Caso Moro, nuova inchiesta a Roma: perquisito l’ex brigatista Persichetti
Le ipotesi di reato sono l'associazione sovversiva finalizzata al terrorismo e il favoreggiamento
Sviluppi nella nuova inchiesta sul «caso Moro» aperta dalla procura di Roma: i magistrati hanno ordinato la perquisizione in casa dell’ex brigatista Paolo Persichetti. Secondo quanto filtrato dagli ambienti investigativi, sarebbe sotto inchiesta per aver divulgato materiale riservato destinato alla Commissione parlamentare d’inchiesta. Le ipotesi di reato sono l'associazione sovversiva finalizzata al terrorismo e il favoreggiamento. Al centro della nuova inchiesta, che fonda su un'informativa della Digos del 9 febbraio scorso, la divulgazione di materiale riservato «acquisito e/o elaborato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro e l'omicidio di Aldo Moro», si spiega nel decreto firmato dal sostituto Eugenio Albamonte insieme al procuratore Michele Prestipino. Da qui la perquisizione all'ex terrorista, che oggi è un ricercatore storico, autore tra l'altro di diversi libri proprio sul caso Moro, per individuare i canali attraverso i quali sarebbe entrato in possesso del materiale riservato e «i circuiti attraverso i quali detto materiale è venuto nella disponibilità di terze persone presso le quali la polizia giudiziaria ne ha accertato la disponibilità».
Negli Anni 80, nelle Brigate Rosse-Unione dei Comunisti, compagno di «esilio» a Parigi con Cesare Battisti, Oreste Scalzone e tanti altri fuoriusciti italiani, Persichetti è stato il primo ex terrorista estradato in Italia dalla Francia. Il suo fu un caso giudiziario e politico. Nel 1993 Persichetti venne arrestato a Parigi, dove era arrivato legalmente prima della condanna in contumacia a 22 anni per banda armata e concorso morale nell'omicidio del generale Licio Giorgieri. Venne arrestato e liberato dopo 14 mesi, grazie all'intervento del presidente francese François Mitterand, e, nonostante alla fine il governo Balladur avesse deciso a favore della sua estradizione in Italia, a stopparne l'esecuzione fu l'arrivo all'Eliseo di Jacques Chirac, contrario a rimettere in discussione la dottrina Mitterrand. La vicenda si chiuse quasi dieci anni dopo: il 24 agosto del 2002, dopo essere stato fermato dalla polizia francese, l'ex Br venne consegnato nel corso della notte alle autorità italiane sotto il Tunnel del Monte Bianco in virtù di quell'estradizione concessa ma mai eseguita.
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