cose che detesta in una persona?

“Il razzismo, il pregiudizio di una persona diversa e l’incoerenza: queste non le sopporto proprio, perché io mi reputo una persona sincera”.

·         Secondo il suo parere, i transessuali oggi rimangono sempre discriminati?

“Purtroppo, nel mondo le persone transessuali vengono discriminate perché ritenute diverse: vediamo il corpo come una religione che in realtà non esiste. Esiste solo l’essere se stesso. Non facciamo male a nessuno, mentre capita di essere picchiati oppure molestati. Questa è la cosa che fa male e capita di essere discriminati anche nel mondo del lavoro. Vogliamo con noi persone che siano coerenti. Posso dire che ho avuto anche contatti da persone eterosessuali per andare a letto con loro, talvolta disposte pure a elargire denaro pur di non raccontarlo alla moglie. Ho chiaramente sempre rifiutato, attaccando immediatamente il telefono, ma sono aspetti che mi irritano molto. A prescindere dal sesso, siamo sempre delle persone: conta apprezzare, conoscere e amare”.

·         Parole come bullismo o femminicidio le fanno paura?

“Molta paura, soprattutto la parola bullismo perché i bulli lo fanno apposta: credono di avere il potere di offendere liberamente le persone. E il bullismo lo intendo nei confronti di tutte le persone che per vari motivi vivono una diversità; mi riferisco, per esempio, anche a coloro che soffrono di anoressia oppure di obesità. Ma c’è anche il femminicidio che fa paura: persone che utilizzano la violenza come se fosse un’arma; la donna non è una proprietà privata, né tantomeno un oggetto. Sono persone e, come tali, vanno rispettate”.

·         Lei è mai stata vittima di episodi di bullismo?

“Si, quando avevo 4 anni. Ero agli inizi dell’asilo ed ero già sorda: la mia maestra mi picchiava per questo ma anche perché avevo atteggiamenti femminili, mentre voleva che mi comportassi da maschio. Dovevo interagire con loro, ma avevo già perso il parlato. Con gli altri. I bambini mi prendevano in giro, mi davano calci, mi isolavo e lo faccio ancora oggi, nonostante siano passati 30 anni. Nel parco c’era una cisterna del pozzo e io trascorrevo i pomeriggi lì, sola, a piangere. Poi c’è stato un periodo di black-out: la lunga parentesi con la scuola. È stata davvero dura, perché i miei compagni mi prendevano in giro e mi offendevano continuamente, facendomi anche dei dispetti. Arrivarono addirittura ad attaccare un cartello dentro una discoteca del posto con la scritta ‘Marco Panini frogio’. Una situazione che mi ha portato a sprofondare in un periodo di depressione che ancora oggi sto vivendo”.   

·         Quanto è importante nella vita il suo attuale lavoro?

“Non importa quanti clienti avrai, ma quanto amore dai per il tuo lavoro. Molto importante, dover far belle persone con il trucco sentendosi poi loro stesse. Vorrei aiutare le persone in difficoltà a sentirsi sé stesse. Il mio lavoro comprende anche lo stato morale delle persone, per spingerle a superare i blocchi mentali: se sei empatica questo lo puoi fare. Un lavoro che mi ha portato in giro per il mondo, a conoscere persone di etnie e pelle diversa: è sempre un piacere capire quali meccanismi ci vogliono per truccare una persona, scegliendo sempre la giusta tonalità del colore”.   

·        Essere un consulente d’immagine la porta a conoscere tante persone: ha dei ricordi particolari che racconta con piacere?

“Diciamo di sì. Soprattutto con le spose, essendo sicuramente uno dei giorni più importanti nella vita. Amiche, e non, mi chiedono consigli e consulenze per il grande giorno. Però, non conta solo l’essere brava a truccare: bisogna anche riuscire a diffondere una certa stabilità mentale. Un altro bel ricordo è il corso di auto trucco che organizzai in febbraio a San Giustino; ne avevo altri in programma, ma ci siamo dovuti fermare per l’emergenza Covid-19. Quel corso mi ha dato la voglia di affrontare le paure che avevo di non parlare al meglio, di non riuscire a utilizzare frasi o parole professionali. Sono una persona semplice e concreta. Ho visto le mie allieve sorridenti, erano anche loro emozionate nel vedermi come una persona da stimare. Per loro sono una persona famosa, ma io alla fine sono una persona normale”.

·        Il suo lavoro la porta a viaggiare e spostarsi molto: pensa che questa sarà la sua attività per tutta la vita, oppure ci sono anche altri sogni nel cassetto?

“La vita è imprevedibile e i sogni nel cassetto sono tanti. Per esempio, aprire un’accademia per diventare make-up artist ospitando le mie allieve. Una scuola aperta a tutte le persone con diversità: coloro che hanno problemi di deambulazione, chi è non vedente e coloro che non possono farlo con le mani. Ma c’è anche il sogno di avere un marchio proprio nel settore della cosmetica: se non dovesse andare in porto, c’è sempre la possibilità di diventare un interior design. E qui mi riallaccio ai miei studi alle scuole superiori e alla passione per l’arte. La mia vita mi ha portato a conoscere tanti mestieri, concretizzando gli studi in un qualcosa che mi piaceva. Le cose o le sai, oppure vanno imparate. Sono molto attiva anche nei social e proprio per questo sono arrivata a conoscere tante persone”.

·         Lei oggi è una donna a tutti gli effetti: le piacerebbe un giorno avere una famiglia e dei bambini?

“Il mio sogno precedente era quello di avere tre figlie femmine: con un marito o senza, non mi cambiava molto. Non ho mai avuto relazioni durature a causa del mio carattere forte. In questo momento di Covid-19, non ci penso ad avere una famiglia o dei figli: ho bisogno di stare serena, tranquilla e avere una stabilità economica. Se devo avere un figlio, per lui devo dare il massimo: ci vuole attenzione e non posso trascurarlo come invece i miei genitori hanno fatto con me. Se dovesse arrivare un figlio ben venga, ma sono del parere che non è un giocattolo e al tempo stesso non può escludere altri rapporti. Vedo che all’arrivo di un figlio molte famiglie tendono ad interrompere rapporti con l’esterno, o con altri soggetti: non credo che questa sia una giusta cosa”.

·        Cosa consiglia alle persone che come lei non stanno bene nel corpo in cui sono nati? Di avere coraggio e andare avanti?

“Sì e dico che la vita è una sola e va vissuta con i pro e i contro. In tutti i modi. Esistono persone cattive con comportamenti da bullo nei nostri confronti: questo, alla fine, non è un problema nostro, ma loro. La vita farà il suo corso. Pensiamo a noi stessi: sono nata per vivere, non per fare qualcosa ad altri. Si nasce una volta sola: siamo nati soli e moriremo soli. Felicità è sentirsi realizzati, avere il coraggio in tutto e su tutto. Dico di avere la perseveranza e la costanza di arrivare fino in fondo, con o senza intervento: l’importante è che quella persona deve sentirsi sempre se stessa. Io, per esempio, metto i tacchi anche se sono già alta: io sono Martina, tu sei tu”.

·        Dove sta la differenza tra fare make-up e una consulente d’immagine? 

“La differenza sta nel truccare e nell’imparare a truccare. Fare make-up significa truccare una persona per come vorrebbe o come la vedo io. Utilizzare le mie mani nel suo viso come se fosse una tela. La consulente d’immagine, invece, è un percorso di studi che ti insegna come truccarti utilizzando sempre le giuste tonalità cromatiche. I colori della vita”. 

·        Quanto è importante la vita per lei?

“La vita è un libro che devi riempire, ci sarà sempre la pagina bianca. La mia vita è essere strega, amare la natura e aiutare le persone. La mia vita è stata tolta con tanta sofferenza da due cose che non ci dovevano essere: la sordità e il sesso sbagliato. Ma al tempo stesso penso che senza questo la mia vita non avrebbe avuto un senso. L’ho affrontata con coraggio e perseveranza: sono cresciuta con una vita infernale, ma al tempo stesso ho avuto – attraverso tanti sacrifici – la possibilità di viverla come voglio io. Ascolto sempre me stessa”. 

Davide Gambacci

Davide Gambacci
© Riproduzione riservata
13/10/2020 16:34:24


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