WhatsApp e Instagram sanno tutto: cosa accade con i nostri dati
La nostra privacy è ridotta al minimo
Noi non ce ne accorgiamo ma WhatsApp e Instagram, ovvero le app di messaggistica e di condivisione delle immagini più famose ed utilizzate al mondo, raccolgono una marea di informazioni che poi "girano" a Facebook.
Cosa sanno di noi
Inutile scervellarsi su come limitare o chiudere la privacy, questa pratica può andar bene per non essere spiati tra utenti ma non quando si tratta di informazioni che vengono acquisite di default: tipologia del dispositivo, versione del sistema operativo ed aggiornamento dell'app, tipologia di rete con la quale si è connessi ad Internet fino al numero di chiamate e le funzionalità legate alle "storie": tutte queste informazioni WhatsApp può condividerle con Facebook se necessario. Mark Zuckerberg, dopo aver fondato il social più famoso al mondo, è proprietario dell'app scaricata da oltre 2,5 miliardi pe
Crittografia end to end ma...
L'unico momento di privacy, per così dire, lo abbiamo nel momento in cui scriviamo o mandiamo un audio vocale ad un altro utente: la crittografia end to end, letteralmente da un estremo all'altro, è un sistema di comunicazione cifrata nel quale solo le persone che stanno comunicando possono leggere i messaggi. In principio, essa evita che terze parti, compresi gli Internet Service Provider e i gestori delle reti di telecomunicazione, possano leggere o alterare i messaggi scambiati tra due persone. In pratica, agli intermediari non è consentito l'accesso alle chiavi di cifratura, evitando così tentativi di sorveglianza o alterazione dei messaggi scambiati. Grazie alle conversazioni crittografate, quindi, la company americana non può entrare in possesso dei contenuti scambiati tra i diversi utenti ma tutti gli altri dati sono a disposizione dell'azienda di Zuckerberg. Tra gli altri dati rilevanti anche il numero di messaggi scambiati e di telefonate intercorse, così come la loro durata e frequenza.
Una lista "inquietante"
A un decennio dall'esplosione dei social network, c'è un assioma che sembra aver preso corpo: più l'azienda è grande, più dati avrà raccolto. Viceversa, più dati ha già raccolto, più conosce il loro valore in termini di profilazione e vendita di spazi pubblicitari, più dati chiederà ai propri utenti. WhatsApp si difende dicendo di condividere informazioni con Faceboook quando "è necessario allo scopo di promuovere sicurezza, protezione e integrità": questo significa che Facebook verificherà se un utente di WhatsApp sta utilizzando altri servizi di come Instagram o Fb stesso. Comunque, l'app di messaggistica afferma di non fornire informazioni personali all'azienda di Zuckerberg per fornire annunci targettizzati.
Cosa accade con Instagram
Instagram, se possibile, fa ancora peggio di WhatsApp: i cosiddetti DM, cioè i Direct Message, messaggi privati che arrivano sulle chat tra due o più utenti, possono essere letti da Facebook. Come "ammette" la stessa app - e come abbiamo scritto in passato - , Instagram dichiara di raccogliere tutte le informazioni e i contenuti forniti: ciò significa che quando ci si registra con un account, si creano contenuti, si condivide qualcosa o si parla privatamente con qualcuno, le informazioni saranno sempre salvate e archiviate. Come riporta Il Messaggero, poi, a disposizione dell'azienda ci sono tutti i metadati, un insieme di informazioni sui dati come i luoghi dove gli utenti decidono di condividere uno scatto, le date di creazione dei file e le cose riprese dalla fotocamera. L'app raccoglierà anche informazioni su persone, pagine, account, hashtag e gruppi a cui gli utenti son iscritti. E sono processate anche le informazioni di contatto come la rubrica, il registro delle chiamate o la cronologia degli sms. E poi, come accade con WhatsApp, vengono salvati i tipi di contenuti visualizzati o con cui si può interagire, con quale frequenza e per quanto tempo oltre alle transazioni (acquisti online) che si fanno. Ecco perché, spesso e volentieri, su Facebook ed Instagram troviamo pubblicità ad hoc su numerosi prodotti di nostro interesse. Insomma, in realtà ci accorgiamo, eccome, di come vengono utilizzati i nostri dati e come viene "spiata" la nostra privacy: fin quando però avremo un account attivo, vuol dire che ci va bene così.
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