“Sta per morire”: pressing su Al-Sisi per Fattah
L’attivista ha aggiunto allo sciopero della fame quello della sete
La vita di Alaa Abdel-Fattah, uno dei più noti attivisti egiziani per i diritti umani, è appesa a un filo dopo che allo sciopero della fame ha aggiunto quello della sete, un filo che si intreccia alla Cop27, in corso in questi giorni in Egitto, dove si moltiplicano gli interventi in sua difesa. Il Paese ospite è sotto pressione: dopo gli appelli del presidente francese Emmanuel Macron e del premier britannico Rishi Sunak, anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz e l'Onu hanno esortato il presidente egiziano a rilasciare il suo temuto prigioniero politico: 40 anni, molti trascorsi attraversando più volte le porte del carcere, doppia cittadinanza egiziana e britannica, Fattah è in serio pericolo di vita dopo sette mesi di sciopero della fame, al quale da domenica, giorno di apertura del vertice sul clima, ha aggiunto quello della sete.
La famiglia ha chiesto invano di avere una qualunque prova del fatto che sia ancora vivo ma da giorni non ha notizie certe. Mentre i timori per la sua vita crescono di ora in ora i Grandi riuniti a Sharm per condividere le sorti del pianeta di fronte al riscaldamento globale si ritrovano testimoni di un imbarazzante 'affaire' di diritti umani. A difendere le sorti di Alaa Abdel-Fattah è giunta a Sharm anche la sorella ventottenne Sanaa Seif, anche lei con doppia cittadinanza egiziana e britannica, regista e attivista, anche lei già arrestata e rilasciata più volte. L'ultima volta il 23 dicembre 2021, scarcerata dopo aver scontato una condanna a 18 mesi per «divulgazione di notizie false tramite i social media» e «offesa a un pubblico ufficiale», tre giorni dopo la condanna del fratello a cinque anni per diffusione di notizie false.
«Nostra madre ha passato tutta la giornata di ieri fuori dalla prigione cercando di ottenere una qualsiasi prova che Alaa sia ancora in vita. Ma la sera le hanno detto che lui si rifiuta di scrivere», ha detto in una conferenza stampa, interrotta dalle grida di un deputato pro-Sisi, Amr Darwish. «Stiamo parlando di un cittadino egiziano detenuto comune, non di un detenuto politico, non cercate di usare l'Occidente contro l'Egitto», ha detto Darwish prima di essere accompagnato fuori dalle forze di sicurezza delle Nazioni Unite. Tutta la famiglia si sta dando da fare tra Londra e Il Cairo per ottenere notizie e premere per il rilascio, o almeno per la sua estradizione nel Regno Unito, affinché possa essere processato in quel Paese. «Siamo fortunati ad avere tante persone che difendono Alaa e parlano di lui e quindi forse può essere salvato. Ma il tempo – ha concluso Sanaa – sta finendo».
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