Gerusalemme: gli ortodossi non fanno pregare le donne al Muro del Pianto

Violenti scontri tra la polizia e i manifestanti che non vogliono aprire alle fedeli
La polizia di Gerusalemme si è scontrata con centinaia di manifestanti ortodossi che volevano impedire a un gruppo di donne dell’associazione Women of the Wall di pregare vicino al Muro del Pianto, il luogo più sacro dell’ebraismo. Non è la prima volta che accade: nei pressi del Muro, alle donne è vietato pregare a voce alta, leggere la Torah e indossare il tallìt, lo scialle di preghiera.
Il divieto perdura dal 1967, quando Israele conquistò nella Guerra dei Sei Giorni la città vecchia di Gerusalemme dalla Giordania.
Una delle manifestanti è stata brevemente arrestata per avere portato con sé di nascosto un rotolo della Torah, il libro che contiene gli insegnamenti e i precetti di Dio rivelati da Mosè. Le modalità della preghiera al Kotel, il Muro Occidentale, sono definite dal suo custode, il rabbino ortodosso Shmuel Rabinowitz.
«Ci sono 100 rotoli della Torah a disposizione degli uomini al Kotel – dicono le Women of The Wall - e il rabbino Rabinowitz respinge continuamente le nostre richieste anche solo per uno. Ha pure vietato che i rotoli siano portati da fuori. E’ una pratica discriminatoria che tiene la Torah fuori dalla portata delle donne in uno spazio pubblico e sacro in Israele».
Secondo gli ortodossi, i servizi di preghiera organizzati da Women of The Wall sono «una profanazione contro il luogo più sacro del giudaismo», in quanto si ritiene che qualunque gruppo di preghiera femminile sia proibito dalla Halakhah, la legge ebraica. La Suprema Corte israeliana ha dato invece ragione alle donne, ordinando nel 2012 di realizzare almeno uno spazio loro riservato all’estremità sud del Muro, ma ancora oggi restano in vigore molti altri divieti e restrizioni che si chiede vengano aboliti. La piazza del Kotel è di fatto una sinagoga ortodossa che mantiene una rigida separazione dei sessi. Le preghiere mensili organizzate dalle Women of The Wall finiscono molto spesso con l’arresto di donne che leggono la Torah o indossano gli scialli da preghiera.
Il governo è preoccupato, anche perché gli ebrei della diaspora, e in particolare la potente comunità americana, sostengono i movimenti che si battono contro le discriminazioni e chiedono un maggiore egualitarismo anche nelle pratiche religiose. Il nuovo presidente israeliano Isaac Herzog ha annunciato l’intenzione di riesumare l’accordo di compromesso raggiunto nel 2016, poi abbandonato dall’allora primo ministro Benjamin Netanyahu proprio a causa delle pressioni dei partiti ultra-ortodossi.
Il progetto prevedeva che l’area che correva lungo il Muro Occidentale fosse divisa in tre parti uguali: maschile, femminile ed egualitaria. Il ministro per gli Affari della diaspora Nahman Shai ha confermato che il rilancio dell’accordo è nell’agenda del governo e gode di un ampio sostegno nella coalizione, compreso quello del primo ministro Naftali Bennett, anche lui ebreo osservante.
Le Donne del Muro manifestano dal 1988 e lo faranno finché i loro diritti non saranno riconosciuti dal governo, ma sarà più difficile convincere gli ebrei ortodossi che la legge dell’uomo valga di più di quella di Dio. Il ruolo subordinato delle donne è una caratteristica di tutte e tre le grandi religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, ma chi si batte per porre fine alle discriminazioni lo fa spesso solo nei confronti dell’Islam, o si concentra sull’abolizione della desinenza maschile e femminile, facendo finta di dimenticare che i problemi sono anche altrove.
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