Rubrica Lettere alla Redazione
No alla Diocesi unificata con Città di Castello
Una scelta non fattibile tra due regioni
Ho letto con stupore l'articolo con il quale si apprende che varie associazioni cattoliche di Città di Castello lanciano l'idea di una Diocesi unificata tra Città di Castello e Sansepolcro, ovvero con i sette comuni della Valtiberina Toscana. Il nome sarebbe Diocesi dell'Altotevere.
Il Vescovo Cancian andrà in pensione e da diverso tempo si paventa l'ipotesi di unificare Città di Castello con Gubbio ma questo ai tifernati non va giù. Allora che si fa? Uniamo quei poveri toscani già umiliati per la perdita del vescovo molti anni fa e facciamo una diocesi unica così Città di Castello si salva dalla chiusura.
Ma non credo sia fattibile tra due regioni questa scelta. Se così fosse io propongo di riaprire la Diocesi di Sansepolcro togliendola da Arezzo (no comment!) e riapriamo la diocesi come una volta quando arrivavamo in Romagna (Santa Sofia, Galeata, Verghereto ecc) se si può unificare Umbria e Toscana perché non Toscana e Romagna?
Mi rendo conto che se andasse in porto la chiusura di Città di Castello per i tifernati sarà una grossa perdita come lo è stato per Sansepolcro ma non ci accorgiamo adesso che esiste Sansepolcro solo per conquistare e mai per dare perché nei secoli è sempre stato così.
Perdere la titolarità di una diocesi per una città è un disastro, la lontananza di un vescovo fa perdere smalto, prestigio, fa perdere il contatto umano con il pastore, si perde la vicinanza di chi ti dovrebbe ascoltare nei momenti bui, i fedeli in qualche modo si sentono abbandonati e tutto ricade sui sacerdoti che con spirito di sacrificio mandano avanti tutto quello che la chiesa può dare e offrire ai fedeli ad una città. Ho sempre sostenuto e tutt'ora sostengo che per Sansepolcro la chiusura della diocesi è stata una catastrofe e se ne vedono a distanza di anni le conseguenze in tutte le sue sfaccettature e soprattutto nel territorio così vasto e messo male come quello della Valtiberina Toscana.
Sicuramente a Roma hanno altre idee che non combaciano con quelle della gente, si pensa solo a chiudere ad ingrandire le diocesi, ma questo porta inevitabilmente a disconoscere la vita reale dai tavoli decisionali una molto diversa dall'altra. La vita reale non è quella che vivono a Roma nei palazzi del potere religioso è molto diversa ma forse non importa nulla a nessuno importante avere potere sempre maggiore all'interno di diocesi enormi che assomigliano più ad un grande ufficio amministrativo che ad una istituzione che deve rimanere vicino alle persone che sono in difficoltà vicino ai propri territori alle proprie pecore dove i lupi in agguato possono fare danni seri e non più risolvibili.
Bruno Tredici
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