La strage di Uvalde in Texas
La diffusione incontrollata delle armi è una realtà ormai evidente
Le lacrime e la disperazione per la morte dei bambini della scuola di Uvalde in Texas non troveranno mai conforto. Nulla potrà distogliere le loro famiglie, i padri, le madri e i fratelli, dal dolore e dalla frizione per una perdita così opprimente ed insensata. Diciannove giovani vite fra gli 8 e i 10 anni spazzate via in un istante dalla furia omicida di un giovane disadattato che ha imbracciato un fucile d'assalto semiautomatico AR-15 e ha seminato il terrore in questa piccola comunità a pochi chilometri dal confine con il Messico. Uvalde, città di circa 16.000 abitanti, per oltre il 75% composta da ispanici. E’ di queste ore la notizia che il marito di Irma, la 46enne maestra della Robb Elementary School anch’essa rimasta uccisa nell’attacco, non ha retto al dolore. Joe Garcia è morto di crepacuore, la 22a vittima di questa ennesima atroce mattanza. I loro quattro figli ora sono orfani e piangono la perdita di entrambi i genitori.
Non sono trascorsi che pochi giorni dal massacro e a Huston, sempre in Texas, sta andando in scena in pompa magna la convention nazionale della potente lobby delle armi, la National Rifle Association che rivendica il diritto per ogni americano di possedere armi. Una coincidenza certamente casuale, ma nessuno ha ritenuto opportuno optare per un rinvio, neppure in segno di vicinanza o rispetto per chi piange i propri bambini che non torneranno più a casa. La NRA si è nel frattempo auto-scagionata da ogni responsabilità denunciando che di tratta di un "atto di un criminale isolato e disturbato".
Ma il problema della diffusione incontrollata delle armi è una realtà ormai evidente in questa America segnata da sparatorie quotidiane. Dallo scorso anno in Texas è in vigore una legge che ha messo fine alla necessità di avere un porto d’armi, consentendo praticamente a chiunque abbia più di 21 anni di avere sempre con sé un’arma. Nel 2016, sempre in Texas, fu approvata una norma, la cosiddetta "open carry" secondo la quale i texani possono portare la pistola nella fondina, in bella vista, ovunque ci si trovi. Il miglior deterrente per i malintenzionati che si incontrano durante il giorno.
Il massacro alla scuola elementare di Uvalde è solo l'ennesima, ulteriore strage in terra americana, perpetuata da folli solitari armati fino ai denti che decidono di sfogare su innocenti tutta la loro frustrazione, rabbia e malvagità. In un paese perennemente belligerante, si stima che i comuni cittadini posseggano circa quattrocento milioni fra pistole, fucili e armi da fuoco di ogni genere. Almeno 20 milioni di fucili d'assalto AR-15 sono sparsi per l’America. L'estrema facilità di possedere un arma da fuoco e le innumerevoli stragi, non sembrano però riuscire a indurre il legislatore ad una maggior regolamentazione. Democratici e repubblicani si accusano a vicenda, ognuno fermo sulle proprie posizioni. L'ultima proposta votata dalla Camera dei rappresentanti non è mai giunta in Senato. L'ex presidente Trump, proprio dal palco della convention di Huston, ha ribadito sicuro che l'esistenza del male nel mondo non è un motivo per disarmare i cittadini rispettosi della legge, ma una ragione in più per armarli. In America le armi si continuano a vendere a ritmi sostenuti. Vi sono i negozi specializzati, le immense fiere dove puoi trovare di tutto e certamente esiste in America un enorme mercato parallelo e clandestino. Il numero di omicidi e il tasso di criminalità in America si mantiene ancora su tassi molto lontani dagli anni bui compresi fra il ’91 e il ’93. I crimini violenti sono dal 2020 in aumento solo nelle grandi metropoli, dopo oltre 20 anni di costante decrescita iniziata nel 1993. Una riduzione di oltre il 50%. Attualmente negli Stati Uniti la popolazione carceraria è schizzata ad oltre due milioni di detenuti. Ma le statistiche non raccontano l'America di Uvalde, delle sparatorie e delle stragi di innocenti, dei proiettili vaganti nei quartieri più poveri delle metropoli. E non raccontano che si può essere crivellati di colpi mentre si è in un’aula di una scuola elementare e si sta ascoltando la lezione della propria maestra.
L’attore Matthew McConaughey, nativo proprio di Uvalde, ha commentato mestamente che “abbiamo tragicamente dimostrato che non siamo responsabili dei diritti che le nostre libertà ci concedono”.
Il massacro alla Robb Elementary School è avvenuto ad opera di un diciottenne con alle spalle una storia difficile. Figlio di una donna persa nella sua tossicodipendenza, affidato a dei nonni che non lo volevano, rifiutato dalla scuola. Una infanzia e una adolescenza difficile. Un ragazzo evidentemente e pericolosamente ammalato. Un bambino abbandonato che ha covato per anni l’odio contro tutto e tutti, l’invidia per i bambini che potevano permettersi di godere l’infanzia che lui non aveva avuto ma a cui è stato permesso, in completa libertà, di entrare in un negozio e di comprarsi due fucili da guerra.
Paolo Tagliaferri
Libero professionista – già dipendente del Centro ricerca e sviluppo della Pirelli Spa con esperienza presso il complesso metallurgico BMZ nella ex Unione Sovietica, da oltre venticinque anni consulente direzionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, normativa ambientale e antincendio. Docente formatore in corsi professionali. Auditor di sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro per l’ente internazionale DNV. Scrittore autodidatta e per diletto.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
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