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Mondo Economia: intervista a Elisabetta Bragagni Capaccini

Imprenditrice di successo é amministratore delegato della Tratos spa

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È amministratore delegato all’interno della grande azienda di famiglia, la Tratos spa ed è anche vicepresidente dell’Associazione Industriali della provincia di Arezzo. Giovane e dinamica, Elisabetta Bragagni Capaccini ha già assunto un ruolo importante all’interno di una fra le realtà imprenditoriali che esaltano in Italia (e non solo) il nome di Pieve Santo Stefano e della Valtiberina.  

In che modo l’avvento del Covid-19 ha modificato l’impostazione dell’attività di Tratos?

“Abbiamo concentrato buona parte delle nostre energie nella gestione del personale: fra casi positivi e necessità di effettuare i tamponi anche per i parenti, abbiamo cercato di dare il nostro supporto ai dipendenti e alle loro famiglie. Ciò che si è notato sono state le ripercussioni psicologiche su gente che voleva risposte veloci. Abbiamo allora fatto l’accordo con un laboratorio privato che nell’arco di un giorno esegue tutto: oltre alle nostre maestranze, vi si possono recare anche i relativi familiari. Abbiamo fatto un ragionamento, in base al quale siamo arrivati alla conclusione che fosse meglio venire incontro a tutti e farsene carico anche dal punto di vista economico”.

Da vicepresidente di Assoindustria Arezzo, quali sono i settori che hanno risentito di più di questa situazione e vi sono aziende che rischiano di chiudere?

“Senza dubbio, le conseguenze più rilevanti sono ricadute sui cosiddetti prodotti di lusso e sui beni che in questo periodo sono da considerare secondari, quindi gioielli e abbigliamento. Anche perché se i negozi sono chiusi e la gente non esce e non fa vita sociale, è chiaro che così debba andare a finire. Ma soprattutto, il risvolto più negativo in assoluto è la paura del domani che sta sempre più emergendo: le persone si limitano quindi a spendere solo per fare la spesa e per i prodotti essenziali. Mi dispiace per i quei giovani della mia generazione, che sul piano lavorativo hanno già sofferto e che continuano a soffrire anche adesso. Tutte opportunità che stanno sfumando per persone che hanno studiato molto al fine di crearsi una posizione e che invece debbono lottare per strappare uno stipendio anche basso. Per ciò che riguarda la “salute” delle aziende e i pericoli di chiusura, in attesa di un quadro più preciso della situazione posso affermare che aziende nostre concorrenti nel settore della produzione di elettricità hanno registrato cali di fatturato intorno al 20-30%”.

Per motivi di lavoro, lei è costretta a recarsi all’estero, soprattutto in Inghilterra, dove Tratos possiede un’altra azienda. Che situazione ha trovato rispetto all’Italia?

“Ero stata in Inghilterra a marzo e vi sono tornata appena due settimane fa, trovando un aeroporto “Heathrow” di Londra completamente deserto e con un solo volo di collegamento con l’Italia. Si respira purtroppo un’aria di miseria: negozi di grandi marche chiusi, un bar su dieci che rimane aperto e un flusso di gente alquanto ridotto su un luogo notoriamente vitale. Per ciò che riguarda il rispetto delle disposizioni, noi italiani siamo molto più disciplinati anche di quello che pensiamo di essere e dico che non possiamo recriminare su nulla, perché abbiamo dimostrato di essere forti anche nel rimanere chiusi. In Inghilterra, dove evidentemente sono più fatalisti, c’è meno attenzione, come per esempio nell’uso delle mascherine: se da noi è obbligatorio, lassù è consigliato, ma vale anche per le norme di sicurezza. Tutto è più flessibile, fino a quando non succede qualcosa: allora ti vengono a cercare con una certa rigidità”.

La decisione in marzo di continuare l’attività, nonostante le prese di posizione dei sindacati, si è rivelata poi azzeccata?

“Quando quella domenica di mesi addietro presero la decisione di stilare il codice Ateco, vidi sulle prime mio padre (Albano Bragagni n.d.a.) disperato, anche se fu questione solo di ore, perché poi passammo dallo sconforto alla riflessione, convenendo sul fatto che dovessimo continuare perché la nostra attività rientrava fra quelle essenziali. I fatti ci hanno dato ragione. Avremmo potuto optare per una cassa integrazione della durata di due settimane, poiché si sosteneva che in questo lasso di tempo sarebbe finito tutto, ma poi ci siamo resi conto che non sarebbe stata questione di settimane. I dipendenti si sono dimostrati collaborativi e ci hanno appoggiato, anche perché con la nostra azienda c’è sempre stato un rapporto speciale: se andiamo infatti a vedere lo storico, sono molti coloro che hanno trascorso l’intera vita lavorativa in Tratos, entrando da giovani e arrivando fino alla pensione, salvo i pochi casi di persone che ci hanno lasciato perché magari sono stati assunti nel pubblico impiego”.

Un bilancio del 2020 e come si prospetta il 2021?

“Per ciò che riguarda l’anno oramai prossimo alla fine, abbiamo vissuto mesi di apprensione: i cantieri erano bloccati e l’attività in Inghilterra aveva subito rallentamenti. Ci siamo francamente un tantino spaventati, poi in luglio e agosto è avvenuta la ripartenza, grazie al lotto sostanzioso con Telecom e con Ferrovie, poi al lavoro commissionato da Eni. Un recupero che ci permette di chiudere soddisfatti, alla luce di quanto successo, perché comunque non abbiamo compiuto un passo indietro. Relativamente al 2021, abbiamo progetti nuovi da iniziare, vedi la produzione di cavi in fibra di carbonio risultato di un’accurata ricerca e per i quali abbiamo vinto una gara con Terna, poi ci siamo aggiudicati un primo lotto di gara per il cavo ottico con Ferrovie e stiamo investendo sull’alta tensione con un linea nuova”.

Cosa dovrà verificarsi per guardare con ottimismo a una ripresa dell’economia?

“Credo che la pandemia ci abbia intanto fatto rivalutare un sacco di cose: è stata un acceleratore di processi e un’occasione per fare valutazioni e ripensamenti sul da farsi. Chi ha perso tanto, dovrà mettersi in moto per recuperare terreno: il 2021 lo aiuterà, ma difficilmente penso che si tornerà in pari prima del 2022. L’uscita del vaccino potrà accelerare l’iter e penso che in marzo si potranno captare i primi miglioramenti, anche se l’imprenditore deve sempre vedere il sereno ed essere ottimista. L’esempio è quello di mio padre, che non solo guarda sempre alla classica parte mezza piena del bicchiere, ma che anche nelle situazioni negative riesce a estrapolare l’elemento di positività. Per me e per tutti, il suo è un grande insegnamento”.       

Redazione
© Riproduzione riservata
03/12/2020 09:18:25


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