Opinionisti Giacomo Moretti

La mafia è una montagna di merda...

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"La mafia è una montagna di merda", scriveva Peppino Impastato.

Anzi per la precisione scriveva: "Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda".

Lui lo "voleva scrivere" e coerentemente da Giornalista con la "G" maiuscola lo scriveva.

Eccome se lo scriveva.

A tal punto che la mafia una notte, tra l'8 e il 9 maggio del 1978, lo fece assassinare brutalmente.

Il 1978, anno prima della mia nascita, Peppino aveva solo 30 anni.

Oggi ci saranno ancora giornalisti che lo "vogliono scrivere"?

I recenti fatti di cronaca purtroppo ci dicono il contrario: ormai siamo tutti immersi nella favola costruita ad arte che la mafia "ormai non uccide più", ormai la mafia si muove "solo" nell'ambiente politico finanziario.

Ovviamente ciò non è vero, ma ammesso che la mafia si muova "solo" nell'ambiente finanziario ed economico ciò sarebbe di consolazione?

Io penso di no.

Recentemente ci siamo accorti sic., che anche in Valtiberina è arrivata quella mafia che investe i propri capitali.

Le pagine dei giornali locali sono state ben farcite, con dovizia di particolari, delle vicende che ci hanno riguardato.

Eppure, è ancora in atto il tentativo di derubricare il fenomeno mafioso a qualcosa che "non uccidendo più" è meno pericoloso di prima.

La montagna di merda la vedi, ne senti la puzza da lontano, ne hai una percezione immediata.

Ma se invece di avere a che fare con una montagna si pensa di avere davanti un qualche colle, allora tutto cambia.

Un colle può rimanere nascosto, la puzza che emana è più mite, più rarefatta e quel senso di percezione immediata passa e si resta così nel dubbio.

Si è di fronte ad attività mafiose o davanti ad illeciti comuni?

È stato proprio questo il dilemma che dei giudici di Roma hanno dovuto sciogliere.

Il famoso processo di "Mafia Capitale" è finito senza mafia, ovvero tutti gli imputati sono stati assolti dal reato previsto ex art. 416 bis c.p., ovvero di associazione a delinquere di stampo mafioso.

L'assoluzione da questo capo di imputazione, ha fatto risparmiare agli imputati mediamente 8 anni di carcere ciascuno.

Ovviamente non contesto la decisione della magistratura giudicante  (me ne guarderei bene, essendo peraltro un processo in corso visto che la Procura di Roma ha già detto che impugnerà la sentenza sul punto).

Ma davvero possiamo giubilare rispetto alla certificazione, peraltro ancora solo di primo grado, che la mafia a Roma non esiste?

Dalla stampa si evincono articoli di giubilo perché a Roma non vi è stata l'attività di un'associazione di stampo mafioso.

Appunto siamo davanti a quei colli puzzolenti ma non troppo.

Eppure nel medesimo processo sono stati condannati i dirigenti pubblici e politici di mezza città, per un totale di 41 condannati e di tre secoli di anni di carcere erogati.

Per la precisione 298,7 anni in tutto.

Invece di puntare il dito contro la corruzione diffusa che ha creato un debito pubblico per la città di Roma da spavento (si parla di oltre 10 miliardi, ma nessuno lo sa con precisione), sembra che la gran parte esulti per il fatto che a "Roma la mafia non c'è"... almeno per ora.

Che tristezza! Tre secoli di condanne, 41 condannati e nessuno che "voglia scrivere", che voglia gridare.

Del resto in tutto questo nemmeno un morto ammazzato e allora senza morti niente mafia, perché la mafia uccide. E poi, perché mettersi eventualmente a "disturbare" una mafia che non uccide più?

Restando a Roma, chi doveva stravolgere tutto non ha stravolto un bel niente.

Tra i condannati ci sono personaggi che a vario titolo hanno avuto ruoli anche recenti.

Per non parlare dei 70 dirigenti del Comune indagati per reati vari che continuano a ricoprire il loro ruolo.

Il Comune di Roma ha attualmente 190 dirigenti di cui 70 indagati per reati vari.

Per carità, vige il principio di non colpevolezza ma i dirigenti possono essere rimossi dal loro incarico, però quando la politica è debole, quando vengono sostituiti assessori al ritmo di uno alla settimana, il vuoto di potere che si crea viene prestamente riempito.

Lasciare vuoti di potere è sempre pericoloso a Roma come in qualsiasi altro comune d'Italia.

In tal senso mi chiedo in quale altro comune italiano verrebbe tollerata una situazione che vede la metà dei dirigenti indagati.

Una follia.

Ma torniamo al mito che la "mafia non uccide più".

È di questi giorni la terribile notizia che nel foggiano la mafia ha brutalmente assassinato quattro persone.

Esecuzione avvenuta con fucili AK-47, comunemente chiamati kalashnikov.

Vere e proprie armi da guerra.

Quattro persone, di cui due testimoni involontari, freddati dai sicari per non lasciare traccia.

Poi si scopre che solo nel foggiano, dall'inizio dell'anno, la mafia ha ucciso più di trenta persone.

Trenta omicidi dei quali nessuno ha dato la notizia.

Di questi morti ammazzati nessuna prima pagina nei giornali, né nei Tg nazionali, sembra essere più interessante conoscere l'ultimo tatuaggio o l'ultimo balletto di Vacchi.

Il Ministro Minniti dice che: "La risposta dello Stato sarà durissima".

Sempre dopo mi raccomando...

Sì, forse qualcuno vuole trasformare quella "montagna di merda" in qualche colle.

Ma la montagna è lì, enorme e grande, ed emana continuamente i suoi nauseabondi odori e miasmi.

Servirebbe oggi come ieri qualcuno che "voglia scrivere che la mafia è una montagna di merda".

Redazione
© Riproduzione riservata
11/08/2017 17:06:57

Giacomo Moretti

Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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