'Ndrangheta: decine di arresti, perquisita la casa del segretario Udc, Lorenzo Cesa
“Estraneo ai fatti, mi dimetto”. Ai domiciliari l'assessore calabrese Talarico
Mentre è in corso il maxi processo contro la ‘ndrangheta «Rinascita Scott» che vede alla sbarra nella maxi aula bunker di Lamezia Terme più di 350 persone, è scattato un altro blitz contro la malavita calabrese. Che affonda gli artigli investigativi sulle famiglie mafiose tradizionali della provincia di Crotone e che però tocca pesantemente pezzi della politica regionale e nazionale. Tredici persone in carcere, 35 ai domiciliari, 49 indagati. Le accuse, a vario titolo, sono di intestazione fittizia di beni, associazione mafiosa, riciclaggio, turbativa d’asta. Le indagini avrebbero svelato movimentazioni illegali di denaro per circa 300 milioni di euro. La procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ha disposto ingenti sequestri di beni tra conti correnti, automobili e quote di capitali aziendali.
E’ agli arresti domiciliari da stamattina l’assessore al bilancio della Regione Calabria Francesco Talarico, uomo forte di Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, anche lui indagato. La sua casa a Roma è stata perquisita stamattina dagli investigatori della Dia guidati dal capocentro Maurizio Vallone.
La dichiarazione di Cesa
Le accuse sarebbero di voto di scambio politico mafioso. «Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017», conferma Cesa in un comunicato. «Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell'operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato», annuncia.
L’inchiesta
Nel mirino della procura di Catanzaro sono finite le famiglie mafiose di élite del Crotonese, a cominciare dai Grande Aracri, noti anche per le profonde ramificazioni in Emilia Romagna e in Veneto, e protagonisti - sia in Calabria sia al centro Nord – di numerose scalate imprenditoriali, una mafia fluida, fatta di colletti bianchi, professionisti, in grado di entrare nelle stanze del potere con una facilità impressionante. Poi gli Arena, i Bonavenura, e tra questi cartelli della malavita e funzionari delle pubbliche amministrazioni e del mondo politico.
Il denaro sequestrato
In una nota Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia, comenta: «I soldi sequestrati tornano nelle casse dello Stato, ed è un reale recovery fund che deve essere sempre attivo. Un plauso sincero a questo immane sforzo investigativo che la Commissione Antimafia ha potuto seguire grazie al lavoro del suo ufficiale di collegamento Dia, colonnello Luigi Grasso». Questi arresti, conclude Morra, «dimostrano che lo Stato non solo è presente, ma è anche più forte e tenace».
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