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No all’ipotesi dell’ospedale dedicato Covid a Citta’ di Castello

Dibattito sul futuro della sanita’ in consiglio comunale

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No all’ospedale dedicato COVID: anche se non ha assunto un pronunciamento, il consiglio comunale di Città di Castello nella seduta di lunedì 19 ottobre 2020 si è espresso contro la possibilità che l’ospedale possa essere convertito completamente alla cura del Covid. Il sindaco Luciano Bacchetta ha dichiarato “questa ipotesi mi ha stupefatto, non ha fondamento logico. Abbiamo accettato di creare un reparto COVID a Città di Castello che da 14 è diventato di 30 posti, 28 sono occupati, nessuno è del posto ma per il criterio giusto della solidarietà abbiamo detto sì. La situazione in Umbria è drammatica, ieri ci sono stati più di 300 positivi. Stranamente Città di Castello ne ha solo 20. Comunità più piccole hanno numeri superiori a 50. Si sta discutendo di dedicare ospedali per intero a pazienti COVID. Nella conferenza stampa della Regione Umbria non è stato ancora comunicato quali saranno i due ospedali. Gli interventi governativi dovranno essere incrementati nella vita quotidiana anche a Città di Castello verso possibili assembramenti. Nei prossimi giorni dovremmo limare alcuni aspetti. I sindaci sono stati promossi custodi dell’ordine pubblico. Il lato paradossale è che il numero dei positivi va a merito o demerito della politica ma non è così. In questa fase sta creando turbolenze anche organizzative che vanno monitorate, credo che la presidente Tesei dimostrerà equidistanza e saggezza ma in certi casi il campanile va abbinato alla solidarietà. Oggi abbiamo 28 ricoverati nessuno tifernate e 30 posti letto. Città di Castello è uno dei 4 ospedali dell’urgenza- emergenza in Umbria non può diventare dedicato COVID. Ci sono strutture sanitaria sotto stress ed altre quasi indenni. C’è una sola struttura per pazienti in isolamento domiciliare ed anche questa è a Città di Castello. Stiamo già facendo moltissimo”.

Il dibattito è nato sulla scorta di un’interrogazione di Castello Cambia, sulla chiusura della RSA, per pazienti fragili non trattabili a casa presso l’ospedale e di un’interpellanza di Tiferno Insieme sulle modalità ed i tempi dei servizi socio-sanitari. “Con la riorganizzazione Covid dell’ospedale è stata chiusa la RSA le famiglie si sono trovate in grande difficoltà alla cura e gestione di patologie croniche e degenerative” ha detto Emanuela Arcaleni, consigliere di Castello Cambia “Si è tamponato con sei posti, collocati presumibilmente presso RSA di Umbertide, che risultano esigui. Il piano della regione destina 12 milioni all’assunzione di personale anche ma non solo in funzione anti Covid. In questo quadro, quante richieste ci sono per ricoveri in Rsa e quanto è stato incrementato il personale assunto pre e post emergenza COVID, fino ad oggi?”. Nicola Morini, capogruppo di Tiferno Insieme, ha aggiunto “vogliamo sapere tempi e modalità dei servizi socio-sanitari. Se emerge la pandemia non regrediscono altre malattie che sono sempre ben presenti, soprattutto a carico degli anziani. Sta emergendo disagio per il ritardo di alcune visite specialistiche. L’assistenza domiciliare per queste dinamiche deve essere potenziata. Proponiamo un incontro in commissione Servizi con i vertici regionali e locali della sanità”.

Luciana Bassini, assessore alle Politiche sociali, ha riportato la relazione della ASL: “La direzione generale ha deciso di chiudere la RSA a marzo in concomitanza alla comparsa di un focolaio all’ospedale. Nel 2019 la RSA ha ricoverato 245 residenti fragili con patologie complesse. Chiudendola, i pazienti sono stati presi in carica dall’assistenza domiciliare nel rispetto delle linee nazionali e regionali COVID. Alcuni pazienti sono stati ricoverati nella lungo degenza di medicina, altri con l’assistenza domiciliare: 590 pazienti nel 2020, più rispetto del 2019, ma ci sono state difficoltà per il lock down che ha reso difficoltosa la diagnosi multidisciplinare. Il COVID ha complicato tutto con il triage, la dislocazione del centro prelievi, Villa Muzi, attualmente al completo con 17 posti, gestito dal Centro Salute di Città di Castello con richieste da tutta la regione. Ora stanno attivando anche l’ambulatorio mobile della Croce Rossa, gestito da via Vasari. Da agosto c’è il servizio tamponi: circa 200 al giorno, con lo screening sierologico del personale della scuola e di altri servizi. Il personale è stato incrementato di 3 unità il personale. Gli screening saranno ripristinati. Chiederemo qualcosa in piu”.

Dibattito. Il capogruppo di Forza Italia Cesare Sassolini ha proposto “L’assistenza domiciliare è un problema: serve anche per le persone giovani. L’altro aspetto sono le persone in stato di necessità economica. Facciamo una ricognizione e non respingiamo richieste d’aiuto, facciamo controlli ex post”. Vincenzo Bucci, capogruppo di Castello Cambia, ha detto: “Sugli anziani conseguenze pesanti. Non è vero che l’ospedale è tutto pieno. Ci sono possibilità di differenziare. Le risposte finora sono insufficienti. Programmiamo e approfondiamo le proposte alla ASL in commissione. La capacità di mediare ha un limite: Città di Castello da 16 è andato a 30 letti COVID; non siamo disponibili ad aumentare la capienza nella tutela dei cittadini e dell’ospedale”. Luciano Tavernelli, consigliere del PD, ha detto: “La RSA non può insistere dentro l’ospedale ma dentro la Muzi Betti, che già oggi garantisce un’alta specializzazione. Le scelte sull’ospedale non possono essere imposte ma vanno condivise. Per la sua posizione non può essere dedicato COVID. Ci aspettavamo un potenziamento della pneumologia ma non si è verificato. Condividiamo la linea del sindaco e i primi interventi devono essere per le persone più fragili”. Gaetano Zucchini, capogruppo del Gruppo Misto, ha detto: “La Rsa va inserita nella Casa della salute. Rendere l’ospedale dedicato COVID significa depotenziarla. La logica è far rimanere tutte le vocazioni che ha l’ospedale e sono i piani regionali a decidere non le strutture locali. L’ospedale è un DEA di primo livello, quindi dà risposte sanitarie di eccellenza, nella chirurgia, oculistica, rianimazione etc. Renderlo solo Covid significa spogliare un territorio di un servizio. Ognuno deve fare la propria parte e noi abbiamo già dato una grande disponibilità”. Marcello Rigucci, consigliere del Gruppo Misto, si e detto preoccupato del fatto che “siamo diventato il pozzo di San Patrizio dei problemi, rifiuti in discarica ed ora i malati Covid, si toglie il rischio dalle altre parti e si porta qui.  Smettiamo di finanziare i CVA e diamo quei soldi a chi ha bisogno”. Giovanni Procelli, capogruppo della Sinistra, ha detto: faccio un appello ai deputati di tutti i partiti. Dovrebbero intervenire e dovrebbero dire che non siamo più disposti a subire queste violenze”. Andrea Lignani Marchesani, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha constatato “siamo usciti dai binari dell’interpellanza che attiene poco ai poteri del comune ma ha valore geopolitico. Ma neanche oggi esauriremo l’ordine del giorno per parlare di niente. Non è nelle cose l’ospedale COVID a Città di Castello non per questo dibattito ma per buon senso. In cambio dei posti COVID abbiamo ricevuto un reparto di pneumologia. Il Governo ha scaricato sulle Regioni e sui Comuni. Un reparto Covid fa comodo anche a noi. Noi abbiamo abdicato in tutta Italia a situazioni in cui già stiamo pagando come le rsa, i tumori, tra qualche anno pagheremo la prevenzione non fatta.”.

Resoconto. No all’ospedale dedicato COVID: anche se formalmente non ha assunto nessuna determinazione, il consiglio comunale di Città di Castello nella seduta di lunedì 19 ottobre 2020 si è espresso contro la possibilità che l’ospedale fosse convertito completamente alla cura del Covid. Il dibattito è nato sulla scorta di un’interrogazione di Castello Cambia, sulla chiusura della RSA presso l’ospedale e di un’interpellanza di Tiferno Insieme sulle modalità ed i tempi dei servizi socio-sanitari.

“Con la riorganizzazione Covid dell’ospedale è stata chiusa la RSA (Residenza Sanitaria Assistita) che, a partire da maggio 2014, metteva a disposizione 16 posti”, ha detto la consigliera di Castello Cambia Emanuela Arcaleni presentando l’interrogazione, nella premessa evidenziando inoltre come “la RSA è inserita al 3° piano nell’Ospedale di Città di Castello, è una struttura finalizzata a fornire ospitalità, prestazioni sanitarie e assistenziali e di recupero a persone anziane e adulti non autosufficienti, con patologie cronicizzate, spesso non assistibili a domicilio per cause di tipo sanitario e/o socio-ambientali, e che non necessitano di ricovero nei reparti medici ospedalieri o nei centri di riabilitazione. Considerato che la chiusura della RSA presso l’Ospedale tifernate ha generato un’evidente ed effettiva carenza di posti di degenza, generando una situazione di notevole disagio sia in pazienti così fragili che all’interno delle loro famiglie che si sono trovate a dover gestire situazioni estremamente difficili, spesso non sentendosi in grado di affrontarle a causa dei molteplici e complessi compiti indispensabili alla cura e gestione di patologie croniche e degenerative”. “Come emerso nel dibattito consiliare e riferito dal sindaco “per la RSA, di cui con la realizzazione delle aree Covid al terzo piano dell’ospedale non è stata attuata un'esternalizzazione, si è proceduto alla collocazione dei pazienti presso il proprio domicilio, laddove possibile, o presso residenze protette, i cui posti Ietto complessivi disponibili sono stati aumentati di 6 unità”, che i sei posti, collocati presumibilmente presso RSA di Umbertide, risultano decisamente inferiori a quelli di prima e insufficienti alle esigenze, dovendo accogliere le richieste di un territorio molto vasto,  l’andamento dell’epidemia ha generato in questi giorni la decisione della Regione Umbria di riaprire in via precauzionale il reparto Covid presso l’Ospedale tifernate e appreso che la Regione Umbria, ha reso nota la definizione di un Piano per il potenziamento e la riorganizzazione della rete assistenziale territoriale, finanziato con oltre 20,5 milioni di euro. Di questi, quasi 12 milioni (11,835 milioni) sono destinati nel 2020 all’assunzione di personale, in particolare di infermieri di famiglia e comunità per potenziare le cure domiciliari e far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e soprattutto alla eventuale recrudescenza della pandemia, oltre che di medici e altre figure professionali”, il consigliere di Castello Cambia Emanuela Arcaleni, presentando al documento, chiedono “di rilevare attraverso ASL e Direzione Sanitaria, quale situazione stiano vivendo le famiglie con anziani precedentemente inseriti nella RSA tifernate, e se essi siano assistiti a domicilio o inseriti in altre Residenze sanitarie assistite; quante siano le richieste di assistenza e degenza presso RSA, attualmente non esaudite per mancanza di posti letto e quali aiuto stiano ricevendo le famiglie toccate da questo problema; di rendere noto se e quando sarà aperto di nuovo il servizio RSA pubblico, presso l’Ospedale o presso altra struttura e con quali disponibilità di posti e infine a fronte degli annunci, quale sia stato l’effettivo aumento di personale medico e infermieristico dedicato ai servizi territoriali domiciliari, a partire dal personale assunto pre e post emergenza COVID, fino ad oggi”. Nicola Morini, capogruppo di Tiferno Insieme, ha aggiunto “vogliamo sapere tempi e modalità dei servizi socio-sanitari. Il problema è che se emerge la pandemia non regrediscono altre malattie che sono sempre ben presenti, soprattutto a carico degli anziani. Il tema della ristrutturazione del servizio l’abbiamo vissuto in prima linea quando la RSA si è trasformata in reparto Covid. Ora c’è la possibilità che l’ospedale diventi Covid dedicato. Al di là dello spirito di servizio di molti addetti, sta emergendo disagio per il ritardo di alcune visite specialistiche. L’assistenza domiciliare per queste dinamiche deve essere potenziata. E’ una rete importante e all’avanguardia rispetto a deospedalizzare. Ma era già debole ed ora è andata più in sofferenza e gli utenti questo lo vedono. Proponiamo un incontro in commissione Servizi con i vertici regionali e locali della sanità”.

Il sindaco Luciano Bacchetta ha detto “abbiamo accettato di creare un reparto COVID a Città di Castello che da 14 è diventata 30, 28 sono occupati, nessuno è del posto ma per il criterio giusto della solidarietà abbiamo detto sì. La situazione in Umbria è drammatica, ieri ci sono stati più di 300 positivi. Stranamente Città di Castello ne ha solo 20. Comunità più piccole hanno numeri superiori a 50. Si sta discutendo di dedicare ospedali per intero a pazienti COVID. Nella conferenza stampa della Regione Umbria non è stato ancora comunicato quali saranno i due ospedali. Gli interventi governativi dovranno essere incrementati nella vita quotidiana anche a Città di Castello verso possibili assembramenti. Nei prossimi giorni dovremmo limare alcuni aspetti. I sindaci sono stati promossi custodi dell’ordine pubblico. Il lato paradossale è che il numero dei positivi va a merito o demerito della politica ma non è così. In questa fase sta creando turbolenze anche organizzative che vanno monitorate, credo che la presidente Tesei dimostrerà equidistanza e saggezza ma in certi casi il campanile va abbinato alla solidarietà. Oggi abbiamo 28 ricoverati nessuno tifernate e 30 posti letto. Città di Castello è uno dei 4 ospedali dell’urgenza- emergenza in Umbria non può diventare dedicato COVID. Ci sono strutture sanitaria sotto stress ed altre quasi indenni. C’è una sola struttura per pazienti in isolamento domiciliare ed anche questa è a Città di Castello. Stiamo già facendo moltissimo”.

Luciana Bassini, assessore alle Politiche sociali, ha riportato la relazione della ASL: “la RSA erano nate come punti di assistenza a persone con fragilità non gestibili a casa. La responsabile del Distretto sanitario Daniela Feligioni ci scrive che la RSA aveva 16 posti. Su decisione della direzione generale è stata chiusa a marzo in concomitanza alla comparsa di un focolaio all’ospedale. Nel 2019 la RSA ha ricoverato 245 residenti fragili con patologie complesse, assistiti e introdotti alla riabilitazione, garantire assistenza per mancanza di rete parentale. Il presidio ha trasformato la rsa per la lungodegenza. Chiudendola, i pazienti sono stati presi in carica dall’assistenza domiciliare nel rispetto delle linee nazionali e regionali COVID. Abbiamo aumentato i posti letto e la RSA si è trasformata in una Residenza protetta, sempre garantendo la sicurezza della struttura. Alcuni pazienti sono stati ricoverati nella lungo degenza di medicina, altri con l’assistenza domiciliare: 590 pazienti nel 2020, più rispetto del 2019, ma ci sono state difficoltà per il lock down che ha reso difficoltosa la diagnosi multidisciplinare. Il COVID ha complicato tutto con il triage, la dislocazione del centro prelievi, Villa Muzi, attualmente al completo con 17 posti, gestito dal Centro Salute di Città di Castello con richieste da tutta la regione. Ora stanno attivando anche l’ambulatorio mobile della Croce Rossa, gestito da via Vasari. Da agosto c’è anche il servizio tamponi: circa 200 al giorno, con lo screening sierologico del personale della scuola e di altri servizi, è stato incrementato di 3 unità il personale. Gli screening saranno ripristinati”.

L’impegno della ASL è importante. Chiederemo qualcosa in piu”. Il capogruppo di Forza Italia Cesare Sassolini ha proposto “di fare il punto. Il Governo ha lasciato un ambito di libertà in restringimento ai sindaci sulla sfera sociale. Li applicherà alla movida? L’assistenza domiciliare è un problema: serve anche per le persone giovani. L’altro aspetto sono le persone in stato di necessità economica. Facciamo una ricognizione e non respingiamo richieste d’aiuto, facciamo controlli ex post”. Vincenzo Bucci, capogruppo di Castello Cambia, ha detto: “Non si può continuare con questa logica con ricadute pesanti per gli anziani. Non è vero che l’ospedale è tutto pieno. Ci sono possibilità di differenziare. Le risposte finora sono insufficienti. Programmiamo e approfondiamo le proposte alla ASL in commissione. La capacità di mediare ha un limite: Città di Castello da 16 è andato a 30 letti COVID; non siamo disponibili ad aumentare la capienza nella tutela dei cittadini e dell’ospedale”. Luciano Tavernelli, consigliere del PD, ha detto: “I servizi territoriali sono importanti, il COVID ce lo ribadisce. La RSA non può insistere dentro l’ospedale ma dentro la Muzi Betti, che già oggi garantisce un’alta specializzazione. Le scelte sull’ospedale non possono essere imposte ma vanno condivise. Per la sua posizione non può essere dedicato COVID. Ci aspettavamo un potenziamento della pneumologia ma non si è verificato. Condividiamo la linea del sindaco e siamo sensibili al discorso che i primi interventi devono essere per le persone più fragili e sono certo che anche dentro il bilancio i fondi si troveranno. Anche perché il Governo ha promesso il ristoro”. Gaetano Zucchini, capogruppo del Gruppo Misto, ha detto: “La Rsa va inserita nella Casa della salute come accade nelle altre realtà. L’ospedale dedicato al COVID non esiste a mio giudizio perché nasce per coprire tutte le domande primarie di salute. Rendere una struttura dedicata significa depotenziarla. La logica è far rimanere tutte le vocazioni che ha l’ospedale e sono i piani regionali a decidere non le strutture locali. Mi imbarazza sottolineare che l’ospedale è un DEA di primo livello, quindi dà risposte sanitarie di eccellenza, nella chirurgia, oculistica, rianimazione etc. Renderlo solo Covid significa spogliare un territorio di un servizio. Ognuno deve fare la propria parte e noi abbiamo già dato una grande disponibilità”. Marcello Rigucci, consigliere del Gruppo Misto, si e detto preoccupato del fatto che “siamo diventato il pozzo di San Patrizio dei problemi, rifiuti in discarica ed ora i malati Covid, si toglie il rischio dalle altre parti e si porta qui.  Smettiamo di finanziare i CVA e diamo quei soldi a chi ha bisogno”. Giovanni Procelli, capogruppo della Sinistra, ha detto: faccio un appello ai deputati di tutti i partiti. Dovrebbero intervenire e dovrebbero dire che non siamo più disposti a subire queste violenze”. Andrea Lignani Marchesani, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha constatato “siamo usciti dai binari dell’interpellanza che attiene poco ai poteri del comune ma ha valore geopolitico. Ma neanche oggi esauriremo l’ordine del giorno per parlare di niente. Non è nelle cose l’ospedale COVID a Città di Castello non per questo dibattito ma per buon senso. Ogni Regione però lo deve trovare questo ospedale che nessuno lo vuole nel suo giardino. In cambio dei posti COVID abbiamo ricevuto un reparto di pneumologia. Il Governo ha scaricato sulle Regioni e sui Comuni. La Regione Umbria si è presa la libertà di una parziale didattica a distanza. Un reparto Covid fa comodo anche a noi. Noi abbiamo abdicato in tutta Italia a situazioni in cui già stiamo pagando come le rsa, i tumori, tra qualche anno pagheremo la prevenzione non fatta. Non dimentichiamo le battaglie che fece don Giuseppe Amantini per trasformarla in una Rsa. Non c’è riuscito ma forse è stato un bene. La commistione tra soggetti deboli mentalmente e fisicamente va tenuta distinta. Cerchiamo ognuno con il buon senso di dare delle risposte”.

Arcaleni, alla fine del dibattito è intervenuta per dire “Scongiuriamo un ospedale solo COVID. Il nostro territorio ha bisogno anche degli altri servizi. Sulla RSA: non sono pienamente soddisfatta. Può non stare in ospedale ma la RSA è di passaggio, a volte soltanto diventa lungodegenza. L’alternativa debba essere trovata: 590 pazienti assistiti in questi mesi dall’assistenza domiciliare sono stati sulle spalle degli stessi operatori. Molti servizi sono stati rallentati. I 3 infermieri di potenziamento sono pochi. Il disagio è serio ed evidente. Chiedo che venga portato all’attenzione non so in qualche forma. Avremmo dovuto farli per problematiche già esistenti come le liste d’attesa. Chiedo una progettazione nuova”. Morini: “Constato che ognuno ha il suo cavallo di battaglia, io ho la famiglia, che sta reggendo tutto in termini di emergenza. La rete familiare non ci sarebbe stato, regione, comune che tenga. Il numero di addetti o l’organizzazione è insufficiente? A scuola a maggior impegno corrispondono maggiori premi. Gli enti locali a Città di Castello non si tirate indietro ma quando si dice che a fronte di questo impegno ci sono tre infermieri in più non mi sembra perequativo”. In chiusura il sindaco: “Non ho pregiudizi sulla Regione. Mi ha stupefatto che circolasse la notizia del COVID dedicato che non ha fondamento logico. I dati di Sansepolcro parlano di 9 positivi. La situazione sta precipitando. Si porrà il problema dei posti COVID già al completo per i tifernati: sarebbe un paradosso. Il problema del personale è annoso e sussisteva anche prima. La nostra ASL ha lavorato molto bene: quando avevamo un cluster all’ospedale ne siamo usciti con una ricostruzione epidemiologica eccellente ed anche oggi si sta lavorando bene. Il Covid di oggi ha caratteristiche diverse: i nostri 28 positivi sono tutti giovani oltre la metà delle signore provenienti dall’Est. Ci sono due e tre minorenni. Il decreto del Governo dà ai sindaci poteri restrittivi, stiamo valutando la possibilità di misure calibrate sull’assembramento, ritrovi abituali nei parchi ad esempi. Dobbiamo cercare di non rovinare l’adolescenza ai nostri figli ma in questa fase temporanea e transitoria alcune valutazioni vanno fatte. Sull’ospedale COVID coinvolgerò i capigruppo”.

Redazione
© Riproduzione riservata
20/10/2020 17:59:04


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