I debiti di Banca Etruria erano enormi e di fatto la banca non esisteva più da tempo

Ispettori di Bankitalia e Guardia di Finanza demoliscono la banca nel maxiprocesso
La vicenda del fallimento di Banca Etruria è una delle pagine più brutte non solo della storia di Arezzo, ma dell’Italia tutta. Questa è l’opinione diffusa che si percepisce, quando si parla di quello che è successo con il crac della “Banca del Territorio” e migliaia di risparmiatori si sono visti portare via i risparmi di una vita. In questi giorni in cui si sta svolgendo il processo, tutti sperano di avere giustizia e di capire chi ha sbagliato, perché quello che è successo non può essere un “caso”. Ieri mattina ha testimoniato l’ispettore Giordano Di Veglia, protagonista dell'ultima ispezione di Bankitalia, il quale ha dichiarato che nei controlli effettuati nel 2014 Banca Etruria non stava più in piedi, aveva crediti deteriorati per il 42 per cento dell'attivo. Non funzionava neppure la gestione ordinaria, visto che i costi rappresentavano ormai il 97% dei ricavi e il rapporto fra il patrimonio di vigilanza e il totale del credito erogato era ridotto all'1 per cento contro l'8% richiesto da via Nazionale. Di Veglia ribadisce l'esistenza di un comitato informale che riunendosi prima del Cda determinava di fatto le scelte di quest'ultimo. Ne facevano parte il presidente Giuseppe Fornasari, finchè è rimasto in carica, e i suoi due vice, Giovanni Inghirami e Giorgio Guerrini. Un altro comitato informale, composto dall'ultimo presidente Lorenzo Rosi, dai vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, da Felice Santonastaso e Luciano Nataloni, condusse invece la trattativa fallita con Vicenza. Nessuno ha mai scritto nei verbali, accusa Di Veglia, perchè l'aggregazione non fu mai portata in assemblea, organo sovrano che avrebbe potuto anche respingerla ma che non fu interpellato. Anche il tenente colonnello Peppino Abruzzese, coordinatore del gruppo di investigatori della Guardia di Finanza, che hanno condotto le indagini, ha dichiarato che il Cda che aveva il potere sovrano e che delegava poi le sue funzioni a direttore generale, responsabile dell'esecutivo, comitato esecutivo, cui andavano in compito i crediti più grossi, quelli sopra i 10 milioni Anche lui sottolinea l'esistenza di un comitato informale che precedeva i Cda e del comitato per la trattativa con Vicenza. Il colonnello snocciola poi le operazioni oggetto delle singole contestazioni di bancarotta e le cifre che la banca vi ha perso: 62 milioni di sofferenze con la Sacci del consigliere d'amministrazione Augusto Federici, 12 milioni col gruppo di Pierino Isoldi, finanziere romagnolo, 20 con le società del finanziere Alberto Rigotti, 8,9 con Hevea, 4 con Intermedia, 24 con Energiambiente, 25 con lo Yacht Etruria, altri 24 con la San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglione, 3,9 con la Città Sant'Angelo, l'outlet abruzzese legato alla Castelnuovese di Lorenzo Rosi, l'ultimo presidente.
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