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Pistrino-Capo Nord-Pistrino: i 20mila chilometri in bicicletta di Giovanni e Francesco

Un viaggio durato oltre 9 mesi, fatto di nuove amicizie e giorni difficili

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Metti la passione per la bicicletta, la giovane età e un pizzico di pura follia unito con lo spirito di avventura: il risultato è stato Pistrino-Capo Nord-Pistrino passando poi per il continente africano, prima del rientro in Altotevere. Un viaggio di quasi 20mila chilometri – il cronometro all’arrivo si è fermato a quota 19.047 quando hanno posato le bici in viale Italia, nella frazione più economica e popolata del Comune di Citerna – e durato oltre 9 mesi, quando il giovane binomio formato da Giovanni Pieracci, 24enne di Lippiano, nel Comune di Monte Santa Maria Tiberina e Francesco Maggiolini, 23enne di Pistrino, ha fatto rientro nella piazza della chiesa del paese, addobbato a festa grazie alla Proloco, all’interno della quale hanno trovato ad attenderli i genitori, gli amici, i rappresentanti dell’amministrazione comunale con in testa il sindaco Enea Paladino e l’intera cittadinanza. Si sono presentati con addosso la maglietta storica della società “Pedale Pistrinese”, seppure rivista in chiave decisamente più moderna, visibilmente emozionati sia per il rientro in paese che per aver concluso questa grandissima impresa. L’obiettivo di queste pagine, però, è di riavvolgere il nastro e di ripercorrere insieme a loro i nove e lunghi mesi in sella alla bici – muscolari e non elettriche come vanno di moda oggi, tengono loro stessi a precisare – pedalata dopo pedalata, con il sole o contro il vento, con la pioggia e pure con qualche fiocco di neve. Giovanni e Francesco hanno sempre trovato la forza di continuare ad andare avanti, nonostante gli ostacoli e la fatica, la stanchezza e qualche crampo ai muscoli. Sono partiti da Pistrino il 4 maggio dello scorso anno e il 15 luglio, dopo 71 giorni e 5817 chilometri, sono arrivati a Capo Nord, piccolo Comune della Norvegia che conta all’attivo circa 3500 anime e che si trova nell’isola di Mageroya; un luogo famoso per essere considerato, oramai da secoli, l’estrema propaggine europea verso il circolo polare artico e diventato, negli anni, un vero e proprio culto vacanziero. L’immancabile foto con le mani al cielo davanti al mappamondo, gustando lo spettacolo unico di questo posto, poi subito la ripartenza in sella alle fedeli compagne di avventura: le biciclette. Scesi dalla Scandinavia, i due pistrinesi hanno attraversato poi l’intera Europa, arrivando anche oltre, fino in Marocco – quindi nel continente africano – nella cittadina di Zagora, per poi risalire verso Tangeri. Da lì sono tornati nella penisola italiana esattamente nelle due isole, Sardegna e poi Sicilia: pedalando ‘in risalita’, sono arrivati di nuovo in Altotevere dopo 290 giorni dalla partenza. L’ultima tappa, dopo la notte trascorsa a Castelluccio di Norcia, è stata un susseguirsi di emozioni, accompagnati negli ultimi chilometri dagli amici di sempre e da alcuni appassionati delle due ruote che indossavano anche loro la maglietta bianco e amaranto del “Pedale Pistrinese”. Un viaggio importante, quello che hanno affrontato, fatto anche di tante amicizie lungo il percorso e di giorni difficili. Seguono ora le settimane del riposo, le settimane in cui sbobinare le oltre cinque ore di riprese video fatte e le migliaia di foto scattate per non perdere neppure uno di quei momenti. Chissà se un giorno questi 20mila chilometri di avventure potranno essere raccolti all’interno di un libro per diffondere ancora di più la cultura della bicicletta? I progetti in cantiere sono tanti, avvincenti e anche entusiasmanti, ma la loro è pur sempre una vita fatta di sfide.

·         Pistrino-Capo Nord-Pistrino: ripensando per un attimo a tutti quei chilometri, qual è la prima cosa che vi torna in mente?

“La spensieratezza di quei giorni, insieme al benessere davanti a certi paesaggi che davvero ti stupiscono. Importante è stato il contatto con la natura, ma anche con popoli completamente diversi e sotto certi aspetti anche più civili del nostro. Tutta la penisola scandinava conta circa 20 milioni di abitanti: hanno un altro stile di vita, un’altra cultura che si focalizza molto sul rispetto della natura e la coesione con la natura stessa. Il nord ci ha dato questo, tanto dal punto di vista della natura e del paesaggio, in particolare la Finlandia; il Marocco, invece, ci ha inevitabilmente colpito dal lato umano delle persone”.

·         Come mai avete scelto proprio questo itinerario?

“Tutto è nato per caso. La nostra idea era quella di affrontare un viaggio in bici che avrebbe dovuto essere tranquillo, anche dal punto di vista burocratico: rimanendo in Europa, quindi, non vi sarebbero stati problemi di frontiere per passare da uno Stato all’altro. Ci sarebbe piaciuto anche intraprendere altri itinerari, come possono essere la Cina o la Mongolia, ma non avevamo esperienza alle spalle. Abbiamo quindi ponderato tutte le scelte e l’idea di Capo Nord ci girava in testa da quando eravamo tornati dall’Abruzzo nell’estate del 2021, dopo qualche giorno in bicicletta. Ma c’è anche un’altra curiosità che vogliamo svelare, poiché di allenamento sulle gambe ne avevamo ben poco. Partiti da Pistrino, un po’ in sordina, la direzione era quella per Firenze, ma arrivati a Pocaia di Monterchi ci siamo resi conto che la bicicletta era troppo pesante e che quindi avremmo dovuto farci un po’ di gamba per affrontare subito gli Appennini. Con la monetina che avevamo in tasca, quindi, abbiamo fatto testa o croce per scegliere se passare per Firenze, oppure percorrere un po’ di pianura, andando in direzione di Cesena; è uscita Cesena, quindi dopo neppure dieci chilometri l’itinerario che avevamo studiato ha subito una prima modifica”.

·         Per voi, in coppia ma anche singolarmente, è il primo viaggio di una certa portata che avete affrontato?

“Di una certa portata sì. Avevamo fatto solamente delle piccole esperienze di qualche giorno in Abruzzo e in Val d’Orcia, anche per vedere come avremmo reagito dal punto di vista sia fisico che mentale. È andato tutto bene e quindi abbiamo deciso di spingerci oltre con un viaggio più complesso, seppure la comunicazione ai genitori che lasciavamo tutto – tra cui il lavoro – per fare un’esperienza in bici non sia stata poi così facile”.

·         Un passo indietro: da dove nasce la passione per la bicicletta e in questo caso anche per l’avventura?

“Se ci ripensiamo, viene quasi da sorridere. Era il periodo del Covid-19 e avevamo costruito una piccola casetta sul lago qui vicino per trascorrere le giornate, fra una chiacchierata e l’altra ed era esattamente il 25 aprile. Francesco – è Giovanni che parla – mi disse: ‘ma se compriamo una bici e giriamo il mondo?’. È stata un po’ una scintilla che ha poi innescato l’esplosivo. La settimana dopo abbiamo preso due vecchie bici che avevamo nel garage e fatto subito 105 chilometri, arrivando fino a Cortona. Una settimana più tardi le abbiamo acquistate: una nuova e l’altra usata, seppure in buone condizioni. È stato un destino strano che - come detto - ci ha portato sia in Abruzzo che in Val d’Orcia e poi in giro per l’Europa: dopo un mese da quest’ultima avventura, sembrava quasi una cosa normale, la distanza e la concezione del tempo si sono allargate; il tempo era quasi inesistente”.

·         Sono stati nove lunghi mesi: quali imprevisti avete trovato lungo il percorso?

“In Norvegia abbiamo rischiato la vita per un incontro ravvicinato, anche troppo, con un bue muschiato. Ci sono state, in Ungheria, le notti con i fulmini e avevamo montato la tenda vicino alla rete elettrica, mentre in Marocco è subentrata la fatica delle strade sterrate. A livello fisico, piccole intossicazioni da cibo che hanno causato sintomi di dissenteria, ma ci sta. Sono stati tanti e questo non lo possiamo assolutamente negare. In un viaggio del genere, devi certamente metterli in conto, ma al tempo stesso andare avanti senza cedere il passo alla preoccupazione. Ci sono stati problemi anche tecnici come forature o guasti più in generale, che hanno interessato la bici; aspetti che fanno un po' parte del gioco, come si dice. Nonostante tutto, però, ne è sempre valsa la pena: questo teniamo a rimarcarlo. A livello di temperature, invece, potrà sembrare strano - detta così - ma quella più bassa che abbiamo trovato non è stata nel nord Europa come uno può pensare, bensì sono stati i meno venti gradi l’ultima notte a Castelluccio di Norcia: vi assicuriamo, però, che è stata una sensazione davvero unica in uno scenario incredibile ed emozionante della nostra verde Umbria. Insomma, siamo passati dai +35 gradi in Finlandia, appunto, fino ai -20 di Castelluccio”.

·         C’è stato un momento nel quale avete pensato di non farcela a portare a termine l’impresa?

“Diciamo che i primi giorni sono stati abbastanza duri, anche perché sinceramente non eravamo molto allenati dal punto di vista fisico. Per il resto, non ci siamo mai scoraggiati. Io - è sempre Giovanni che parla - ho avuto solo un problema fisico in Calabria: una forte dissenteria che mi ha debilitato. Siamo stati fermi quasi una settimana prima di ripartire, ma è stata anche l’occasione per far arrivare nuovo materiale che ci sarebbe poi servito per affrontare il ritorno verso casa, poiché sapevamo che tra l’Abruzzo e l’Umbria qualche fiocco di neve avrebbe potuto esserci. Ponderando e ragionando sempre con la testa, tutto è andato davvero molto bene”.

·         Durante questi giorni avete trovato persone impegnate in imprese analoghe alla vostra?

“Sì e anche tante. In Norvegia è molto facile incontrare gente in bici: ci sono dei collegamenti in traghetto da fiordo a fiordo e ci sono persone, locali ma non solo, che utilizzano questo mezzo per spostarsi. Abbiamo incontrato persone più ‘fredde’, mentre altre erano più socievoli: ci viene sempre in mente il ragazzo di origine cinese che era partito da Parigi; in sella ad una bici decisamente precaria, quando lo abbiamo incontrato stava frenando a uno stop con le scarpe poiché aveva finito i tasselli dei freni. Alla fine siamo stati insieme una settimana: ognuno che abbiamo incontrato in questo lungo viaggio ci ha dato sempre lo stimolo per andare avanti”.

·         Quanti chilometri percorrevate in media ogni giorno?

“Se facciamo una media prettamente matematica, oscilliamo attorno ai 70. Inizialmente, o magari anche nelle zone più pianeggianti, ne percorrevamo anche un centinaio: poi, però, ci sono anche le montagne e le insidie di strade molto sconnesse. Alcuni giorni ci siamo riposati e abbiamo approfondito la visita in alcune città: il totale è stato di 19.047 chilometri”.

·         E la notte?

“La notte porta consiglio! A parte le battute, le abbiamo trascorse per larga parte in tenda. Andavamo in alberghi od ostelli solamente quando decidevamo di sostare qualche giorno nelle città, ma anche nei giorni in cui sono venuti i nostri genitori a trovarci. Diciamo che su 290 giorni che siamo stati in viaggio, una 40ina di notti le abbiamo trascorse in maniera più comoda. Noi avevamo studiato un itinerario di massima, poi ci sono state delle deviazioni per vari motivi, ma trovando i confini aperti è stato tutto più semplice”.

·         In quale maniera avevate allestito la bicicletta per essere funzionale, ma anche leggera e maneggevole al tempo stesso?

“Non è stato facile. A volte si è caricato troppo, come alla partenza, mentre altre male. Ci siamo resi subito conto, arrivati in Finlandia, dell’eccessivo materiale che avevamo al seguito, avendo una cugina (di Francesco) ci siamo fermati qualche giorno e spedito a casa qualcosa: questo è un altro dei vantaggi di viaggiare in Europa. Ma al tempo stesso, dovevamo pensare che stavamo via in un periodo tale da abbracciare per forza tutte e quattro le stagioni: ci siamo riusciti, senza dimenticare che le bici a pieno carico – escluso i viveri – pesavano attorno ai 50 chili”.

·         Dal punto di vista tecnico, la bici ha manifestato delle problematiche?

“Si, seppure le problematiche maggiori le abbia riscontrate Francesco. In Norvegia si è rotto il corpo ruota libera, che di fatto faceva cadere continuamente la catena: per fortuna eravamo in una strada pianeggiante, così Giovanni ha legato la bici con una corda e mi ha trainato, seppure dopo un paio di chilometri abbiamo trovato un signore che ci ha accompagnato con un fuoristrada. Stesso problema anche in Spagna, oltre a numerose saldature al portapacchi”.

·         Avete rispettato quello che era l’itinerario iniziale, oppure per vari motivi ci sono state anche delle modifiche?

“Sì e per esempio il Marocco non era stato previsto. Una linea di massima c’era, seppure avessimo ipotizzato il rientro dalla costa francese. Invece, siamo andati con il traghetto prima in Sardegna, dove abbiamo trascorso anche il Capodanno, poi in Sicilia e siamo risaliti dal sud Italia”.

·         Insomma, i nove mesi erano il tempo che avevate stimato?

“Più o meno sì. Avevamo solamente programmato meno chilometri, intorno ai 15mila. Nel momento in cui ci siamo resi conto che in due mesi eravamo a Capo Nord, abbiamo deciso di allungare un po’ il nostro viaggio ed è stato bellissimo”.

·         Quanto in Europa, rispetto all’Italia, è sviluppata la cultura della bicicletta?

“Molto di più. Il problema dell’Italia, secondo la nostra opinione, è lo scarso utilizzo negli spostamenti quotidiani, mentre è più vista come uno sport. Quindi, anche dal punto di vista della logistica non siamo messi molto bene, a differenza di altri Paesi europei nei quali le piste ciclabili sono ovunque”.

·         Un giorno, magari a breve, pensate che questo viaggio potrà essere raccontato in un libro?

“Chissà, ma ancora abbiamo tante cose da vedere. Importante sarebbe comunque diffondere il bel messaggio anche agli altri per riportare quella normalità che spesso oggi manca. Ci sono ancora tante esperienze da fare e altre persone che hanno ispirato il nostro viaggio come Lorenzo Barone di Terni, che ha visitato in bici tanti Paesi”.

·         Quali altri progetti ci sono nel vostro futuro?

“Per ora, pensiamo di immagazzinare qualche risorsa e di lavorare. Ci sarà sicuramente qualche altro viaggio, ma non sappiamo quando e dove: bello sarebbe uscire dall’Europa, ma siamo al corrente anche di quali possono essere le problematiche correlate”.

 

Redazione
© Riproduzione riservata
27/03/2023 12:21:27


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