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Clarisse Crémer: “Fatta fuori dal giro del mondo perché mamma”

La denuncia della velista francese che al Vendée Globe 2020/21 era arrivata 12esima

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Clarisse Crémer è una velista oceanica francese che al Vendée Globe 2020/21, il giro del mondo non stop in solitaria, una maratona dei mari ritenuta una delle regate più dure, si era piazzata 12a, combattendo contro venti e onde per 87 giorni 2 ore, un tempo che le ha dato il primato dell’edizione più veloce mai compiuta da una donna. Crémer è anche una mamma, ha avuto Mathilda lo scorso novembre. E perché mamma, denuncia, ora è stata lasciata “a terra” dal suo sponsor Banque Populaire, perché “non vuole correre il rischio che io non riesca a qualificarmi per l’edizione 2024”.

Clarisse, che avevamo seguito nell’ultimo giro del mondo con grande simpatia, per il suo valore sportivo e per il suo appeal mediatico (bellissimi i suoi video), esprime con un lungo post la sua delusione e amarezza. Anche per le regole imposte dall’organizzazione del Vendée Globe. “Oggi le regole vietano alla donna di avere un figlio”, scrive. 

“Cosa significa uguaglianza? E poi deplorano il fatto dello scarso numero di donne sulla linea di partenza...”.

Ecco la sua denuncia.

"Ho dato alla luce nel novembre 2022 una bambina. Anche se nulla mi ha obbligato a farlo, avevo informato il mio sponsor Banque Populaire nel febbraio 2021 del mio progetto materno e familiare. Mi hanno comunque scelto per il Vendée Globe 2024 e hanno comunicato il nostro impegno reciproco nell'autunno del 2021.

Venerdì scorso ho saputo che Banque Populaire ha deciso di sostituirmi. Per loro decisione, e nonostante la mia costante volontà, non sarò al via del Vendée Globe 2024.

Le regole del Vendée Globe per l'edizione 2024 richiedono a tutti gli skipper di competere in base al numero di miglia coperte durante la regata. Su questo criterio, ovviamente, sono rimasta indietro rispetto agli altri concorrenti, questa maternità mi ha impedito per un anno di essere presente alle gare di qualificazione.

Oggi Banque Populaire decide che questo rappresenta per loro un "rischio" che alla fine non vogliono correre.

Sono sotto choc. Ho altri progetti avviati molto più di recente, invece, che continuano senza che nessuno batta ciglio. Mi mancano 2 stagioni complete e 4 regate transatlantiche per tornare al livello necessario per competere, ero completamente attrezzata per raggiungere la mia ripresa fisica il prima possibile.

Ma per Banque Populaire sarebbe stato come "lasciare che il destino scegliesse per loro" e che loro "devono" essere allo start del Vendée Globe. E’ singolare che siano pronti ad assumersi il rischio di (sponsorizzare) un trimarano gigante e di tutti i pericoli naturali, tecnici e umani associati alle regate d'altura, ma non quello della maternità.

Se oggi le regate d'altura esistono è perché gli sponsor le scelgono come mezzo di comunicazione e le utilizzano per raccontare grandi storie sportive e quindi, a priori, umane. Sono in totale incomprensione (letterale: meglio forse disaccordo) di fronte alla storia che questo sponsor ha scelto di raccontare oggi: “Il Vendée Globe, a tutti i costi».

Anche l'organizzazione del Vendée Globe si accontenta di "scusarsi” con me", ma dice che "non può fare nulla". E’ l’organizzazione che scrive le regole. Ricordo loro che 4 anni fa sarei stata automaticamente selezionata come finisher (velista che ha finito la regata) della precedente edizione (per capire: avendo finito un Vendée, le regole le consentivano di essere automaticamente qualificata all’edizione seguente e di non dover qualificarsi partecipando a regate e macinando ulteriori miglia, ndr). Ricordo che 13 nuove barche (1/3 della flotta) beneficiano di un'esenzione così da essere selezionate automaticamente per il prossimo Vendée Globe in nome del sostegno all'innovazione.

Le regole di una competizione hanno lo scopo di garantire equità e fair play. Oggi è chiaro che le regole scelte dal Vendée Globe vietano a una donna di avere un figlio, anche se è una sportiva riconosciuta, già finisher nella precedente edizione. Nel 21° secolo, chi vuoi credere che tali regole siano giuste? Facile rammaricarsi, poi, dello scarso numero di donne ai nastri di partenza.

Vorrei ringraziare le persone che mi hanno sostenuto e che si riconosceranno in me. Sono determinata a tornare a navigare, sotto i colori di un partner fidato di cui condividerò le convinzioni umane. La mia passione per la vela rimane intatta e riuscirò presto a superare la disillusione che sto vivendo oggi. Penso soprattutto a tutte le donne, atlete e non, che attraversano simili difficoltà senza avere la possibilità di parlare. Cosa significa uguaglianza per le donne? Comportarsi in tutto e per tutto da uomini e quindi soprattutto non essere incinte? Se parlo oggi, non è per vendetta, per attirare l'attenzione o per auto-commiserarmi, ma per provocare una riflessione e nella speranza di far progredire la nostra società”.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
03/02/2023 13:00:32


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