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Cerbaiolo: luogo dei Cammini di Francesco per un turismo di natura anche spirituale

Il complesso dell’eremo era stato donato al “Serafico” di Assisi

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Sempre più “caldo” il tema dei Cammini di Francesco e soprattutto degli itinerari che il serafico avrebbe percorso nei suoi spostamenti da Assisi a La Verna. Nell’edizione di maggio del nostro periodico, Alessandro Romolini aveva sostenuto come fosse documentato il passaggio per La Casella, Caprese Michelangelo e Montauto, mentre sarebbe ancora tutto da dimostrare quello per l’eremo di Cerbaiolo, nel territorio comunale di Pieve Santo Stefano. Romolini aveva persino invitato a distinguere l’itinerario vero da altri che sarebbero, nel caso, solo cammini turistici a basta, dal momento che i pellegrini transitano per Cerbaiolo. Adesso la replica, o quantomeno la precisazione. È chiaro che dall’altra parte della vallata, cioè da Pieve, non siano d’accordo, perché anche loro hanno le proprie ragioni documentate da far valere. E allora, da quale parte passava San Francesco per andare alla Verna o tornare da essa ad Assisi? È ragionevole pensare che abbia attraversato sia La Casella che Cerbaiolo, anche perché non crediamo che conoscesse un solo passaggio. Peraltro, Cerbaiolo si trova lungo la ideale direttrice che da San Leo, nel Montefeltro, collega con La Verna: un altro particolare che potrebbe rivelarsi indicativo. Siamo andati a Cerbaiolo anche per incontrare di persona padre Claudio Ciccillo, frate camaldolese che dal 2019 è priore dell’eremo di Cerbaiolo e che aggiunge importanti informazioni in proposito.   

 

Per meglio comprendere lo scenario di riferimento, è opportuno rivisitare la storia dell’eremo di Cerbaiolo, esempio più che classico di insediamento religioso in una zona impervia dell’Appennino. Come altitudine, siamo a quasi 800 metri sul livello del mare e nel territorio che appartiene al Comune di Pieve Santo Stefano. Il complesso originario è presente dal 706 dopo Cristo, quando il longobardo Tedaldo – signore di Tiferno (l’odierna Città di Castello), di Suppetie (Pieve Santo Stefano) e della Massa Trabaria – aveva fatto costruire chiesa e monastero per la figlia, che si era convertita al cristianesimo. In un secondo tempo, la struttura era stata donata ai monaci benedettini di San Colombano. Nel XII secolo, poi, i monaci benedettini di Cerbaiolo fondarono i monasteri di San Michele Arcangelo e della Madonna del Presale di Badia Tedalda. Nell’anno 1216, Cerbaiolo venne a sua volta donato a San Francesco e fino al 1783 è stato abitato dai Francescani, assumendo poi la titolazione di Parrocchia di Sant’Antonio; fino al 1520 faceva parte della diocesi di Città di Castello, poi è entrato in quella appena assegnata a Sansepolcro. Il canonico Giovanni Sacchi, nella "Compendiosa Descrizione Istorica della Pieve di Santo Stefano", riporta come il monastero di Cerbaiolo - già abbandonato dai benedettini trasferitisi nel romitorio di Santa Maria in Moscheto - fu offerto nel 1217 dai pievani a San Francesco, reduce dalla sua terza peregrinazione al convento della Verna e ospite nel castello della Pieve di Santo Stefano della famiglia Mercanti. Condotto a Cerbaiolo, Francesco d'Assisi accettò l'offerta e l’eremo si trasformò in dimora dei suoi frati minori. La versione è confermata da Luca Wadding, mentre una seconda tesi – quella dell’altro storico Lorenzo Taglieschi – sposta di quasi cento anni, al 1303, il passaggio ai frati minori francescani da parte dei conti di Montedoglio, poiché per i frati era un luogo a loro caro in quanto vi avevano dimorato i santi Francesco d'Assisi e Antonio da Padova, che proprio a Cerbaiolo terminò la composizione dei “Sermones”, cominciati alla Verna, su commissione di papa Gregorio IX. Ed è anche indicato il luogo nel quale Sant’Antonio si fermava per pregare. Fra gli ospiti illustri dell’eremo, il poeta e scrittore Giosuè Carducci, che cita Cerbaiolo nella sua ode “Agli amici della Valle Tiberina”. Il periodo del secondo conflitto mondiale è stato il più difficile: proprio qui, infatti, sono avvenuti più scontri a fuoco fra partigiani locali e truppe naziste che volevano fare dell’eremo una base di operazioni; è stata allora una eremita della Piccola Compagnia di Santa Elisabetta, suor Chiara Barboni, a restaurarlo per intero e a rimanervi in solitudine – con le sue capre - fino al 2010, anno della sua morte. Ma nel frattempo, dal 1967 l’eremo era stato ceduto dall’ultimo vescovo di Sansepolcro, monsignor Abele Conigli, a un istituto secolare francescano. A suor Chiara è succeduto un asceta che aveva scelto di vivere in meditazione. Dopo la chiusura al pubblico nel 2016, per oggettiva mancanza di una persona che se ne occupasse, nel maggio del 2019 l’eremo di Cerbaiolo ha riacquistato nuova vita, grazie all’arrivo di padre Claudio Ciccillo (religioso cresciuto con monsignor Ersilio Tonini, dal quale è stato ordinato sacerdote), che ha catalizzato le forze di volontariato locale – su tutte, la Pro Loco pievana - e gli amici della Fraternità di San Damiano di Ravenna. È così iniziato uno scrupoloso lavoro di ripulitura che ha permesso di liberare l’eremo da tantissimo materiale oramai inutile e di risistemarlo a dovere. Il complesso di Cerbaiolo si articola attorno a un chiostro seicentesco a grossi pilastri e archi depressi con isolati corpi di fabbrica (chiesa, sacrestia, refettorio, cappella, celle). La chiesa, con portali settecenteschi ed abside poligonale, conserva tre altari rinascimentali in pietra e dal marzo del 2021 vi sono custodite le reliquie dei santi Francesco e Chiara di Assisi e di Antonio da Padova portate da Sua Eccellennza monsignor Paolo De Nicolò, reggente emerito per quasi trent’anni della Prefettura della Casa Pontificia. La "cappella di Sant'Antonio", edificio a torre del 1716, ha il fianco occidentale poggiante sulla nuda roccia. Nella mappa dei Cammini di Francesco, l'eremo di Cerbaiolo si incontra nella seconda tappa in direzione La Verna-Assisi, quella che va da Pieve Santo Stefanoa Sansepolcro e comprende anche una foresteria in grado di accogliere una decina di persone. Molto bello e tipicamente appenninico il panorama che si ammira da Cerbaiolo, il cui verde è interrotto dall’azzurro del lago di Montedoglio; per la posizione in cui si trova, Cerbaiolo somiglia al santuario della Verna in versione ridotta, al punto tale che vi è un detto popolare: “Chi ha visto La Verna e non Cerbaiolo, ha visto la madre e non il figliolo!”.

 

In una intervista, la signora Elda Fontana – proprietaria della biblioteca Pannilunghi-Fontana di Pieve Santo Stefano, nonché profonda conoscitrice della storia dell’Alta Valtiberina – conferma quanto già scritto: nel tornare dal terzo pellegrinaggio alla Verna, gli abitanti del Castello della Pieve avevano donato al fraticello i resti del romitorio di Cerbaiolo, che i benedettini avevano abbandonato da tanti anni. L’anno è il 1216 e Francesco si reca dapprima sul posto per vedere se sia consono ai suoi fini: trovando risposta affermativa, accetta l’offerta. Elda Fontana aggiunge poi: “Sappiamo che già due anni dopo, nel 1218, la famiglia francescana abita a Cerbaiolo, forse utilizzando le grotte naturali lì esistenti e oggi inglobate nelle strutture attuali, mentre nel frattempo veniva ricostruito l’antico convento”. Luca Wadding individua nel 1230 l’anno del soggiorno di Sant’Antonio a Cerbaiolo, ma si parla anche del 1221. La tradizione sembrerebbe confermata dalla presenza dell’Oratorio nel bosco di Cerbaiolo, dedicato a Sant’Antonio, dove la tradizione dice che si sia conservato il letto su nudo sasso del santo. A parere tuttavia del canonico Giovanni Sacchi. Sant’Antonio sarebbe svenuto per il severo stile di vita tenuto durante la permanenza a Cerbaiolo. Tornando a San Francesco, padre Claudio Ciccillo fa notare quanto segue: “L’aspetto benedettino di Cerbaiolo va a combaciare con il 1223; ciò vuol dire che il prossimo anno sarà l’ottavo centenario sia del presepe di Greggio che della regola bollata redatta da San Francesco, nella quale vengono dettati ai frati seguaci sia l’indirizzo spirituale dell’Ordine francescano, sia una serie di norme pratiche destinate ad accompagnare la vita quotidiana. Fonti francescane – sottolinea padre Claudio – danno per certi quattro passaggi di San Francesco a partire dal 1213, quando incontra il conte Orlando Catani che gli dona il monte della Verna. E comunque, il passaggio per Pieve era costante, a seguito dell’amicizia con la famiglia Mercanti; dopo il 1218, Francesco passava a trovare i fratelli nel suo tragitto verso La Verna”. Per poter svolgere la loro missione di predicatori, i frati avevano bisogno di un convento e di una biblioteca; a Cerbaiolo, vi erano intorno ai 1300 testi che ora sono in larga parte conservati nella biblioteca di Pieve (forse qualcuno di essi è finito a Sansepolcro). Nel 1221, Francesco lascia la guida spirituale dell’ordine a Pietro Cattani e rimane come padre spirituale che si reca alla Verna per parlare di nuovo con il Signore e per risentire lì quella voce che aveva udito in precedenza. L’Ordine da lui fondato aveva bisogno di essere riconosciuto e i frati avrebbero dovuto seguire una determinata regola. Sia papa Innocenzo III che papa Onorio III avevano convenuto sui principi di obbedienza, assenza di proprietà e castità, ma non tutti i frati erano d’accordo, specie quelli nuovi. Francesco va in crisi, abbandona la guida dell’Ordine: la sua regola è troppo “severa e inumana”. In questo frangente, esce il vero Francesco, quello che si è sentito dire che la regola è del Signore e che deve essere seguita alla lettera. Chi non vuole farlo può andarsene, perché a Dio si deve dare tutto o niente, ma non le briciole.

Sui Cammini di Francesco interviene l’assessore Luca Gradi, che a Pieve Santo Stefano ha la delega a cultura e promozione del territorio: “Si tratta di un progetto volto a sviluppare il turismo in luoghi autenticamente francescani, come è appunto Cerbaiolo. Un territorio di cultura e di spiritualità, perché solo chi possiede entrambi i desideri può decidere di mettersi in cammino e pretendere di essere accolto in una struttura del genere. Un turismo – se vogliamo – anche alternativo a quello tradizionale, che però va sempre più di moda, perché in molti vanno alla ricerca di un arricchimento spirituale a contatto con la natura Penso quindi che le credenziali storiche vi siano tutte per testimoniare la presenza di San Francesco anche a Cerbaiolo e quindi per legittimare il tragitto Pieve Santo Stefano-Sansepolcro. Il passaggio di San Francesco, a rigor di logica, può essere benissimo coinciso con una tappa a Cerbaiolo, vista anche l’ubicazione geografica”. Vi è un punto interrogativo sul soggiorno o meno di San Francesco a Cerbaiolo, per il quale non vi sono certezze, ma resta pur sempre innegabile il suo passaggio in territorio pievano, come testimoniato dal rapporto con la famiglia Mercanti e dalla scelta di Cerbaiolo quale luogo di insediamento del convento dei frati. San Francesco è pertanto transitato sia per la Casella, sul versante di Caprese Michelangelo, sia per Cerbaiolo, in territorio di Pieve Santo Stefano. Poi, qualche posizione più rigida finisce con lo smentire la tesi contraria, vedi chi insiste sul fatto che nessun documento attesti la permanenza del serafico a Cerbaiolo come chi invita a riflettere su un altro particolare: quando Francesco salutò La Verna per tornare ad Assisi poiché malato, coloro che lo vennero a prendere per quale motivo avrebbero dovuto allungare il tragitto a una persona con problemi di salute, scendendo dalla Verna e risalendo peraltro per l’eremo della Casella, dove Francesco avrebbe detto “Addio monte Alvernia”? La verità è pertanto quella espressa dai tracciati dei Cammini di Francesco, che includono sia la Casella che Cerbaiolo: per chi ama il turismo spirituale va bene l’uno come l’altro posto ed è su questo che le pubbliche amministrazioni e i diretti interessati dovrebbero insistere. Intanto, bisogna lavorare sull’organizzazione: qualcosa è migliorato, ma la “macchina” non è ancora oliata a dovere e il peccato più grosso – proprio alla vigilia dei grandi anniversari francescani e religiosi – sarebbe quello di non veder decollare un progetto a causa di un passaparola negativo. Questo è un rischio che non si può e non si deve correre.

Redazione
© Riproduzione riservata
22/08/2022 08:59:08


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