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Berlino apre l’aeroporto Willy Brandt, dopo 8 anni di ritardo

Oggi l’inaugurazione del Ber, domani i primi voli

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Nel pieno della pandemia e con il Paese in lockdown, la Germania dopo 8 anni di ritardi apre il Ber, il Willy Brandt, l’aeroporto di Berlino-Brandeburgo. Dal 1 novembre atterreranno i primi voli nello scalo intitolato all’ex cancelliere, dopo un’attesa di nove anni rispetto al progetto originario. E 4 miliardi di euro di costi extra rispetto al budget pianificato, lievitato a dismisura nel frattempo. Ironia della sorte, lo scalo forse non poteva aprire in un momento diverso, vista la storia travagliata che ha vissuto. Intanto, ha già chiuso l’aeroporto di Schönefeld – classificato il peggiore al mondo da eDreams nel 2017 –, mentre l’8 novembre spegnerà le torrette di controllo quello di Tegel, lo scalo posticcio diventato definitivo, per lasciare posto al sito che diventerà l’unico hub della capitale tedesca. 

Il Ber inaugura oggi, sabato 31 ottobre, con l’avvio del Terminal 1. Il sito è di 1.470 ettari nella regione di Schönefeld, a sud-est di Berlino. Punta a diventare un aeroporto all'avanguardia, e con il passare delle settimane aprirà collegamenti con destinazioni a lungo raggio. Ma, certo, i ritardi hanno finito per danneggiare il progetto nel complesso. E il periodo di pandemia non aiuta: il Consiglio internazionale degli aeroporti, ACI, martedì scorso ha avvertito che quasi 200 aeroporti in tutta Europa rischiano di fallire entro pochi mesi, con un traffico passeggeri in calo del 73% rispetto all’anno scorso. Il Willy Brandt di Berlino-Brandeburgo (BER) ha già ricevuto 300 milioni di euro di aiuti di Stato, senza il trasporto di un solo passeggero finora.

Gli anni di attesa e rinvii

La costruzione del Willy Brandt è iniziata nel lontano 2006, anche se l’idea di avere un grande hub che servisse la città è nata poco dopo la riunificazione, nei primi anni ‘90. A quel tempo, e fino al 2008 quando è stato dismesso Tempelhof (trasformato poi in un bellissimo parco), gli aeroporti erano tre: Tegel "Otto Lilienthal", Schoenefeld, e appunto il più centrale Tempelhof. Da anni, però, la capitale tedesca soffriva di sovraffollamento e poca efficienza degli aeroporti rimasti, troppo piccoli e trafficati. Per questo, il Ber era atteso con urgenza, e invece di pazienza ce n’è voluta molta. E anche i soldi non sono bastati rispetto alle previsioni iniziali: 2,83 i miliardi dell’epoca previsti (oggi sarebbero 3,1 miliardi), mentre il conto finale è montato a 7,3 miliardi. E’ stata una serie di problemi tecnici non da poco, come ad esempio la scarsa sicurezza dei piani anti-incendio, a far tardare l’inaugurazione, che domani comunque e a causa del Covid-19 non si terrà nelle modalità previste, in pompa magna con le autorità e la cancelliera Merkel. Disguidi di tipo strutturale e architettonico, un progetto difettoso fin dall’inizio, falle di progettazione di scale mobili, soffitti e biglietterie: una storia un po’ all’ìtaliana, quella del willy Brandt, che avrebbe dovuto essere battezzato nel 2012. La festa è stata spostata al 2014, poi al 2016, ma all’epoca lo scalo sarebbe stato completato solo per il 57%. Alla fine, le autorità hanno rinunciato a dare una data. Domani, con il Paese in lockdown, pochi si accorgeranno di quello che è davvero un evento: il Ber taglia il nastro, pronto ad accogliere oltre 40 milioni di passeggeri sul Terminal 1, il Terminal 5 e il Terminal 2 (che aprirà nella primavera del 2021). Ma la pandemia pone limiti anche qui: e infatti i passeggeri saranno solo 11.000 il primo giorno, il 1 ° novembre, e solo 24.000 la settimana prossima. Per farci un giro e vederlo pienamente operativo, bisognerà attendere ancora. E’ il destino del Ber. 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
31/10/2020 06:24:27


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