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Mondo Politica: intervista a Gianluca Cirignoni ex consigliere regionale dell'Umbria

E45 ed E78 sono due infrastrutture di vitale importanza per il futuro dei nostri territori
Consigliere regionale umbro dal 2010 al 2015, dapprima in rappresentanza della Lega, dalla quale si è poi staccato. Gianluca Cirignoni non più legato a partiti o a pubbliche istituzioni, ma si fa sentire (eccome!) anche attraverso i suoi comitati ogni qualvolta vi sono da affrontare le questioni chiave dell’Alta Valle del Tevere tosco-umbra, specie sul versante infrastrutture. Ma anche sulla questione del Covid-19, l’esponente che risiede a Pistrino di Citerna ha sempre detto la sua.
Cirignoni, Lei è stato consigliere regionale umbro della Lega, poi ha lasciato il partito ed è rimasto nell’assemblea fino al 2015. Oggi continua a fare politica, anche senza bandiere di partito. Le manca il ruolo istituzionale?
“In tutta sincerità, non mi manca per nulla: sto molto bene tra la gente in mobilitazione pubblica anche senza essere chiamato consigliere. Ho cercato quando ero nelle istituzioni, sempre fra le fila dell’opposizione, di risolvere problemi mettendoci il massimo impegno, ma con scarsi risultati pratici se non un aumento del consenso popolare, che evidentemente riconosceva a pelle la genuinità e l’onestà del mio agire. Comunque, riconosco che le proposte e le istanze debbano avere una risposta istituzionale e che, affinchè questa risposta arrivi, siamo noi cittadini per primi che dobbiamo lottare democraticamente per entrare in quelle istituzioni come maggioranza e farle quindi funzionare per quello che sono state create, ovvero risolvere i problemi dei cittadini e pianificare e programmare il futuro dei territori affinchè facciano rete e conservino e massimizzino le loro peculiarità produttive, culturali e sociali. Purtroppo, i partiti tradizionali - anche utilizzando sapientemente i mass media - tendono a creare consenso su certi argomenti di richiamo al solo scopo elettorale per conservare e perpetuare il loro potere e tutti i privilegi e vantaggi che ne derivano per coloro che ne fanno parte a tutti i livelli”.
Covid-19, vaccini, green pass: la sua posizione sull’esistenza stessa della pandemia è chiara da tempo. Per quale motivo?
“Sono un “complottista” e pertanto già dal marzo 2020 cominciai a documentarmi sul virus e sulla situazione che si era creata, con una fortissima compressione dei diritti civili e delle libertà personali. In questi due anni, documentandomi e facendo riscontri, ho capito che di sanitario in questa situazione distopica c’è pochissimo; si tratta invece di un’azione coordinata e programmata per cambiare il mondo come lo conoscevamo fino al 2020. Non capisco gli “ingenui”, cioè coloro che si fidano ormai da due anni di questi governi composti da burattini in mano a poteri sovranazionali e si offrono volontari, sacrificando anche i figli per questo esperimento di massa che prevede ripetute inoculazioni di un farmaco sperimentale, a fronte di una malattia curabile come dimostrato anche dal compianto dottor Giuseppe De Donno. Questa strana pandemia sta distruggendo la nostra società: non a causa della sua bassissima letalità, ma delle misure anomale e abnormi prese per contrastarla dai governi italiani e segnatamente da quello Draghi. Il green pass è uno strumento illegale, illegittimo, incostituzionale: una misura coercitiva da respingere in toto e invece molti si fanno ingenuamente abbindolare senza capire che stiamo vivendo in una “democrazia a libertà autorizzate”, ossia in una dittatura in cui sono le lobby a muovere il governo che sta perpetrando un totalitarismo vaccinale che non ha nulla di sanitario, ma risponde a precise politiche e direttive dell’Unione quale il Green Deal Europeo e ha connessioni inquietanti con il progetto dell’Unione Europea “Grafene Flagship & Human Brain Project”, finanziato con 2 miliardi di euro nel 2013, che ha prodotto risultati allarmanti come quello dell’Issa di Trieste, pubblicato nel 2019 e sottoposto a revisione paritaria. Le nanotecnologie nei vaccini sono una realtà: basta documentarsi e noi abbiamo il dovere di informare e formare l’opinione pubblica, anche se questo ci può far passare da “complottisti”. Proprio per questi preoccupanti risultati su tecnologie in grado di limitare o annullare il pensiero umano e il libero arbitrio individuale, la giurisprudenza d’avanguardia nel mondo si sta confrontando sulla organizzazione e tutela dei “Neurodiritti” per determinare se, o a quali condizioni, sia legittimo avere accesso o interferire con l’attività neurale di un’altra persona o della propria. Chi si sottopone a dosi ripetute di un farmaco sperimentale, imposte col ricatto dal governo, dovrebbe porsi qualche domanda piuttosto che obbedire ingenuamente”.
Le infrastrutture viarie, ovvero E45 ed E78. Il Pnrr sarà l’occasione buona per sistemare l’una (con l’alternativa della ex 3 bis) e completare l’altra?
“Queste due infrastrutture sono di vitale importanza per il futuro dei nostri territori, ne costituiscono la spina dorsale viaria e, se messe a rete in modo razionale, sono in grado di agire come un formidabile volano di sviluppo per l’Alta Valle del Tevere umbra e toscana per Arezzo, per l’entroterra cesenate e Urbino e il Montefeltro, oltre che per l’Alta Valle del Metauro. Non sono per niente ottimista, perché qui non si tratta di una questione di risorse ma di come vengono spese e della volontà politica di aprire un passaggio storico tra le terre di Piero della Francesca. Il tratto appenninico della E45 non ha problemi di soldi ma di gestione: assistiamo infatti a lavori infiniti con ditte che falliscono e strada che, nonostante le risorse investite, è sempre cantierizzata e in pessime condizioni; tutti segnali che a me - che sono stato vicepresidente della commissione antimafia regionale dell’Umbria, istituita in seno all’assemblea legislativa grazie alla legge regionale da me scritta e proposta - fa pensare a una situazione simile a quella della Salerno-Reggio Calabria dei tempi bui delle infiltrazioni mafiose. Ritengo che l’unica soluzione per avere un tratto appenninico della E45 (San Giustino – Bagno di Romagna) moderno e sicuro sia quella di cambiare la gestione, togliendola ad Anas e dandola in gestione a un consorzio formato da enti locali e regioni che attraversa, come fu fatto ad inizio degli anni 2000 con la strada di grande comunicazione Firenze-Pisa-Livorno. Questo consentirebbe di avvicinare la gestione ai territori e alle comunità e produrrebbe posti di lavoro e una sana gestione. Sullo scandalo della mancata sistemazione riapertura della ex statale Tiberina 3 bis, unica alternativa alla chiusura del tratto appenninico critico sui viadotti della E45, credo non ci sia nulla da dire se non che il sottoscritto - con il comitato E45 Punto 2 - ha depositato diversi esposti alla Procura della Repubblica e pertanto sarebbe ora di indagare su questo ennesimo scandalo che si collega strettamente alla disastrosa condizione della nostra amata superstrada. Il viadotto Puleto ben rappresenta la situazione tragica in cui versa la gestione della E45: è stato chiuso perché degradato e pericolante, poi riaperto parzialmente e poi riaperto dopo una perizia e dei lavori che - come da noi documentato quasi giornalmente - hanno riguardato solo l’applicazione di resine senza che siano stati minimamente eseguiti interventi strutturali, come la sostituzione di baggioli ormai degradati e il posizionamento di nuovi antisismici. Per quanto riguarda la E78, credo che l’unico futuro possibile e auspicabile sia quello di ammodernare e collegare la galleria della Guinza alla viabilità di fondo valle, con una moderna e poco impattante due corsie, tenuto conto di 60 anni di promesse inconcludenti fatte solo a fini elettorali che toccarono il fondo nel 2015 con la costituzione di Centralia Spa (società di progetto partecipata da Strabag, Regioni Umbria Toscana e Marche), liquidata pochi mesi dopo con una perdita secca di 500mila euro, “rapinati” dai partiti alle casse pubbliche per sostenere l’ennesima farsa sulla realizzazione della “Due Mari”.
Entro l’estate si concluderanno i lavori alla diga di Montedoglio, ma Lei non è favorevole al ritorno ai 140 milioni di metri cubi di capacità. Anzi, ha chiesto approfondite indagini sulla tenuta del terrapieno: che cosa sospetta?
“La diga di Montedoglio è una risorsa per i nostri territori, ma è anche un grave pericolo, come abbiamo scoperto - nostro malgrado - nel 2010, quando crollarono i conci dello sfioratoio. Scoprimmo poi, come scritto nella perizia per il Tribunale di Arezzo, che l’invaso era stato realizzato con gravi difetti di progettazione e costruzione, come riporta lo stralcio di perizia inserito nell’atto del Tribunale di Arezzo n 236-16RGGIP N2347/13rgnr “consistenti nella scarsa qualità del calcestruzzo perdita di aderenza tra acciaio e calcestruzzo eccessiva vicinanza tra le barre di armatura disattendimento della normativa con particolare riguardo ai calcoli di stabilità, mancate prove di impermeabilità, nonché errori di calcolo e progettazione e altro”. Il comitato E45 Punto 2, nel corso delle tante iniziative pubbliche, ha raccolto le numerose testimonianze di persone che, a vario titolo, parteciparono alla costruzione della diga di Montedoglio e tutte avvaloranti la perizia che disegna un’opera costruita in modo criminale, compreso il terrapieno, che è il vero baluardo alla potenza delle acque e che può essere soggetto al rischio sifonamento, come accaduto negli anni ’70 alla diga Teton Dam negli Stati Uniti, gemella per tipologia costruttiva e grandezza alla nostra. Il recente studio ISPRA 323/2020 “(Le risorse idriche nel contesto geologico del territorio italiano - Disponibilità grandi dighe rischi geologici opportunità)” ci fornisce altri dati allarmanti sulla diga di Montedoglio: in particolare, ci dice che l’invaso è costruito entro trecento metri da una linea di faglia capace, che l’area dell’invaso e il corpo diga si sovrappongono con area a pericolosità geomorfologica molto elevata e che si trovano entro 500 metri da aree a pericolosità idraulica elevata e che la diga si trova ai massimi livelli della stima di pericolosità sismica in 50 anni, elaborata da Ispra sulle mappe di pericolosità Ingv. Pertanto, tenuto conto di tutto ciò, ritengo e riteniamo che l’invaso debba essere lasciato a un massimo di 90 milioni di metri cubi di acqua e che sia fatta un indagine approfondita sulle sue reali condizioni. Un evento avverso che coinvolgesse il terrapieno creerebbe un disastro 100 volte peggiore del Vajont con la scomparsa della nostra operosa valle e centinaia di migliaia di vittime. Per questo, a settembre 2020 - come comitato E45 Punto 2 - abbiamo inviato una diffida ufficiale all’ente gestore, intimando di non riempire oltre i 90 milioni di metri cubi l’invaso e sempre per questo stiamo implementando una raccolta, ai sensi delle leggi regionali sulla partecipazione, che ha già superato le centinaia di sottoscrizioni, con cui chiediamo approfondite indagini sulla tenuta e la stabilità dell’invaso e sul degrado del terrapieno e sull’attuazione del piano di protezione civile e la sua condivisione con le popolazioni che abitano a valle dell’invaso, oltre che la richiesta di non superare i 90 milioni di metri cubi di riempimento. Questa petizione la consegneremo, oltre che alle Regioni, anche alla Procura della Repubblica di Arezzo. La diga è una risorsa che deve dare innanzitutto vantaggi tangibili a chi sopporta il rischio della sua presenza. Ma anche di fronte a vantaggi indubbi non possiamo anteporre il profitto alla sicurezza”.
Il ribaltone elettorale di quasi tre anni fa a Citerna che cosa sta portando a livello politico-amministrativo?
“Per Citerna, le ultime elezioni sono state una svolta epocale, che era necessaria per ristabilire una corretta democrazia e convivenza civile nella comunità. Il merito del sindaco Enea Paladino, che ha avuto e ha il mio appoggio, è stato questo: chiaramente, entrare all’interno di una macchina istituzionale plagiata per oltre 50 anni non è stato facile e non lo è tuttora; ritengo che l’attuale maggioranza in consiglio meriti altri cinque anni per portare a termine il suo mandato, ma questo saranno i cittadini a deciderlo. I problemi insoluti, per i quali mi ero speso in prima persona, rimangono sul tavolo: l’ecomostro di Pistrino non ha ancora una destinazione chiara al servizio della comunità e la strada provinciale 100, nonostante le promesse di Regione e Provincia, è ancora abbandonata a sé stessa, senza che siano stati fatti gli interventi promessi e richiesti con il deposito delle oltre 3mila firme dopo l’ultima tragedia (luglio 2018) che portò alla morte della povera Eleonora Polenzani di Sansepolcro, raccolte dal comitato “Sp 100 sicura”, del quale sono il portavoce”.
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