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Intervista a Goran Maric direttore sportivo della Ermgroup Pallavolo San Giustino

Con la nazionale della Jugoslavia, ha vinto il titolo europeo nel 2001

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Dalla Voivodina, oggi all’interno della Serbia, fino a San Giustino, il Comune nel quale è arrivato grazie al grande volley e dove ora vive con la famiglia che ha costruito. A quasi 39 anni, Goran Maric (nato a Novi Sad) ricopre il ruolo di direttore sportivo della Ermgroup Pallavolo San Giustino; qui, da giocatore, è stato un idolo dei tifosi nella bella favola della massima serie di qualche anno fa. Per lui, una brillante carriera di pallavolista nei ruoli di schiacciatore e opposto, iniziata nel suo Paese (Voivodina e Dorica) e proseguita in Italia - Serie A1 e A2 - con le maglie di Arezzo, Corigliano Calabro, Verona, Forlì, San Giustino, Castellana Grotte (promozione in A1), di nuovo San Giustino (Vivi Altotevere), Paris, Città di Castello, e infine Siena. Con la nazionale della Jugoslavia, ha vinto il titolo europeo nel 2001, prima di indossare le casacche di Serbia e Montenegro e poi Serbia. Nella sua vita, anche un’altra esperienza similare a quella attuale dell’emergenza coronavirus, della quale ci parlerà nel corso dell’intervista.  

Maric, è stato giusto sospendere qualsiasi tipo di attività sportiva e agonistica?

“Certo! Penso che sia stata una cosa persino scontata, soprattutto per ciò che riguarda le discipline di squadra. In ogni sport c’è il contatto (nella pallavolo sarà meno frequente fra gli atleti, ma tutti toccano la palla), poi ci sono gli spogliatoi, i trasferimenti per le gare in trasferta e una serie di fattori che favoriscono comunque la vicinanza. Tutto fermo, quindi e a oggi senza un futuro certo davanti”.

Già, questa emergenza non rischia di provocare adesso una sorta di drastico “repulisti” in ambito sportivo, sia professionistico che soprattutto a livelli più bassi?

“I problemi sorgeranno inevitabilmente dal punto di vista organizzativo ed economico, con qualche società che rischia seriamente di ritirarsi dalla scena. Principalmente, dipenderà dalla ripartenza: i mesi di maggio e di giugno sono quelli chiave, anche se al momento non abbiamo ricevuto alcuna indicazione dalla nostra federazione. Si parla di un possibile posticipo delle iscrizioni al prossimo campionato, ma non mancano implicazioni di tipo logistico-organizzativo: anche se il governo ha imposto la igienizzazione dei locali, parecchie realtà debbono per esempio tener conto delle esigenze delle scuole nell’utilizzo dello stesso impianto. Anche ripartendo il 4 maggio, la proposta di ricominciare procedendo con gruppi più piccoli è meno semplice di quanto si possa immaginare”.

Nel caso della vostra società, la Pallavolo San Giustino, sareste in grado di riavviare l’attività, mantenendo magari anche la categoria nella quale state militando?

“Bisogna vedere e valutare. Adesso è prematuro ipotizzarlo: senza dubbio, fino alla sospensione avevamo un’idea ben precisa di programmazione anche per la stagione a venire. Nei prossimi due mesi, quando ricominceremo a lavorare, dovremo fare le opportune verifiche sul tipo di risposta che sarà in grado di darci il territorio. Ce la metteremo tutta per continuare a far funzionare la nostra realtà, nata appena un paio di anni fa”.

Cosa la preoccupa per la “fase 2” più in generale?

“Stiamo navigando a vista, per cui dobbiamo comportarci tutti con la massima responsabilità e stare attenti nel non rovinare quanto di buono abbiamo fatto finora, rimanendo a casa. Vi immaginate se per un qualsiasi motivo dovessimo rifarci da capo? La salute è la priorità numero uno, non dimentichiamolo”.

Quale insegnamento ci lascerà questo periodo di emergenza?

“Personalmente, ne ho già affrontato uno da piccolo, seppure in un modo e per un motivo diverso: la guerra nel mio Paese di origine, quando è stata cancellata la vecchia Jugoslavia. C’è purtroppo un comune denominatore con il coronavirus, costituito dai tanti morti. Spetta ai singoli punti di vista definire quale dei due periodi sia il peggiore: posso dire, per esempio, che quando c’era la guerra gli scaffali dei supermercati erano vuoti, mentre ora non è così; c’è però un serio rischio per la tenuta dell’economia e quindi per l’imprenditoria, con conseguenze che a mio avviso ci trascineremo appresso per un paio di anni, prima di tornare ai livelli dello scorso febbraio”.

Redazione
© Riproduzione riservata
27/04/2020 08:55:22


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