L’Fbi indagò su Trump per capire se lavorasse per Mosca
Dopo le rivelazioni il presidente Usa attacca più versanti
L’Fbi aprì un’indagine su Donald Trump nei giorni successivi al siluramento di James Comey per accertare se il presidente lavorasse, volontariamente o inconsapevolmente, per la Russia. L’inchiesta, poi rilevata dal procuratore speciale Robert Mueller, riguardava non solo una possibile ostruzione alla giustizia per il licenziamento del capo dell’Fbi ma anche la ben più pesante ipotesi di un presidente a servizio di Mosca contro gli interessi americani, ovvero una minaccia alla sicurezza nazionale. Le rivelazioni del New York Times, che scrive di un coinvolgimento degli agenti del controspionaggio nelle indagini, hanno scatenato la furia del tycoon. In una serie di tweet a catena oggi Trump non ha risparmiato nessuno: ha attaccato il «fallimentare New York Times», i «capi corrotti» dell’Fbi, Hillary Clinton e i democratici. «Un viscidume totale», ha tagliato corto, definendo il licenziamento di Comey «un grande giorno per l’America». Non è rimasto esente dalle critiche neanche il procuratore speciale per il Russiagate: «Comey è protetto dal suo migliore amico, Bob Mueller», ha twittato il presidente, ribadendo che le indagini sul Russiagate non sono altro che una gigantesca caccia alle streghe. Affidato a Twitter anche il commento di Comey, che ha scomodato Franklin Delano Roosevelt: «Giudicatemi dai nemici che mi sono fatto».
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