Spagna, trionfo socialista: Sanchez al governo con Podemos e i baschi
La formazione progressista torna a vincere dopo 11 anni. Crollano i Popolari, vola l’ultradestra
Nella calle Ferraz di feste negli ultimi tempi se ne erano viste poche. Eppure tutti questi abbracci, tutti questi sorrisi, sono giustificati: i socialisti tornano a vincere le elezioni in Spagna dopo 11 anni, sconfiggendo nemici interni, l’avanzata della destra ed esterni, in un’Europa che sembrava aver cancellato la socialdemocrazia. «Madrid is different», scherza una neo senatrice. Dopo Zapatero, tocca a Pedro Sanchez, il segretario che proprio da queste stanze fu cacciato quasi fisicamente, due anni e mezzo fa, da un partito che lo ha vissuto come un intruso. Tempi lontani ormai. La Spagna svolta a sinistra e la risurrezione di Pedro coincide con un clamoroso cambiamento della mappa politica della penisola (e anche degli arcipelaghi), tre anni fa quasi completamente azzurra (il colore dei popolari) e oggi praticamente tutta rossa.
L’ex leader «illegittimo»
Sanchez era premier uscente, certo, ma soltanto grazie a un’operazione parlamentare molto azzardata: una mozione di censura al governo di destra. Ora è diverso, i socialisti vincono e nessuno può più chiamare Sanchez «il presidente illegittimo». La festa è ancora più grande perché il grande nemico, il Partito Popolare esce dimezzato dalle elezioni, scomparendo da regioni fondamentali, come i Paesi Baschi e la Catalogna (un solo deputato).
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